Roberto Buttazzo, Prima che mi dimentichi. Episodi, incontri e storie nel mio viaggio artistico ( Editrice salentina,2021).Prefazione di Salvatore Luperto, itinerario artistico-bibliografico di Anna Panareo
Artista tra i più rinomati e attivi in Puglia, Roberto Buttazzo, pittore, scultore e disegnatore di grande maestria tecnica e di originale efficacia espressiva, in questo libro racconta, in modo gradevole e accattivante, le molteplici esperienze del suo vissuto, dalle lezioni d’arte presso ” il pittore delle stanze”, il suo primo maestro, alle diverse scelte estetiche che lo hanno accompagnato nel corso della sua cinquantennale attività.
di Antonio Lupo
Ai brevi testi autobiografici, densi di acute riflessioni personali e di varie citazioni, sono abbinati i disegni dei ritratti di chi con lui ha condiviso i momenti più significativi del suo fervido e variegato itinerario artistico e della sua crescita umana. Dall’insieme dei due registri, i testi e le immagini, emerge, in tutta evidenza, non solo la sua ricca personalità d’artista, ma anche la sua verve di narratore, a tratti arguta e ironica.
Vivido risulta il ricordo degli incontri che hanno segnato inconfondibilmente il suo percorso pittorico, il suo legame con l’esperienza del fare arte; una texture messa in risalto dal corredo grafico di volti e profili, sapientemente disegnati con matite, pastelli e acquerelli, da quelli dei suoi familiari a quelli degli amici.
Filo conduttore rimane il suo amore per l’arte, “l’idea fissa” di una continua ricerca che approdi a soluzioni estetiche sempre originali e appaganti, specchio della sua interiorità, in un contesto figurativo dai dettagli, quanto mai realistici, eppure visionari; un excursus già compiutamente delineato e illustrato in occasione della sua recente mostra antologica intitolata appunto Idée fixe (1960-2014, opere scelte allestite presso la Biblioteca Bernardini dal dic.2019 al gen.2020 ). Le testimonianze e le foto di amici, pubblicate a corredo del prestigioso catalogo che ha accompagnato l’esposizione (Ed. salentina, 2019), sembrano tra l’altro anticipare l’idea che prende forma in modo organico e completo in Prima che mi dimentichi.
Di pagina in pagina vengono perciò delineate le diverse stagioni del suo straordinario iter creativo, le sue tendenze stilistiche di matrice classica e moderna allo stesso tempo, arricchitesi nel tempo con impegno rigoroso.
Tra le storie e gli aneddoti ricordati prendono rilievo quelle relative alle sue scelte anticonformiste e anticonvenzionali, alla sua partecipazione alle “azioni-contro”, a sostegno della libertà e dell’autonomia del processo artistico.
Che si tratti della biennale leccese organizzata da Sgarbi (2011), dell’esclusione del dipinto di Ezechiele Leandro all’Estemporanea di Pittura del 1963, o della nota censura da parte della curia locale e dell’amministrazione comunale delle pale d’altare delle Storie di S. Vito, un trittico nel quale i volti dei modelli sono tutti di Lequile, compreso l’assessore comunale del tempo
Una scelta espressiva, considerata fin troppo discutibile, un realismo oggettivo non gradito, tanto che i dipinti sono ancora in attesa di essere collocati sulle pareti del presbiterio della chiesa, per la quale sono state commissionate.
La veridicità dei volti riconoscibili nei dipinti sacri, riporta a Giotto e Caravaggio – dice l’autore – in seguito alla problematica decisione di censura, diventata evento mass- mediale.
Scorrendo nella lettura del suo libro, si scopre che non sono stati questi gli unici casi di scelte fuori dai canoni tradizionali: se il nudo femminile dell’angelo sulle spalle di San Francesco non provocò perplessità nel frate francescano committente, così non fu per la manifestazione di Grenoble: un’operazione artistica da compiersi sulla facciata della chiesa di Saint Louis attraverso diapositive (Facades immaginaires, 1990). Il suo audace dipinto che doveva ispirarsi alle linee perimetrali della facciata della chiesa, fu realizzato con l’intento di creare un legame intenso tra misticismo religioso e fantasia, eros e arte sacra, “un gesto artistico planetario” che però non fu ammesso alla rassegna internazionale.
Tante le interessanti performance di dissenso, e le azioni provocatorie contro le ingiustificate chiusure mentali da parte di moralisti e censori. Tra le iniziative d’arte incompresa, l’autore ricorda anche l’episodio della mostra collettiva in una nota galleria leccese, nella quale i suoi Parti (corpi vaganti nello spazio, involucri di vita) insieme agli Aquiloni in ferro di Damiano Tondo e i Sacchetti di plastica, opera in pietra di un giovane scultore, poiché malvisti e accantonati dalla gallerista, furono smontati e portati via in segno di protesta. Per non dire poi della mostra visibile solo dagli spazi esterni all’esposizione, un contrastato progetto, ideato e realizzato con il suo amico artista Nino Rollo.
Episodi che rivelano i tratti salienti delle sue diverse stagioni, del suo stile iperrealista e visionario, all’insegna della incondizionata libertà che alimenta ogni iniziativa artistica, come in occasione della parete di una cantina dipinta insieme con De Candia.
Ciò che della sua autobiografia prende risalto agli occhi del lettore è l’originalità della sua ricerca nel corso dei cinquant’anni di attività, la sua continua curiosità esplorativa e immaginativa di oggetti e figure, il suo rigore formale e le sue sorprendenti provocazioni, “antidoto alla normalità”, il suo stile iper-realista e metafisico: dai ritratti ai nudi femminili, dalle radiografie riutilizzate come cromografie alle retrotele, dai virtuosistici drappeggi con le loro pieghe inquietanti alle trasparenze di corpi di donna imprigionati dentro fogli di cellophane (Clausure) fino alle simboliche sculture in terracotta policroma.
Scrivendo sul rapporto indissolubile tra vita ed eternità dell’arte, Roberto Buttazzo ci fa capire quanto il processo artistico possa “generare pensieri, ascolto, rivelazioni”, come la creatività che “ascolta e rivela”, non invecchia mai.