Cinzia, oltre 50 anni per la bici made in Italy

Il marchio tenuto a battesimo nel 1967 in provincia di Bologna ha venduto oltre 3 milioni di esemplari. La storica fabbrica è stata chiusa a fine dicembre 2020. Per vincere la sfida della mobilità del futuro ora punta al green

Di Stefania De Cristofaro

BOLOGNA – Più di mezzo secolo alle spalle, anni densi di pedalate e sorrisi regalati a chissà quante famiglie italiane, conquistate dalla praticità di “Cinzia”, nome scelto a caso prendendolo in prestito da un bambina e diventato sinonimo di bicicletta. La società della bici pieghevole, nata in provincia di Bologna nel 1967, ha dovuto fare i conti con l’altra faccia della medaglia della globalizzazione, arrivando alla sofferta di decisione di fermare la produzione della due ruote, ma non intende rinunciare al marchio che fa parte della storia del Made in Italy. E adesso guarda al futuro con speranza, puntando al green con la produzione di nuove bici per la città e per il fitness assieme a scooter, entrambi elettrici, e monopattini.

CICLI CINZIA: STORIA DI UN MARCHIO TUTTO ITALIANO

“Cicli Cinzia sta tornando”, dice uno dei titolari del marchio, Maurizio Bombi, 62 anni. Ha raccolto assieme al cugino Sergio Maccaferri il testimone ereditato dal papà Giuseppe e dallo zio Severino: in tandem, fondarono l’azienda a Osteria Grande (Bologna) dopo una precedente esperienza maturata nel settore della verniciatura di ciclomotori e auto nel Bolognese.

“Mio nonno, Primo Bombi, era unico verniciatore della Maserati”, racconta Bombi. “Scelsero il nome Primo perché nacque nel 1901, il primo anno del nuovo secolo. Abbiamo le bici nel dna, sono la nostra vita, quella della nostra famiglia ma, come spesso accade in casi analoghi, non l’ho usata spesso e non l’ho chiesta quando ero ragazzino, neppure negli anni in cui lanciarono la bici pieghevole che tutti volevano e regalavano, ad esempio, in occasione di feste di compleanno, comunioni e cresime”, va avanti. Potrà essere una contraddizione, ma non è un caso isolato se si considerano i pescatori che non mangiano pesci o i pizzaioli che non mangiano pizza.

L’ANNO DI INIZIO: NEL 1937 APRE LA VERNICIATURA E BOLOGNA DIVENTA MOTORVALLEY

Sfruttando la possibilità offerta dai ricordi, occorre fare un passo indietro sino al 1937 nella storia di Cinzia: “E’ quello l’anno in cui la Maserati si trasferisce a Modena e mio nonno e la sua famiglia, moglie e 5 figli, resta a Bologna e decide di aprire una verniciatura che poi si chiamerà Verniciatura emiliana, dove inizierà a lavorare Severino Maccaferri”, prosegue nel racconto.

“La società raggiunge un accordo con Malaguti e Testi per verniciare i telai delle bici e riesce a strappare anche un’intesa con la Dkw, società tedesca tra le più importanti al mondo come produttore di moto. A decorare i serbatoi sono le figlie di mio nonno: Diva e Rossana”. Bologna diventa motorvalley. E’ in questa zona che si concentrano i maggiori produttori di moto: Ducati, Morini, Cimatti, Malaguti, Malanca e Minarelli. Mentre le colline emiliane di arricchiscono di marchi importanti, nello stabilimento di Primo Bombi si conoscono Severino Maccaferri e Diva Bombi: dall’amore, nasce una nuova famiglia e allo stesso tempo quell’unione segna una svolta per la società perché Bombi e Maccaferri diventano soci.

GLI ANNI DEL BOOM ECONOMICO E LA NASCITA DELLA BICI PIEGHEVOLE

Gli anni corrono veloci. L’Italia conosce le sofferenze anche della Seconda Guerra mondiale e vive la rinascita economica che dopo gli effetti immediati negli anni Cinquanta ha l’onda lunga che arriva al decennio successivo: ciclomotori e bici sono e restano i mezzi di locomozione più usati e per questo l’azienda del duo Bombi-Maccaferri ha la possibilità di affermarsi sul mercato delle verniciatura dando ai mezzi colorazioni nuove.

“Dopo i nuovi effetti di colore hanno lanciato la bici pieghevole”, racconta Maurizio Bombi. “In realtà un esempio c’era già e risaliva al 1964: l’aveva realizzato un produttore italiano ispirandosi a quella che usavano i bersaglieri”, prosegue facendo riferimento alla Graziella. “I due soci la comprano, gli piace, intuiscono che ci sono margini di miglioramento e iniziano a lavorare in questa direzione, modificando innanzitutto il raggio delle ruote che passa dai 16 pollici ai 20, poi il manubrio reso più morbido e infine il colore che diventa metallizzato”. Nasce così la diretta concorrente della Graziella sul mercato delle due ruote.

