Appalti di Galatina a rischio infiltrazioni mafiose

Lo si legge nel rapporto stilato dal procuratore Cataldo Motta sui pericoli nella provincia di Lecce di infiltrazioni della criminalità in appalti e servizi pubblici e di collegamenti tra amministratori pubblici e crimine organizzato

Ancora una volta l’ombra della criminalità organizzata torna ad allungarsi pericolosamente sugli appalti del Salento. E’ lo stesso presidente della Corte d’Appello a porre l’accento sulla minaccia nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Il richiamo del presidente Mario Buffa è al rapporto stilato dal procuratore Cataldo Motta sui pericoli nella provincia di Lecce di infiltrazioni mafiose in appalti e servizi pubblici e di collegamenti tra amministratori pubblici e criminalità organizzata. Proprio come nel caso della Edilcav di Parabita, è stato il capillare servizio di monitoraggio delle aziende, di penetrazione informativa e screening documentale compiuto dai carabinieri del Reparto Operativo di Lecce a portare alla luce due casi sospetti. “Particolarmente rilevanti – scrive Buffa – sono a Galatina i collegamenti con l’amministrazione comunale sia dei fratelli Coluccia sia di Mario Notaro, in virtù dei quali due appalti riguardanti il funzionamento delle mense dei setti plessi scolastici presenti sul territorio sono stati aggiudicati a loro familiari o persone loro vicine”. In particolare, alla ditta “D. & B. di Notaro Maria Rosaria”, sorella di Mario e moglie di Luigi Sparapane, entrambi condannati per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e indagati per usura commessa con metodo mafioso. L’altra azienda finita sotto la lente degli inquirenti è il “Caseificio di Giannotta Rosa Chiara”, moglie di Pietro Longo, vicepresidente della squadra di calcio del Galatina della quale Luciano Coluccia, è socio fondatore e consigliere di amministrazione”. Nelle scorse settimane era stato il colonnello Maurizio Ferla, a rinnovare l’invito “a una maggiore sinergia tra gli enti locali e le forze istituzionali e di polizia per frapporre un serio ostacolo e un serio impedimento alla criminalità organizzata e alle entità imprenditoriali soggette a infiltrazioni mafiose, impedendo il tentativo di impadronirsi con metodi solo apparentemente leciti e illegali del denaro pubblico”. Un monito rivolto soprattutto a quei comuni che non hanno ancora sottoscritto il protocollo antimafia, una sorta di pietra miliare nella gestione e nella trasparenza degli appalti pubblici legati ai comuni. Il protocollo, infatti, ha abbassato a 250mila euro la soglia minima dell’importo di contratti di appalto di opere e lavori pubblici per cui è richiesta la certificazione antimafia. Ogni bando deve essere inoltrato alla prefettura. Alle gare, infine, non possono partecipare due o più aziende collegate fra loro. “Bisogna prestare massima attenzione anche sulle commesse minori – ha commentato il colonnello Maurizio Ferla –, per cui molte volte non è richiesto, o è opzionale, il cosiddetto certificato antimafia. Opere comunque da diverse decine di migliaia di euro, che fanno gola alla criminalità”. Occorrerebbe pertanto, come ha sottolineato anche il prefetto di Lecce, Mario Tafaro, maggiore attenzione delle amministrazioni comunali nell’esercizio di forme di controllo che sono facoltative ma appaiono fondamentali per la cosa pubblica. A stemperare i toni e le polemiche è lo stesso sindaco di Galatina, Giovanni Carlo Coluccia, che ha sottolineato come proprio l’amministrazione da lui rappresentata sia stata una delle prime ad aderire al protocollo antimafia siglato con la Prefettura. Una scelta che solo undici comuni su novantanove hanno portato avanti. Il primo cittadino ha poi sottolineato come la sua amministrazione sia sempre stata all’insegna della trasparenza e di essere tranquillo e di apprezzare l’interessamento della magistratura.

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