All’indomani dell’omicidio, il Tacco esce con uno speciale intitolato “Solo da morire”. Qualche mese dopo il libro “Il Sistema” di cui riportiamo la premessa di Di Pietro
LEGGI ON LINE L’EDIZIONE DEL TACCO D’ITALIA DI LUGLIO 2006 INTITOLATA “SOLO DA MORIRE”.
Peppino Basile era una fonte del Tacco d’Italia. Le sue battaglie erano diventate le inchieste del nostro mensile. A due settimane dall’omicidio, uscimmo con una breve edizione speciale del giornale, spinti dalla forte motivazione ad onorare la memoria di Basile e ridimensionare l’ipotesi investigativa che si era da subito fatta strada, quella di un movente passionale. Pochi mesi dopo uscì il libro di Marilù Mastrogiovanni “Il Sistema”, che raccoglieva proprio le più scottanti e forti inchieste della redazione del Tacco, frutto di un lavoro di circa 5 anni, arricchite con i documenti originali più importanti, a supporto delle inchieste stesse: – l’ecomostro (Orex) nel parco di Ugento; – le concessioni demaniali ai privati; – la “lottizzazione” della pineta comunale; – il depuratore e la condanna del sindaco Ozza; – Il centro di stoccaggio per rifiuti mai utilizzato; – la discarica Burgesi e il traffico illecito di rifiuti. Riportiamo qui la premessa di Antonio Di Pietro, all’epoca leader dell’Italia dei Valori, al libro di Marilù Mastrogiovanni: C’è un delitto, nel profondo sud di questo Paese, che non ha colpevoli. L’assassino circola liberamente, ormai quasi certo dell’impunità, ancor più tranquillo se garantito da complici o mandanti. Poi c’è un piccolo mensile, nel profondo sud di questo Paese, il Tacco d’Italia, che non si rassegna ad archiviare questa storia perché su quel territorio ha speso molte delle sue risorse etiche e professionali, smascherando grandi imbrogli edilizi, silenzi istituzionali, connivenze e indifferenze, che spesso sono peggiori delle prime. Anche in questo caso, il Tacco d’Italia fa il suo mestiere, come lo farebbero grandi testate nazionali per delitti più eclatanti: indaga, intervista, trova carte. E scrive. Del coraggioso lavoro di questa piccola testata non si accorgono i giornali e le tv locali, ma si accorgono l’Unità e Rai Tre che dedica al delitto due puntate, partendo dalle inchieste del mensile. Quella gran mole di documentazione è diventata oggi un libro. Il direttore di quella testata si chiama Maria Luisa Mastrogiovanni, la vittima di quel delitto è Peppino Basile, consigliere comunale dell’Italia dei Valori a Ugento, in provincia di Lecce. Il titolo di questo volume era il carma di Peppino che usava ripetere, pur senza rassegnarsi, “non si vince contro il Sistema”. Nel libro non ho colto solamente tutta l’impotenza e la frustrazione che deve aver vissuto Basile ogniqualvolta andava a sbattere contro il Sistema, ma ho registrato, meglio di quanto non avessi già fatto, la personalità di quest’uomo coraggioso. L’Italia dei Valori e i suoi candidati non si cercano ansiosamente come accade per tutte le altre formazioni politiche, ma s’incontrano in modo quasi naturale, l’uno attratto dall’altro o viceversa, senza finalità recondite. Certo, nella breve vita del mio movimento, abbiamo registrato dolorosi errori di cui portiamo ancora la responsabilità e il rammarico, ma chi si riconosce nei nostri punti fermi è com’era Basile: forte della sua moralità, intransigente della valutazione che la politica e la gestione della cosa pubblica devono essere trattati come un servizio verso la collettività e non come un mezzo per esercitare il proprio potere personale o di gruppo. Peppino era risoluto nello scansare compromessi, esplicito nel denunciare malefatte, instancabile nell’azione di moralizzazione delle Istituzioni. E quando parlava di Sistema intendeva indicare quella zona opaca e vischiosa di cui non viene consentito a nessuno di decriptare segnali, capire messaggi, individuare esattamente responsabilità, dare un nome ai protagonisti, ai comprimari, ai semplici spettatori. Non è solo l’intreccio di interessi inconfessabili, benedetti da tutte le parti politiche, di maggioranza e di opposizione: il Sistema è soprattutto una modalità di essere e di agire, che si manifesta con l’esatto opposto: non essere e non agire. La parola del Sistema è il silenzio, in altrui tempi l’avrei definita “omertà ambientale”. C’è un breve filmato di un comizio di Peppino a Ugento nel quale, con tutta la passione ed il calore di cui un uomo è capace, chiede il voto per cambiare e fa una tragica profezia su se stesso, annunciando che lo avrebbero ucciso. Il libro ripercorre i capitoli di una storia lunga (e forse incompleta) dell’intreccio perverso tra politica e affari di ogni tipo, da quelli legati all’edilizia turistica alle discariche, dai depuratori alle concessioni nella pineta comunale, dai lauti incarichi professionali, ai mille modi di aggirare i bandi pubblici dando affidamenti diretti. Sullo sfondo di questa lunga e appassionante lettura mi piace immaginare una gigantografia in bianco e nero di Peppino Basile, che sorride soddisfatto. Se il Sistema lo ha ucciso, Peppino non è morto invano. Antonio Di Pietro
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