Isolamento

E così ho potuto vivere l’esperienza in prima persona.

Non sono mai stata una donna incline alle preoccupazioni in merito alla salute e sono abbastanza forte fisicamente.

D’altronde non esiste persona capace di intraprendere una carriera nel mondo della danza che non sia dotata di una buona sopportazione al dolore fisico.

Sarebbe impossibile altrimenti. Lo spettacolo deve continuare!

Si va in scena in qualsiasi condizione fisica. E l’ho fatto anch’io tante volte.

Ma stavolta era diverso.

Posso tranquillamente dichiarare di non aver mai avuto un’esperienza simile. Non è tanto per i sintomi più conosciuti (la tosse, il raffreddore, la febbre alta, i mal di testa, la spossatezza…) quanto per l’incredibile capacità di sottrarre tutta la tua energia vitale che il COVID-19 mi ha sconvolto.

Ero KO. Senza alcuna forza. Non riuscivo a fare nulla di nulla.

Ed ero chiusa in casa con due bambine piccole, in tutto e per tutto dipendenti da me.

Nemmeno l’amore di mamma chioccia del Sud era in grado di resuscitarmi.

Un incubo aggravato dalle condizioni in cui ci siamo nostro malgrado ritrovate in isolamento:

appena approdate in un piccolo appartamento, circondate da scatoloni, senza gas e quindi senza acqua calda e senza cucina e con una sola stanza da letto per tutte, che la mia era un deposito merce.

Il tutto durante un’estate con un caldo anomalo, quando anche chi non aveva il Covid riusciva a stento a muoversi e soffriva.

Ecco. E’ iniziata così la nostra avventura. Unica consolazione il fatto di poter condividere questa esperienza al telefono con altri amici che casualmente erano in isolamento anche loro nello stesso periodo…

All’inizio era fisicamente molto pesante, ma io mi sentivo come sempre: forte, positiva e capace di sopravvivere a tutto.

Poi è subentrata anche la malattia delle mie figlie e la preoccupazione per loro e la loro febbre a 40° mi ha distratto da tutto. Per fortuna per loro si è trattato di pochi giorni.

Dopodiché ho iniziato a sentirmi meglio ed ero convinta che avrei potuto tornare presto alla mia vita di sempre.

Ma è stato proprio lì che ad un tratto la situazione ha iniziato a peggiorare. Non avevo più febbre, mal di testa o eccessiva mancanza di energia, ma sentivo di respirare sempre peggio…

la saturazione continuava a diminuire, tanto che ho avuto paura mi ricoverassero.

Non essere in grado di gestire qualcosa non è mai piacevole. Non poter far nulla per guarire è orrendo.

Non dipendeva da me.

Potevo solo riposare il più possibile (figurati!) e continuare a monitorare la situazione.

Per il resto dovevo solo sperare per il meglio.

La vita di un recluso col Covid-19.

Non puoi uscire di casa e non puoi ricevere visite.

I medici delle USCA vengono da te vestiti come per andare sulla luna e così anche l’omino che ritira la spazzatura a domicilio.

Ti chiedono di interrompere la raccolta differenziata e di gettare tutto insieme in un unico sacco nero, come si faceva negli anni ottanta.

Vieni sottoposta a tamponi settimanali e basta un positivo in casa per prolungare l’isolamento di tutti.

Poi ci sono i controlli quotidiani: due volte al giorno la temperatura, tre volte al giorno la saturazione dei polmoni (meglio se almeno una volta sotto sforzo per 5/6 minuti) e poi le immancabili telefonate con il medico di base e la ASL.

Ho scoperto che c’è molta confusione riguardo alla prassi da seguire. Il mio medico di base, per esempio, era convinto fosse giusto somministrarmi fin da subito del cortisone, cosa in realtà pericolosa e sconsigliatissima.

Parenti e amici avevano atteggiamenti diversi e contrastanti: c’era chi era convinto fosse possibile entrare in casa come sempre, addirittura chi chiedeva di farlo di proposito per poter contrarre il virus ed evitare di sottoporsi al vaccino e chi invece, al contrario, ci ha evitato come delle appestate anche dopo la nostra guarigione e in possesso di regolare Green Pass.

Ho scoperto dei medici delle USCA giovani, competenti ed estremamente gentili.

Ho scoperto la mia difficoltà a tollerare chi ha problemi di ipocondria, ma ho imparato a gestirla.

Ho scoperto di avere una sorta di imbarazzo e di pudore nel dichiararmi positiva.

