Omicidio Basile. La Cassazione: dubbi sull’attendibilità della testimone

“L’ordinanza impugnata non può che essere anata con rinvio al Tribunale per i minorenni di Lecce perché proceda a nuovo esame verificando e giustificando anzitutto adeguatamente la valutazione di attendibilità e credibilità della testimone minorenne; verificando quindi, se necessario, la completezza degli atti trasmessi dal pubblico ministero”. E’ quanto emerge dalla sentenza della Corte suprema di cassazione che il 13 maggio scorso ha anato, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Francesca Conte, l’ordinanza del 22 dicembre 2009 con cui il Tribunale per i minorenni aveva confermato la custodia cautelare in carcere nei confronti di Vittorio Luigi Colitti, accusato, in concorso con il nonno Vittorio, dell’omicidio di Peppino Basile, il consigliere dell’Italia dei Valori assassinato ad Ugento la notte tra il 14 e il 15 giugno del 2008. Per i giudici della Suprema corte dunque, “il ricorso, nonostante le molte incursioni nel fatto e ridondanza in citazioni e argomentazioni alle volte non pertinenti, appare fondato”, pur considerando che “le denunzie di violazione della legge sostanziale sono del tutto infondate”. Due gli aspetti fondamentali alla base della sentenza dei giudici del “Palazzaccio”: innanzitutto l’attendibilità della piccola testimone oculare dell’omicidio, uno dei punti cardine della tesi accusatoria. La bimba, ascoltata in due diversi incidenti probatori, contradditori fra di loro, aveva dichiarato di aver visto “in tutto tre persone: uno che prendeva le botte, uno che lo teneva fermo e l’altro che gli dava le botte con un coltello”, riconoscendo poi negli aggressori i due Colitti. Una testimonianza che però non convince i giudici della Suprema corte, che ritengono la stessa compromessa da “obiettivi fattori di rischio”. In particolare, si legge nelle motivazioni della sentenza, “il fatto che all’epoca dell’omicidio la testimone aveva appena quattro e mezzo” e che “la deposizione cui si riferiscono i giudici della cautela (Riesame n.d.r.) è stata resa a diciassette mesi dal fatto al pubblico ministero e contraddiceva quella resa ad un’esperta”. Inoltre, “la psicologa che aveva condotto il primo esame infruttuoso aveva rilevato una tendenza della bambina a mentire”. Ultima circostanza “l’irritualità del metodo di conduzione dell’interrogatorio, preceduto da un avviso a non dichiarare il falso quantomeno inopportuno e verbalizzato del tutto in appropriatamente riassumendo soltanto le risposte”. Il secondo aspetto è quelle relativo alle deposizioni di Giovanni Vaccaro, il collaboratore di giustizia che ha fornito con le proprie dichiarazioni una ricostruzione alternativa dell’omicidio di Basile, che sarebbe avvenuto su mandato di un imprenditore leccese e commissionato ad un certo Pio Giorgio Bove, un pregiudicato vicino a Vaccaro che si sarebbe servito di due albanesi per uccidere il consigliere. Appare fondata, secondo i giudici della Cassazione, la tesi della difesa secondo cui tali documenti, da ritenersi atti favorevoli all’imputato, non siano stati trasmessi al Tribunale del riesame, che dovrà ora pronunciarsi nuovamente sulla richiesta di scarcerazione di Vittorio Luigi Colitti. Un nuovo esame che, seppur non vincolato al giudizio della Cassazione, dovrà comunque tenerne conto.

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