La strada giuridica che porta ai CUAV

di Thomas Pistoia

I C.U.A.V. si propongono di redimere i maschi che hanno compiuto atti di violenza nei confronti delle donne. Molti Centri Antiviolenza ritengono, invece, che siano un ulteriore ostacolo alla risoluzione del problema. Sono diverse le normative europee, italiane e regionali che, a fronte di consistenti finanziamenti, hanno legittimato questi “centri di redenzione”. Elenchiamo quelle che più spesso vengono citate da chi ritiene che siano utili.

– la Risoluzione del Parlamento Europeo del 5 aprile 2011 sulla priorità e definizione di un nuovo quadro in materia di lotta alla violenza alle donne al punto 24: “ribadisce la necessità di lavorare tanto con le vittime quanto con gli aggressori, al fine di responsabilizzare maggiormente questi ultimi ed aiutare a modificare stereotipi e credenze radicate nella società che aiutano a perpetuare le condizioni che generano questo tipo di violenza e l’accettazione della stessa”

– la Convenzione di Instanbul del 2011 che all’art.16 comma 1 recita: “Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica, per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di prevenire nuove violenze e modificare i modelli comportamentali violenti.”

E in Italia:

– la legge n.119 del 15-10-2013 che all’art.5 istituisce un «Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere», il quale persegue diversi obiettivi tra cui quello citato al punto “g”: “promuovere lo sviluppo e l’attivazione, in tutto il territorio nazionale, di azioni, basate su metodologie consolidate e coerenti con linee guida appositamente predisposte, di recupero e di accompagnamento dei soggetti responsabili di atti di violenza nelle relazioni affettive, al fine di favorirne il recupero e di limitare i casi di recidiva”

la legge 69-19 detta anche Codice rosso che all’art.6 recita: “Nei casi di condanna per i delitti di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis nonche’ agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena e’ comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati”

– la “Relazione sui percorsi trattamentali per uomini autori di violenza nelle relazioni affettive e di genere” approvata il 25 maggio 2018 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio osserva che: “Coloro che agiscono violenza contro le donne tendono ad atti aggressivi sempre più gravi e, in assenza di un intervento, recidivano nell’85 percento dei casi; di conseguenza, coloro che riescono a ritrovare autonomamente senza aiuti un equilibrio dopo un primo episodio di violenza sono una minoranza esigua.[…]Per raggiungere l’obiettivo di interrompere i comportamenti violenti, i servizi resi dai Centri per gli uomini autori di violenza devono rappresentare, nel quadro di un sistema di intervento basato su strategie di lavoro di rete, un valore aggiunto a disposizione dell’approccio integrato alla violenza maschile contro donne.”

Il disegno di legge del Senato n.1770 del 26 marzo 2020 recita: “Gli strumenti volti al supporto e alla protezione delle vittime di violenza sono infatti assolutamente necessari, ma non sufficienti. Il terribile fenomeno della violenza contro le donne deve essere analizzato, se si vuole davvero debellare, guardando anche all’altro lato della medaglia, ovvero ai soggetti maltrattanti; l’assunzione di responsabilità della violenza e il riconoscimento del suo disvalore rappresentano il primo passo verso un processo di risocializzazione dell’autore del reato.”

Molti Centri Antiviolenza del 1522, anche cattolici, non sono d’accordo. Qui l’intervista a Maria Luisa Toto, presidente del Centro Antiviolenza Renata Fonte di Lecce.

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