Torna a scriverci il nonno del “bimbo di cristallo”, che si è ispirato ad una fiaba di Gianni Rodari per raccontare la drammatica situazione che sta vivendo il suo nipotino di otto anni e la sua mamma, sua figlia.
Abbiamo raccontato la sua storia QUI.
Ora un’altra novità: la Corte di Appello di Lecce su richiesta del padre tossicofilo e violento, decreta che il bambino sia seguito dai servizi sociali di Galatina, che seguono anche il padre, in contrasto con la decisione del Tribunale dei minorenni di Lecce, che aveva invece stabilito che il caso del bimbo fosse seguito dai servizi sociali di Nardò, unici territorialmente competenti in quanto mamma e bimbo vivono in quell’area. Un pasticcio giudiziario che sicuramente non mette al centro la volontà del bambino, che non è stato mai sentito dal Tribunale, né dei Minorenni né Ordinario, nonostante la Cassazione civile si sia espressa in senso contrario (sentenza n. 13274/2019), stabilendo che il bimbo venga sempre ascoltato e che si tenga conto della sua volontà.
Paolo (nome di fantasia), non vuole vedere il padre fin dalla più tenera età, fin dal tentativo di sequestro da parte del padre, e l’ha espresso per come poteva: piangendo, gridando e rifiutando il cibo, quando aveva tre anni, chiudendosi in camera, rifiutandosi di andare a scuola per il timore che lui vada a prenderlo, oggi. La mamma, che ho sentito, racconta di quando il padre chiamava i Carabinieri tutti i giorni perché il bimbo si rifiutava di andare con lui. E quando i Carabinieri hanno chiesto a Paolo se volesse andare con il padre, il bambino ha opposto un netto rifiuto.
Ma nella ordinanza della Corte civile di appello di Lecce sono sparse frasi del tipo:
ostilità della (mamma di Paolo, ndr) verso la figura paterna”, “condotta condizionante da parte della madre e del suo nucleo familiare”, ”perseguendo l’obiettivo di impedire al padre di condividere la genitorialità di Paolo, “possiamo dire che il rapporto padre-figlio è stato complessivamente coltivato e positivo nonostante le interferenze più o meno dirette da parte della madre e della famiglia materna”.
Ancora una volta, quindi, la volontà del bambino viene messa da parte: non è il bimbo che non vuole vedere il padre ma è la madre che lo manipola.
Quando il bimbo esplicitamente afferma di non volersi recare dal padre, e lo dice ai Carabinieri, e lo dice più e più volte, e si chiude in camera, e non vuole andare a scuola, si fa tutto ricondurre ad un atteggiamento manipolatorio della madre. Leggiamo: “D’altro canto, le difficoltà registrate da ultimo, con riferimento al rifiuto del minore di incontrare il padre, appaiono la conseguenza di una condotta condizionante da parte della madre e del suo nucleo familiare: nel corso del colloquio che le assistenti sociali dell’Ambito Territoriale Sociale di Galatina hanno avuto con il bambino, questi ha affermato che non intende incontrare il padre adducendo motivazioni inconsistenti, laddove appariva evidente che lo stesso, nell’assumere tale atteggiamento, ricercasse l’approvazione da parte della madre e della nonna materna, presenti al colloquio”.
E così, la Corte d’appello civile di Lecce, dispone, contrariamente a quando deciso dal Tribunale dei minorenni, che il bimbo sia seguito da Galatina, cioè dai servizi sociali che seguono il padre e che hanno avuto un atteggiamento sempre a suo favore, sostenendo al tesi della madre alienante, invece che credere al bimbo.
Ci scrive il nonno:
Nonostante il Tribunale dei Minori di Lecce, a maggio dell’anno scorso, avesse decretato che il caso di mia figlia e mio nipote deve essere seguito dai Servizi Sociali di Nardò, che sono gli unici titolati e competenti territorialmente, la Corte d’Appello di Lecce decreta, su richiesta del padre di mio nipote, che il caso deve ritornare ai servizi di Galatina. Lì dove, per anni, gli operatori sociali e psicologo, hanno favorito, coperto ed incoraggiato il padre, a danno di mio nipote.
Coperto i comportamenti tossicofili, e il tentato suicidio. In pratica una giustizia, in queste situazioni di separazioni ed affidi, ad uso e consumo privato?
Un padre può chiedere di essere seguito in un servizio sociale, non competente territorialmente, e qualcuno esaudisce?
Nonostante sia sotto gli occhi di tutti che questo signore non si è mai presentato presso il servizio sociale di Nardò, sebbene più volte convocato. Ed ha pure dichiarato che lui deve, imperativo categorico, ritornare a Galatina. Ma la domanda che sorge spontanea oggi è questa: che tipo di giustizia è mai questa, che favorisce un genitore, contro i diritti di un bambino?
