Openpolis: ‘Parlamento immobile, parlamentari con le valigie in mano’

 

Roma. Il rapporto 2013 analizza la legislatura appena conclusa evidenziando il mutare dei rapporti di forza tra Governo e Camere

ROMA – Il dominio dell’attività legislativa del Governo su quella del Parlamento, il sistematico e, nell’ultima fase della legislatura, anche patologico ricorso allo strumento della fiducia, il passaggio continuo di deputati e senatori da un gruppo parlamentare ad un altro. Sono questi gli elementi che, secondo il Rapporto Camere Aperte 2013, redatto dall’associazione Openpolis, hanno maggiormente caratterizzato la legislatura appena giunta al termine. Nel documento si evidenzia la diversità dei rapporti di forza tra Governo e Parlamento rispetto a quanto stabilito dal disegno costituzionale. “L’attività legislativa – si legge nel report – viene esercitata dal Governo in misura maggiore rispetto al Parlamento. Su 387 leggi approvate in tutta la Legislatura, 297 (77%) sono di iniziativa governativa e solo 90 (23%) di iniziativa parlamentare: il rapporto è di 1 a 4”. Viene pertanto confermato il forte ridimensionamento del Parlamento, ridotto “ad un luogo dove gli eletti vanno, quando ci vanno, solo per dire sì e no su provvedimenti di cui pochissimi nelle Commissioni e in Aula conoscono le motivazioni e le conseguenze per i cittadini”. A peggiorare notevolmente la situazione contribuisce il continuo ricorso alla questione di fiducia che, ogniqualvolta viene posta, blocca con effetto immediato qualsiasi forma di confronto e discussione parlamentare sui provvedimenti, dimostrando sempre più come il trasferimento del potere legislativo nelle mani dell’Esecutivo sia ormai consolidato. Col voto di fiducia sono stati approvati tutti i provvedimenti più importanti del governo dei tecnici: la riforma del lavoro, la legge anticorruzione, la legge di stabilità 2013. Su questo punto Openpolis precisa che dello strumento della fiducia “se ne dovrebbe fare un uso eccezionale per i casi di particolare rilevanza e urgenza, perché si esautora il Parlamento proprio nelle sue funzioni essenziali. Invece negli anni l’Esecutivo ne ha fatto un uso sempre più massiccio, riducendola ad una prassi pressoché normale. La tendenza già troppo elevata nella fase del Governo Berlusconi, con 16 leggi su 100 approvate con la fiducia, diventa del tutto patologica durante il Governo Monti con un rapporto di quasi una legge su due per la quale si è fatto ricorso alla fiducia. La gravità della crisi economica e il clima di emergenza aiutano solo in parte a giustificare una dinamica che disarticola nei fatti gli equilibri costituzionali”. Sono dati su cui riflettere, che alimenteranno il dibattito politico, ormai annoso, sulla necessità o meno delle riforme costituzionali, tema più volte rilanciato anche in questa campagna elettorale, con le solite proposte, mai realizzate nelle ultime legislature: il dimezzamento del numero dei parlamentari, l’abolizione del bicameralismo perfetto o di una delle due Camere, la modifica e lo snellimento dei regolamenti parlamentari. “Tuttavia – si evidenzia nel documento – non è da imputarsi ai ‘tecnicismi istituzionali’ (in primis il bicameralismo perfetto) la lentezza con la quale Governo e Parlamento rispondono alle esigenze del paese quanto piuttosto alla mancanza di volontà politica. Perché quando Parlamento e Governo hanno voluto procedere speditamente lo hanno fatto”. All’immobilismo del Parlamento nel suo complesso ha fatto invece da “contraltare” la forte dinamicità dei singoli parlamentari nei cambi di schieramento. In poco meno di cinque anni si sono registrati 267 cambi di casacca e 16 parlamentari hanno addirittura cambiato per ben quattro volte il proprio gruppo di appartenenza. A perdere il maggior numero di deputati e senatori sono stati il Popolo della Libertà (- 97), il Partito Democratico (-27), Italia dei Valori (- 17), Lega (- 5). L’unica forza politica ad aver guadagnato è stata l’Udc (+ 10) mentre il gruppo misto ha addirittura raggiunto la soglia record dei 60 componenti. Proprio su questa prassi, a dir poco vergognosa, sarebbe auspicabile un efficace intervento normativo, cercando – come viene specificato da Openpolis – di “rendere più tracciabili le dinamiche all’interno dei gruppi e maggiormente trasparente la gestione dei finanziamenti pubblici ai Gruppi parlamentari, pari in questa Legislatura a 368 milioni di euro, ai quali si vanno a sommare i 498 milioni dei rimborsi elettorali”. L’analisi di Openpolis, sicuramente non rosea, è un documento che bisogna maneggiare con cura e senza demagogia ma su cui però occorre necessariamente riflettere. Per capire fino a che punto sia veramente l’architettura costituzionale ad impedire il funzionamento del nostro paese o se a monte esista un problema ancora più grande: la cattiva selezione della classe dirigente da parte dei partiti.

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