Legge 40. Concia: ‘Da rivedere in più punti’

 

Roma. Secondo la deputata del Pd, su una materia delicata come lo screening embrionale è necessario un testo ”più civile ed europeo”

ROMA – Alcune settimane fa la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha accolto il ricorso di una coppia romana, Rosetta Costa e Walter Pavan, impossibilitata, secondo quanto stabilito dalla Legge 40 del 2004, ad accedere alla diagnosi pre-impianto dell’embrione. La legge 40 consente, infatti, l’accesso allo screening embrionale solo ed esclusivamente alle coppie sterili o a quelle in cui il partner maschile abbia una malattia sessualmente trasmissibile, come l’Aids o l’Epatite B e C. Dopo aver avuto nel 2006 una bambina con la fibrosi cistica e scoperto, proprio in quell’occasione, di essere portatori sani della malattia, nel 2010 Rosetta è costretta ad abortire, quando l’analisi prenatale del feto avrebbe nuovamente dato esito positivo alla malattia. Mossa dal desiderio di avere un altro figlio, volendo però avere la certezza che sia sano, la coppia ha deciso quindi di rivolgersi alla Corte di Strasburgo per vedersi riconosciuto il diritto di accesso alla diagnosi embrionale, nonostante la propria accertata fertilità. “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare” hanno sentenziato i giudici di Strasburgo, accogliendo il ricorso di Rosetta e Walter. Abbiamo voluto ascoltare su una tematica così importante l’onorevole del Partito Democratico Anna Paola Concia, componente della Commissione Giustizia di Montecitorio, la quale precisa: “Ci sono molti aspetti della legge 40 che vanno rivisti. Il prossimo governo di centrosinistra deve mettere mano alla materia con un nuovo testo più civile ed europeo, che metta al centro la libertà delle donne e la tutela della salute”. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha recentemente accolto il ricorso di una coppia fertile alla quale la legge 40 impedisce di accedere alla diagnosi pre-impianto degli embrioni. Non crede che con questa decisione si sia effettivamente messo fine ad una discriminazione? “E’ evidente che questa è una legge sbagliata, discriminatoria e assolutamente incivile. Non a caso è dovuta intervenire la Corte europea per correggere uno degli aspetti più odiosi di una norma che è stata concepita per punire le donne e le coppie. Ci sono molti aspetti della legge 40 che vanno rivisti. Il prossimo governo di centrosinistra deve mettere mano alla materia con un nuovo testo più civile ed europeo, che metta la centro la libertà delle donne e la tutela della salute”. I giudici della Corte Europea hanno sentenziato che la Legge 40 viola “il diritto al rispetto della vita privata e familiare” e che “il sistema legislativo italiano è incoerente in quanto un’altra legge al suo interno permette di abortire in caso di malattia del feto”. Come commenta questa posizione della Corte in attesa del testo completo della sentenza? “La CEDU ha centrato il punto. Il nostro Paese ha una legge che disciplina l’aborto, che spesso però non viene applicata integralmente. La legge 40 non ha seguito il solco della 194, una legge di responsabilità voluta dalle donne laiche e cattoliche, che l’hanno sostenuta nel referendum. Quando si ingaggia una battaglia ideologica su questioni così delicate si fanno sempre dei pasticci normativi. Stiamo parlando di una materia che tocca la sfera più intima di una coppia, bisognerebbe avere maggior rispetto e cautela. La politica deve regolamentare, non imporre una visione morale o religiosa”. Il Governo ha annunciato ricorso contro questa decisione della Corte Europea. Il Ministro Balduzzi pur riconoscendo la necessità di una approfondita riflessione sul tema ha anche affermato che la stessa deve partire “dal raggiungimento di un necessario equilibrio tra la tutela della soggettività giuridica dell’embrione e quella della salute della madre”. Come vi collocate, rispetto alla posizione del Governo, Lei ed il Partito Democratico, alla luce anche delle molteplici e distanti posizioni che si riscontrano, nel merito, all’interno del suo partito? “Importanti esponenti del mio partito hanno chiesto di rivedere la legge. Eravamo contrari quando fu approvata, lo siamo ancora oggi; a maggior ragione, dopo che la giurisprudenza europea ci dice che avevamo ragione a sollevare le nostre critiche. Non si tratta di armare uno scontro ideologico, semmai si tratta di riportare l’Italia in Europa. Molti di noi sono contrari al ricorso del Governo”. In Italia non vi è alcuna struttura pubblica che assicuri la diagnosi pre-impianto. Una coppia può rivolgersi solo ed esclusivamente ad una struttura privata oppure andare all’estero, con spese, in entrambi i casi, a dir poco esorbitanti. Dove sono le Istituzioni in questo caso? “É dei giorni scorsi la notizia che anche il Tribunale di Cagliari ha accolto un ricorso di una donna sulla diagnosi pre-impianto. É evidente che la legge va cambiata presto per restituire diritti legittimi. Emigrare è già un fatto crudele, doverlo fare per questioni che attengono alla salute è ancora più odioso. La diagnosi pre-impianto è una conquista di civiltà che la scienza offre alle donne per tutelare la loro salute e la salute dell’embrione. Viviamo nell’Unione Europea; che senso ha proibire un trattamento che si può fare liberamente in Spagna? Significa solamente alimentare il divario classista fra i ricchi che si possono permettere di andare all’estero e chi invece non può farlo”. Mi permetta, infine, una domanda a carattere più generale. Da alcuni decenni la politica, in Italia, vede gli scienziati come un disturbo e non come una risorsa dalla quale può nascere e scaturire un importante sviluppo economico e sociale per il paese. Non pensa che questa situazione sia soprattutto da addebitare al fatto che i governi, di qualsiasi colore politico, abbiano prestato il fianco ad alcune frange ideologiche conservatrici nonché alla straordinaria capacità politica della Chiesa di imporre delle legge contrarie a valori universalmente riconosciuti? “Che in Italia ci sia un ingerenza delle gerarchie cattoliche è fuori di dubbio. Che questa ingerenza sia colpa di una politica miope e pavida, é altrettanto chiaro. Il progresso scientifico è la base di qualsiasi sviluppo umano e sociale, frenarlo significa frenare tutta la società. Chi ha paura della scienza, a mio parere, ha una scarsa fiducia negli uomini”.

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