Taranto, ex Ilva, Italia condannata da CEDU: non ha protetto la salute dei cittadini

Di Daniela Spera

Sono in tutto 260 i firmatari dei nuovi quattro ricorsi presentati alla Corte Europea dei Diritti Umani che hanno portato a quattro ulteriori condanne per l’Italia, colpevole di non aver protetto la salute dei cittadini, esposti alle emissioni inquinanti dell’Ilva. Tra i ricorrenti, alcuni operai dell’ex Ilva e cittadini residenti tra Taranto e la sua provincia.

La Corte ha riconosciuto la violazione degli articoli 8 (diritto a una vita privata e familiare) e 13 (diritto a un ricorso effettivo) della Convenzione dei Diritti Umani, sulla scia della sentenza ‘apripista’ del 24 gennaio 2019 (Cordella e altri c. Italia), a cui i giudici europei hanno fatto più volte riferimento nei quattro dispositivi.

Ancora una volta, la Corte europea ha ritenuto che le autorità nazionali non abbiano adottato tutte le misure necessarie per garantire l’effettiva tutela del diritto dei ricorrenti al rispetto della loro vita privata e dell’ambiente e ha ribadito che nessuna azione penale, civile o amministrativa può portare a raggiungere l’obiettivo della bonifica delle aree colpite da inquinamento.

La Corte ha, inoltre, stabilito un indennizzo pari a 12.000 euro per danni morali agli eredi (moglie e figlio) di un operaio Ilva, nel frattempo deceduto all’età di 36 anni per un tumore. L’operaio aveva lavorato nel reparto cokerie per ben quindici anni e gli era stata riconosciuta la malattia professionale. Stessa somma spetterà a un altro ricorrente. Sono state, invece, rigettate tutte le richieste di risarcimento per danni morali avanzate dagli altri firmatari.

Le sentenze sono scaturite in seguito ai ricorsi inoltrati tra il 2016 e il 2019 (A.A. e altri c. Italia n.37277/16, Briganti e altri c. Italia n. 48820/19, Ardimento e altri c. Italia n.4642/17, Perelli e altri c. Italia n.45242/17) e confermano la condanna del 24 gennaio 2019 (Cordella e altri c. Italia) per la quale è in corso il controllo sullo stato di esecuzione della sentenza da parte del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che si riunirà, per un nuovo esame del caso, nel mese di giugno. Per questo il Governo italiano ha presentato, lo scorso 5 aprile, nuovi elementi sull’attuazione del piano ambientale. A supporto del proprio operato l’Italia cita anche la recente sentenza del Consiglio di Stato (n.4802 del 23 giugno 2021) che, annullando il giudizio del TAR Lecce, ha riconosciuto l’illegittimità dell’ordinanza di chiusura dell’area a caldo del Sindaco di Taranto, non essendoci, secondo il Consiglio di Stato, un pericolo imminente ‘supplementare’ per la salute.

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