DAL PRIMO NOME ALLA SCELTA DI CINZIA: L’ANEDDOTO E I NUMERI

Il nome? “Il primo nome è Annabella da quello di una rivista della Mondadori, ma ovviamente non poteva essere usato e per questo viene cambiato”, prosegue. Qui la storia si arricchisce di un aneddoto: “I due soci scelgono Cinzia perché era il nome di una bambina, figlia di un custode della fabbrica, che spesso si sentiva mentre erano al lavoro. Il papà la chiamava spesso”. Cinzia viene tenuta a battesimo con il colore blu metallizzato. Cinzia Cicli diventa il nome della nuova società nata per produrre la bicicletta. “In appena tre anni si arriva a realizzare 400 pezzi al giorno”.

Ed è un successo, stando ai numeri che si riferiscono agli esemplari venduti: tre milioni di pezzi. Pedalano famiglie di italiani nel frattempo, nella società avviene il ricambio generazionale fermo restando il made in Italy e vengono offerte al mercato altre bici: quella per i più piccoli che si chiama Juanito dal nome della mascotte dei campionati del mondo di calcio in Messico del 1970,  poi Phantom pensata per i ragazzini e il modello da corsa con cui la società gareggia alle competizioni nazionali e internazionali con una propria squadra.

“Nel 1976 c’è la Sei giorni di Milano e c’è il Giro di Sardegna”, ricorda Bombi sfogliando l’album. “La Ebo Cinzia, nome della squadra, ingaggia il fiammingo Ferdi Van Den Haute, sei volte campione del Belgio su pista e 20 su strada. Corre la Milano-Sanremo con giganti del calibro di Merckx, Basso e Gimondi, e partecipa al Giro delle Fiandre e a quello di Spagna cogliendo diversi successi. Bombi e Maccaferri stringono una forte amicizia con Vittorio Adorni, ciclista campione del mondo nel 1968 e  realizzano una linea di biciclette che porta il suo nome con  vernice fluorescente”.  Per 25 anni la società sponsorizza il ciclismo dilettantistico e per 13 la squadra di calcio Castel San Pietro, portandola in serie C.

L’ACCORDO CON DECHATLON E L’INTESA CON I GIAPPONESI SHIMANO

Ulteriore iniezione alle vendite arriva con l’istituzione delle domeniche ecologiche in bicicletta, poi con l’accordo con Decathlon e l’intesa con i giapponesi Shimano produttori dei cambi, il cui fondatore visita la sede di Cicli Cinzia nel 1992 in occasione di una visita in Italia.

Anche in Puglia Cinzia conquista le famiglie. Due i centri di punta: uno a Bari, CicliCascella e l’altro a Lecce, Centro veicoli 2 ruote Cv2.

Il mondo però inizia a cambiare, si accorciano le distanze, quello che si trova dall’altra parte del mondo diventa raggiungile e anche nella produzione italiana si percepiscono i primi cambiamenti. “Si chiama globalizzazione”, dice Bombi. “Come ogni cosa, ha 2 facce e l’altro lato della medaglia è costituito dal fatto che non rende possibile una produzione made in Italy perché si preferisce la delocalizzazione in altri Paesi nell’ottica di una riduzione dei costi. C’è chi, per esempio, ha scelto la Romania”.

LA CHIUSURA E I NUOVI PROGETTI PER MANTERE IN VITA IL MARCHIO

In un contesto simile Cicli Cinzia ha resistito ma, alla fine, è stata inevitabile, per quanto sofferta, la decisione di chiudere lo stabilimento. “Dopo averci riflettuto, siamo arrivati alla conclusione che non fosse possibile andare avanti e quindi lo stop è arrivato il 31 dicembre 2020”, dice Bombi. Che non si è arreso. Niente affatto. Dopo qualche mese di pit stop è tornato in campo con l’obiettivo di tenere in vita il marchio storico Cinzia. “Da marzo 2021 abbiamo affidato la gestione del marchio a una società di Milano e contiamo di muoversi pedalando lungo strada della mobilità eco-sostenibile, quella green che si unisce al fitness”, anticipa.

Non a caso, sul sito si legge: We are coming bake!. Cinzia sta lavorando su diversi progetti: “Puntiamo sulla produzione di bici per la città e per il fitness, monopattini, scooter elettrici”.Cinzia sta tornando. La storia non è finita. Va avanti.

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