Inoltre, un bambino che da marzo dell’anno scorso, da quando non frequenta più il padre, è aumentato di peso, si alimenta regolarmente, relaziona con i suoi compagni di scuola, e frequenta le lezioni. Cosa che, invece, prima faceva in modo discontinuo. Quando tornava dai soggiorni presso padre era dimagrito, emaciato, sottopeso. Da quando, nel marzo dell’anno scorso, il bimbo ha espresso la volontà e si è rifiutato di andare dal padre, è aumentato di 9 chili, sta bene ed è un altro bimbo.
Ma questo per alcuni giudici non va bene! Il bimbo deve andare, a tutti i costi, dal padre, malgrado il rifiuto del bambino.
Ma che giustizia è mai questa?
La mia famiglia vuole ritornare a vivere.
Da sette anni, io e la mia famiglia, da quando mia figlia si è separata ed ha preso le distanze dal suo ex compagno, violento e con atteggiamenti tossicofilo, siamo sotto attacco da parte di individui che hanno deciso di renderci la vita difficile.
Ci hanno screditati, incriminati diffondendo di noi un’immagine falsata, che non corrisponde alla realtà.
Stiamo subendo offese, gravi lesioni, sul piano morale e materiale, che fiaccano le nostre esistenze.
Persone che hanno, violentemente, interrotto la nostra routine quotidiana, inferto un danno etico, vitale, irreversibile.
Quello che per una ragazza appariva un atto del tutto doveroso, il separarsi nel momento in cui due individui non vanno d’accordo – poiché il compagno è un violento ed ha atteggiamenti tossicofili – questo si è rivelato un inferno, un’oppressione che perdura nelle nostre vite. Quotidianamente!!
E precisamente, bieche ritorsioni personali, con ingiurie verso le nostre buone abitudini familiari. Attacchi alla nostra vita di relazione e al nostro modo di pensare, democratico ed antifascista.
Di noi si è relazionato, a livello sociale e giudiziale, dipingendoci in modo orribile, con un photoshop, costruito ad arte, deformato della nostra famiglia.
Noi, da sette anni non riusciamo più a pianificare una banale passeggiata, una gita, una cena o un pranzo fuori dalla nostra residenza abituale. Siamo impediti nei nostri movimenti. Inibiti ad esercitare le nostre, più elementari, libertà personali.
In realtà, per la mia famiglia, la pandemia è iniziata molti anni prima.
Sulle nostre teste pende, costante, una spada di Damocle:
può essere un provvedimento di un giudice, un ricorso giudiziale.
Ma, la cosa più sconvolgente, persiste l’incubo che qualcuno possa venire a portarci via nostro nipote.
Difatti, il padre di questo bambino, nonché la sua famiglia, tentano da sette anni, in tutti i modi, di portarcelo via, con le buone o con le cattive.
Così come hanno tentato in passato con l’aiuto, spalleggiati, di alcune assistenti sociali, quando il bimbo aveva poco più di tre anni di età.
In questi ultimi anni ho denunciato, pubblicamente, quanto mi, e ci, sta accadendo. Ho cercato di mettere a nudo le nostre sofferenze, per far comprendere cosa si prova a sopportare indicibili, ed ingiuste, punizioni.
Ma senza risultati.
Ho esposto ad istituzioni ed associazioni, ad es. di come è illogico noi che siamo residenti a Nardò, debbano interessarsi del caso di mia figlia i servizi sociali di Galatina.
Ma in pochi, fino ad oggi, hanno prestato quella doverosa attenzione, che sarebbe stata necessaria.
Chiedevo, quantomeno, di essere ascoltato. Qualcuno che potesse mostrare interesse, che condividesse i nostri tormenti. Ma invano.
Non siamo nell’epoca della solidarietà, ma in quella della malvagità e solitudine!
Non voglio entrare nel merito delle questioni, perché sarebbe lungo e, a dir poco, doloroso.
Con questa lettera intendo solo mettere in evidenza questo:
quando due persone si separano, quando un bimbo esprime il sacrosanto diritto, la volontà, di frequentare o no uno dei due genitori, non è legittimo ed è un’infamia rendere la vita un inferno ad una famiglia.
Oggi noi siamo demoralizzati, stanchi, anche nei confronti delle istituzioni e della giustizia, nel continuare ad affrontare queste, sempre più, difficili situazioni.
Chiediamo solamente,
VOGLIAMO RITORNARE A VIVERE”!!
M. M. sindacalista dissidente
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Tesi della madre alienante. La concezione nazista del tatertyp, per la quale una persona viene sanzionata non per quello che ha fatto ma per quello che è; alienante, un concetto che non si può dimostrare e per questo utilizzato per produrre sentenze ideologiche.