PETRUZZELLI – L’Aida ai tempi di Napoleone.

di Fernando Greco

(Foto di Clarissa Lapolla)

Fernando Greco

Sold-out e pubblico entusiasta per l’ “Aida” di Giuseppe Verdi (1813 – 1901) in scena al Petruzzelli in un nuovo allestimento prodotto dal teatro e finalmente recuperato a due anni dal fatidico lockdown del 2020. Dopo l’applaudita serata inaugurale del 5 marzo, il cast della prima è tornato in palcoscenico il 9 marzo per una pregevole replica.

LA CONTAMINAZIONE STORICA

Il nuovo allestimento dell’ “Aida” realizzato dalla Fondazione Petruzzelli di Bari è stato curato da Mariano Bauduin, già storico collaboratore del famoso regista Roberto De Simone. Partendo dalle origini dell’egittologia, sviluppatasi in Europa lungo tutto l’Ottocento in seguito alle imprese militari di Napoleone Bonaparte (il celebre museo egizio di Torino venne fondato nel 1824), il regista napoletano ha creato un’ambientazione di stampo decisamente imperiale, con tanto di monogramma napoleonico impresso sul sipario, integrandola con elementi dell’antico Egitto secondo il suo concetto di “contaminazione storica” spiegato nelle note di regia: “… Assieme allo scenografo (Pier Paolo Bisleri)e alla costumista (Marianna Carbone), ho pensato di inserire il contesto egizio all’interno di uno stile napoleonico, pur senza prediligere l’uno o l’altro, costituendo così un’ambiguità narrativa in cui non sappiamo se sia l’antico Egitto a vestirsi di “napoleonismo”, o il suo contrario, poiché credo che in teatro il concetto di “tempo” debba oramai sganciarsi da una concezione lineare per ritrovare la sua funzione rituale e ciclicaPer questo motivo abbiamo elaborato uno spazio scenico apparentemente di stile napoleonico, ma con evidenti segni egiziani ricavati dalle campagne francesi d’Egitto, come quella rappresentata nel grande quadro di Louis-Francois Lejeune Battaglia delle Piramidi avvenuta il 21 luglio 1798, portando il “Tempo” dell’Aida all’epoca della sua realizzazione e messa in scenaSullo stesso principio sono stati progettati i costumi, concepiti senza allontanarsi dalla narrazione, mantenendo dunque la connotazione egiziana, seppure influenzata dalle forme neoclassiche.

In palcoscenico, il risultato è monumentale seppur con una pletora di suppellettili spesso ridondante. Il marmo bianco della statua di Paolina Borghese nello stile di Canova fa pendant con l’abbigliamento in stile impero di Amneris, mentre colonne neoclassiche convivono con sarcofagi e pavoni ingabbiati. Un coccodrillo viene imbalsamato in diretta durante il processo a Radamès davanti a suggestivi bassorilievi che decorano le architetture egiziane, mentre l’acqua del Nilo è contenuta in basse vasche trasparenti. Di tanto in tanto, sullo sfondo si proiettano elementi zodiacali e anche una pioggia di rane, ricordo delle bibliche “piaghe d’Egitto”.

Fascinose le danze eseguite dalla compagnia Daniele Cipriani su coreografie di Miki Matsuse van Hoecke, ispirate al mito di Iside e Osiride in cui è possibile evidenziare la prima grande storia d’amore dell’Umanitàsecondo le intenzioni del registae a cui si può affidare quell’importantissimo rapporto con la morte che le religioni antiche hanno sempre esorcizzato con l’idea di Morte come “trapasso”, vita al di là del mondo conosciuto e viaggio verso una Terra ignota ma immaginata. Esattamente ciò che Aida e Radamès esprimono nel loro duetto finale, quel canto di addio che non ha in sé il dramma della fine, ma la gioia di un nuovo inizio insieme, congiunti nell’eternità dell’amore divino, spirituale e non più terreno.

UNA BRILLANTE PERFORMANCE

Il versante musicale ha costituito un autentico punto di forza a partire dalla brillante performance dell’Orchestra del Petruzzelli, diretta da Renato Palumbo con meticolosa attenzione al dettaglio in maniera quasi cameristica nel contesto di una sonorità a tutto tondo che si attagliava in modo esemplare alla “parola scenica” verdiana. Come i “cupi vortici” del Nilo, meravigliosi i crescendo durante il duetto Amonasro-Aida del terzo atto. Spettacolare la scena del “trionfo” con le immancabili trombe situate nei palchi di proscenio e il fondamentale contributo del Coro del Petruzzelli guidato da Fabrizio Cassi: incantevoli le sacerdotesse alla fine del primo atto, capeggiate dal bravo mezzosoprano Nikolina Janevska.

Il formidabile chiaroscuro creato da Verdi tra la grandiosità dell’insieme e il dramma dei singoli protagonisti è stato reso alla perfezione da un cast di fama internazionale. Il soprano Leah Crocetto ha cesellato un’Aida di singolare intensità grazie a una voce rigogliosa e duttile nel trasmettere l’intimo contrasto dei sentimenti: in particolare, alla fine dell’infuocato duetto con Amneris nel secondo atto, ha concluso la scena con un palpitante “Numi pietà” in pianissimo che ha tenuto il pubblico con il fiato sospeso prima dell’applauso liberatorio. Applausi a scena aperta anche per il tenore Roberto Aronica nei panni di un Radamès dalla smagliante forma fisica e vocale: impeccabile lirismo timbrico e notevole phisique du role hanno caratterizzato un’interpretazione giocata su una soggiogante passionalità eroica e amorosa. L’Amneris di Carmen Topciu si è rivelata un’autentica leonessa ferita, grazie al sontuoso timbro mezzosopranile e all’autorevole presenza scenica. Nel ruolo di Amonasro il baritono Vladimir Stoyanov ha offerto una vocalità elegante, rendendo in modo efficace il cupo desiderio di vendetta, il fuoco che arde sotto la cenere: emozionante il suo duetto con Aida nel terzo atto. Convincenti i bassi Abramo Rosalen e Romano Dal Zovo nei rispettivi ruoli di Ramfis e del Faraone, puntuale il tenore Saverio Fiore nei panni del Messaggero.

Ad aprile la stagione lirica del Petruzzelli proseguirà con il “Werther” di Jules Massenet. Ulteriori informazioni sul sito www.fondazionepetruzzelli.it.

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