48° Festival della Valle d’Itria. Gli incontri dissonanti del “Giocatore”

di Fernando Greco

Fernando Greco

Come ogni anno, grande è l’attesa per il Festival della Valle d’Itria, fiore all’occhiello dell’estate musicale salentina, ma anche evento di rilevanza internazionale, che il 19 luglio nella consueta cornice del Palazzo Ducale di Martina Franca inaugurerà la sua 48° edizione con l’opera “Le joueur” (Il giocatore) di Sergej Prokof’ev su libretto tratto dall’omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij.
Il ricco cartellone di quest’anno è stato firmato dal nuovo Direttore Artistico Sebastian F. Schwarz in continuità con consolidate linee-guida che da sempre fondano l’identità del Festival e ne garantiscono il successo, come affermato da Franco Punzi, presidente della Fondazione Paolo Grassi, ente produttore dell’iniziativa martinese: “L’avvio della direzione artistica di Sebastian F. Schwarz inaugura una nuova fase storica per il Festival pur mantenendosi nell’alveo dei nostri valori caratterizzanti: titoli rari o sottovalutati, attenzione alla fedeltà testuale tramite l’uso di edizioni critiche e il ricorso a interpreti specializzati”.

LE JOUEUR (19, 24, 30 luglio, 6 agosto).

Inaugurare il Festival con la coppia Prokof’ev – Dostoevskij rappresenta un messaggio di pace e di tolleranza: se l’intento iniziale era quello di celebrare il sommo scrittore russo Fëdor Dostoevskij (1821 – 1881) all’indomani del 200° anniversario della sua nascita, i

recenti fatti di guerra hanno ampliato il senso di questa operazione culturale, che pertanto è divenuta simbolo del valore universale e ineludibile della creatività umana,  intellettuale e artistica, nonchè del rispetto che essa merita a ogni latitudine, al di là di qualsiasi velleità ideologica. Come affermato dal direttore artistico Sebastian F. Schwarz “La cultura russa è pluricentenaria. Il suo lascito è universale, ed è di una importanza tale che prescinde e va al di là di quello che un presidente o un capo di governo può fare in un determinato momento storico”

L’allestimento de “Le joueur” vedrà il ritorno per il terzo anno consecutivo dell’Orchestra del Petruzzelli di Bari, diretta per l’occasione da Jan Latham-Koenig, mentre il Coro del Petruzzelli, diretto da Fabrizio Cassi, farà il suo debutto martinese. La regia sarà affidata a Sir David Pountney, artista di fama internazionale fattosi conoscere in Italia nel 2019 per l’allestimento scaligero della prima stesura dell’opera “Manon Lescaut” di Puccini diretta da Riccardo Chailly. 

L’AGGRESSIVO MODERNISMO

Nel catalogo di Sergej Prokof’ev (1891 – 1953), “Il giocatore” (Op. 24) rappresenta la prima partitura di alto profilo dedicata al teatro musicale, seguita da titoli più celebri come “L’angelo di fuoco” o “Guerra e pace”. Il compositore si accinse alla stesura dell’opera nel 1915 su invito di Albert Coates, direttore del teatro Marinskij di Pietrogrado, ricavandone personalmente il libretto dall’omonimo romanzo dell’amato Dostoevskij. Peraltro, sia lo scrittore sia il musicista conoscevano bene la febbre del gioco d’azzardo: per Dostoevskij la scrittura stessa del romanzo era stata motivata dalla necessità di saldare dei debiti di gioco, mentre Prokof’ev, provetto giocatore di scacchi, più avanti avrebbe anche lui contratto debiti importanti giocando a poker.

Durante la composizione dell’opera, “L’aggressivo modernismo” e “l’irriverente antiromanticismo” dello stile (per dirla con le parole del musicologo Massimo Mila) si fecero notare molto presto, come risulta dalla brillante autobiografia del musicista: “Entrando una volta nella mia stanza mentre stavo lavorando al Giocatore, mia madre esclamò disperata: – Ti rendi conto realmente di quello che stai pestando sul nostro pianoforte? -. Ragion per cui non ci parlammo per due giorni”.

Iniziate le prove in teatro all’inizio del 1917, anche gli orchestrali trovarono da ridire a proposito delle difficoltà dello spartito e così il debutto venne rinviato. La successiva Rivoluzione d’Ottobre preceduta dai moti del febbraio determinò il definitivo insabbiamento dell’opera, destinata a essere osteggiata anche dal nuovo regime sovietico. Ben dodici anni dopo, il 29 aprile 1929 Prokof’ev riuscì a far rappresentare la sua opera al Théàtre de la Monnaie di Bruxelles in traduzione francese, edizione in cui “Le joueur” verrà rappresentato al Festival della Valle d’Itria. Soltanto nel 1963, dieci anni dopo la scomparsa del compositore, “Il giocatore” avrebbe debuttato a Mosca, diretto da Rozdestvenskij, in forma di concerto.

IL SUONO DELLA ROULETTE

Forse, quando Dostoevskij dichiarava: “Le mie opere non sono buone per il teatro musicale. Non andranno mai in scena”,  non immaginava che, cinquant’anni dopo la pubblicazione del suo “Giocatore”, il genio di Prokof’ev avrebbe saputo rendere in musica la stringente efficacia dei suoi dialoghi, creare il suono della pallina che gira inesorabilmente nella roulette decidendo il destino delle persone. E tutto grazie a un sapiente uso della dissonanza che diviene simbolo dell’eccentricità della psiche, delle asimmetrie dell’animo umano perso nel vortice del vizio, nell’abisso della solitudine. Il giudizio di Massimo Mila come sempre è illuminante: “In realtà, anche nel periodo giovanile del più spinto avanguardismo, le innovazioni di Prokof’ev consistevano principalmente nella moltiplicazione degli incontri dissonanti, senza che mai venissero realmente compromesse le basi della tonalità affinchè le accumulate dissonanze potessero essere sentite come sfrontate violazioni di un ordine tradizionale, e non come conseguenze della sostituzione di un nuovo sistema non tonale”. Le dissonanze rappresentano il germe della follia che sovverte l’ordine precostituito, le alterazioni che insidiano la lucidità mentale dell’uomo moderno che si

lascia trasportare dal vizio del gioco d’azzardo nella fallace speranza che un evento occasionale renda attuabili le proprie aspettative di vita. Tutti i personaggi giocano ossessivamente, accumulando debiti su debiti, eppure continuano a sperare in una vincita che possa renderli desiderabili agli occhi della persona amata: Alexej nei confronti di Pauline, Pauline nei confronti del Marchese, il Generale nei confronti di Blanche. Ma la speranza si rivela un’illusione, poichè la vincita non arriva oppure, se arriva, non garantisce la corrispondenza amorosa. E’ il caso del beffardo finale dell’opera, quando Alexej, pur essendo finalmente riuscito a vincere una somma cospicua, viene comunque abbandonato da Pauline e, rimasto da solo con il suo denaro, continua a ripetersi incredulo: “Eppure… Chi poteva immaginarselo… Venti volte di fila è uscito il rosso!”. Tutti gabbati dunque, tutti a eccezione dell’arzilla nonnina che, pur avendo perso il suo denaro, se ne va via senza troppi rimpianti, forse perchè è l’unica che ha giocato per il puro piacere di giocare, per il gusto di sedersi alla roulette almeno una volta nella vita, senza lacune psico-affettive da colmare.

Per ulteriori dettagli si può consultare il sito www.festivaldellavalleditria.it.

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