Stop assoluto al consumo di alcol in gravidanza

Bisogna attuare campagne di marketing sociale che portino avanti il messaggio che l’astensione totale dal consumo di alcol in gravidanza sia l’unica modalità di prevenzione di effetti negativi sui bambini.

La carenza d’informazione specifica e la pressoché generale assenza di campagne d’informazione sono alla base di una questione sottovalutata da moltissime donne e che oggi Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori nonché fondatore dello “Sportello dei Diritti” porta alla pubblica attenzione affinché gli organi deputati ed in particolare dal Ministero della Salute sino alle Aziende ospedaliere siano sensibilizzate: il fenomeno del consumo di alcol tra le donne in stato di gravidanza. Gli effetti del consumo di alcol in gravidanza sono ormai noti e sono connessi con certezza scientifica a difetti alla nascita e considerati quali la principale causa prevenibile di ritardo mentale del bambino, nonché ritenuti uno dei maggiori problemi di sanità pubblica nella maggior parte dei Paesi del mondo. Le puerpere che bevono alcol aumentano i fattori di rischio di successivi problemi mentali del nascituro, anche a dosi inferiori ad un bicchiere alla settimana. E persino il consumo di 1-2 bicchieri al giorno, è associato a disturbi dell’attenzione e del comportamento nell’infanzia. Alcuni studi hanno dimostrato che l’ingestione di alte dosi ripetitive causino nella misura del 6-10% delle probabilità che il feto sviluppi la sindrome feto-alcolica (difetti di crescita, dismorfismi cranio-facciali specifici, ritardo mentale, problemi comportamentali ed altre anomalie maggiori). Per dosi ripetitive moderate, invece, c’è il rischio di “effetti alcolici”, quali moderata disabilità intellettiva, disturbi della crescita ed anomalie del comportamento, per il binge drinking (saltuario consumo di elevate dosi di alcol con finalità di “sballo” o ubriacatura) il bambino può essere soggetto a moderati deficit intellettivi. La preoccupazione per cui Giovanni D’Agata riporta l’attenzione dei media, nasce dalla lettura di un’interessante e recentissima indagine conoscitiva sviluppata dall’Azienda USSL di Treviso in collaborazione con l’Università di Trieste sul consumo di alcol tra le gestanti e che ha portato a delle conclusioni stupefacenti e che richiederanno una seria riflessione a livello nazionale per poter prendere le relative determinazioni al fine di bloccare un fenomeno che se non appare in crescita, senz‘alcun dubbio non è in diminuzione. In particolare lo studio ha potuto appurare che ben due donne su tre bevono alcolici prima della gravidanza e solo circa la metà di queste smette di consumare alcolici con la gravidanza. Peraltro, dalla statistica emerge che “la sola informazione individuale delle donne non pare essere sufficiente a modificare i consumi d’alcol in gravidanza. Le dinamiche che sottostanno alla mancata diminuzione dei consumi in gravidanza sono presumibilmente complesse, con connotazioni culturali, sociali e psicologiche. Lo studio effettuato conferma che gli interventi di prevenzione basati sulla comunicazione di informazioni non producono cambiamenti significativi, per i quali devono essere impiegati altri strumenti di provata efficacia“. Non resta che avviare nell’immediato, sulla falsariga di quanto ha già fatto l’Azienda USSL di Treviso, campagne di marketing sociale che portino avanti il messaggio che l’astensione totale dal consumo di alcol in gravidanza sia l’unica modalità di prevenzione di effetti negativi sui bambini. Per queste ragioni, rilanciamo sin d’ora su base nazionale l’iniziativa dallo slogan “mamma beve, bimbo beve”. Lecce, 17 gennaio 2011 Giovanni D’AGATA

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