Io sono una persona attiva, relativamente giovane, che si prende cura di sé ed è ritenuta sana. Ma chi mi dice che posso affrontare senza problemi una malattia tendenzialmente pericolosa?

La verità è che non sappiamo mai come stiamo veramente finché non ci ammaliamo.

Per cui non sappiamo come reagirà il nostro organismo al coronavirus finché non lo scopriamo.

Ed è proprio questo il lato spaventoso della faccenda. Non puoi sapere come andrà a finire.

Un giorno ti senti meglio e il giorno dopo la saturazione è scesa di 6 punti e non riesci a salire le scale.

No, non è stato affatto divertente.

Vedevo la cifra sul saturimetro scendere e avevo paura di dover far vivere alle mie figlie il mio ricovero.

E a tutto questo si aggiungeva l’essere private della nostra libertà.

Mentre tutti andavano al mare, noi passavamo le giornate come prigioniere.

Io cercavo di somministrare le poche forze che avevo per assicurarmi di far mangiare le bambine. Punto.

Nient’altro.

La casa in disordine, la testa pesante, la luce troppo forte, le imposte chiuse, la doccia fredda-gelida, l’ora d’aria in terrazzo, i tentativi di giocare con le bambine e i sensi di colpa per le interminabili ore in cui ogni giorno mi arrendevo ai fatti e lasciavo che ognuna di noi si accasciasse davanti a un computer per dimenticarsi il presente e immergersi in una serie tv, un cartone animato, un film, un gioco su roblox…

Le telefonate di chi lo ha già avuto e ti terrorizza, le telefonate di chi vuole sapere tutto, le telefonate di chi si sente laureato in medicina e quelle con chi è nelle tue stesse condizioni, i calcoli per capire quanto tempo dovrai restare ancora in isolamento…

La libertà negata una volta guarite, ma ancora positive.

I lavori, le feste, i tuffi in mare, le gite, la compagnia degli amici, il vento tra i capelli, l’estate, le vacanze, le bambine che giocano felici in spiaggia fino al tramonto, la pelle abbronzata, gli amici che vivono fuori e che vedi solo ad agosto, la campagna, il bar sotto casa, i tramonti, i baci, gli abbracci negati…che pena perdersi tutto questo.

Che pena farlo vivere alle mie piccole.

Continuavo a ripetermi che avrei voluto essere da sola ad affrontare questa sfida.

Avrei voluto risparmiare loro tutte queste privazioni.

Ma la verità è che, come sempre, l’amore aiuta a superare tutto.

La loro presenza mi ha dato forza. Essere tutte e tre insieme ci ha aiutato.

La grande aveva coniato un detto: “bisogna restare ottimiste ma negative”. La più piccola poi, fresca della sua esperienza in ospedale, era la più saggia. Continuava a ripeterci: “almeno siamo insieme! Almeno siamo a casa! Almeno non abbiamo gli aghi e i tubi! Mamma noi abbiamo lamore!

Sì, è vero. Abbiamo lamore.

Quello che ci rende inseparabili e forti.

Quello che ci sorprende sempre.

Quello degli amici che ti lasciano le buste di spesa e sorpresine davanti al portone, che ti passano a salutare per chiacchierare sotto al balcone, che ti portano il cibo cucinato

Ho avuto il covid e non lo auguro a nessuno.

Avrei preferito vaccinarmi.

Ho avuto il covid e sono sopravvissuta.

Ho avuto il covid e non voglio ripetere l’esperienza.

Ho avuto il covid e una volta guarita mi ci sono volute settimane per tornare a sentirmi bene.

Ho avuto il covid e ora la memoria non è più la stessa e mi sento… diversa.

Ho avuto il covid e ho sentito tanto amore nella mia vita: quello delle mie figlie, quello della mia famiglia, quello dei miei amici. Quello appena riscoperto.

E così, quella che agli atti è stata un’estate orrenda, resterà indimenticabile e piena di amore.

Solo che mi ha rallentato un po’. Ecco perché sono mancata.

Ho avuto il covid, ma sono tornata!

One Thought to “Isolamento”

  1. Roberto

    Bentornata!
    La immaginavo presa in tante iniziative e progetti da non avere più tempo per queste pagine e disperavo di trovarla ancora qui.
    Mi spiace molto per la sua estate orrenda ma grazie per il suo racconto: magari farà un po’ riflettere quelli che “è ormai curabile a casa, se sei sano non ti fa nulla”.
    In ogni caso felice di ritrovarla.

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