47° Festival della Valle d’Itria. E Luce fu

Fernando Greco

di Fernando Greco

Con lo stesso ottimismo di un anno fa, quando seppe ritrovare il filo di quella bellezza che sembrava persa per sempre sotto i colpi della pandemia, il Festival della Valle d’Itria apre i battenti anche quest’anno, inaugurando la sua 47° edizione nel segno di un’ennesima rinascita. Un ottimismo che deriva dalla costante fedeltà da parte del pubblico di appassionati che nel tempo ne ha decretato il sempre maggiore successo in ambito nazionale e internazionale.

La nuova edizione si svolgerà a Martina Franca dal 17 luglio al 5 agosto e sarà intitolata simbolicamente “Fiat Lux” in riferimento alle luci della ribalta che torneranno a illuminare i luoghi del Festival e anche alla luce che rischiarerà la speranza nel rinnovamento di un mondo troppo a lungo martoriato, come ben sottolineato dall’infaticabile direttore artistico Alberto Triola: “Le opere musicali proposte aprono ad una lettura in cui possono essere trovati agganci e rimandi alla condizione attuale in cui l’uomo e le società si stanno dibattendo, a partire dall’evidenza più lampante: “Fiat lux” è quel nuovo inizio, dato dalla necessità impellente di un’autentica ri-creazione del mondo, che presuppone il fallimento, il naufragio e di conseguenza l’abbandono di quello fino ad oggi conosciuto, che ci si rivela ad un tratto irrimediabilmente e sorprendentemente vecchio o che, dualmente, fa scoprire noi tragicamente inadeguati”.

Non a caso il Festival sarà inaugurato il 17 luglio da “La creazione” di Haydn per continuare con un ricco programma di opere, recital e concerti a cui faranno da scenario come sempre i luoghi più suggestivi di Martina Franca (dal consueto cortile di Palazzo Ducale al Chiostro di San Domenico) nonché le monumentali masserie della zona (per i dettagli www.festivaldellavalleditria.it).

UN MAGISTRALE AFFRESCO SINFONICO – CORALE.

Serata inaugurale, come da tradizione, nell’Atrio del Palazzo Ducale con La Creazione” di Franz Joseph Haydn (1732 – 1809), in replica il 23 e il 31 luglio.

Magistrale affresco sinfonico – corale ispirato alla Genesi biblica e al poema “Paradise lost” di John Milton (1667), l’oratorio “La Creazione” fu composto da Haydn a Vienna tra il 1796 e il 1798, al rientro dal suo secondo soggiorno londinese durante il quale aveva conosciuto e ammirato le opere oratoriali di Handel. Peraltro, titoli come “Il Messia” o “L’ode a Santa Cecilia” erano apprezzati anche dal pubblico viennese grazie al lavoro di re-instrumentazione svolto da Mozart.

La prima assoluta ebbe luogo a Vienna il 30 aprile 1798 in un’atmosfera di vivace entusiasmo: secondo le cronache dell’epoca, la gente si accalcò per strada davanti alle finestre del palazzo del principe Schwarzenberg, dove la partitura veniva eseguita al cospetto del “fiore degli uomini colti e de’ signori, tanto nazionali che forestieri” (secondo il biografo Giuseppe Carpani), pur di non perdersi la nuova fatica del famoso musicista, che per l’occasione dirigeva l’orchestra mentre Antonio Salieri sedeva al clavicembalo. L’ingente successo delle prime esecuzioni in molte città europee, compresa Bologna dove “La Creazione” venne diretta da Gioachino Rossini nel 1808, avrebbe allietato gli ultimi anni di vita del compositore. A tal proposito, così scriveva ad Haydn il musicista Carl Friedrich Zelter nel 1804: “Il Vostro spirito è penetrato nel regno della saggezza divina, siete andato a prendere il fuoco del cielo per riscaldare e illuminare i cuori degli umani e guidarli verso l’infinito. A noi non resta che ringraziare e lodare Dio che Vi ha inviato qui, per farci riconoscere i miracoli che grazie a Voi ha realizzato nell’arte”.

L’ESPLOSIONE DELL’ORCHESTRA.

Nell’alveo del rigore formale che contraddistingue il classicismo viennese del XVIII secolo, la formidabile forza espressiva della partitura haydniana emoziona e stupisce l’ascoltatore fin dall’ouverture dedicata alla “rappresentazione del caos” primordiale che, in perfetta aderenza con la riforma gluckiana, trascolora direttamente nel canto. Tre angeli, Uriel (tenore), Raphael (baritono) e Gabriel (soprano) descrivono le sette giornate in cui Dio ha creato l’universo: per un fervente religioso come Haydn (che soleva terminare i suoi manoscritti con la frase “Laus Deo”) la sconfitta delle tenebre rappresenta la vittoria di Dio, Bene supremo, sugli spiriti infernali, un atto d’amore nei confronti dell’umanità che, nello spartito, viene interpretata dal coro nell’atto di rendere grazie al Creatore cantando i testi dei Salmi biblici. “Fiat Lux!”: e qui l’esplosione dell’orchestra in un accecante Do maggiore ti fa sobbalzare sulla sedia, un’orchestra che sottolinea le palpitazioni della natura in maniera quasi liederistica, dal sorgere del sole all’etereo pallore della luna, dallo scorrere dei ruscelli al tubare delle colombe.

Il racconto si conclude con la comparsa di Adamo (baritono) ed Eva (soprano), che rappresenta il culmine, ma anche il limite della partitura haydniana. L’uomo e la donna cantano la reciproca appartenenza l’uno all’altra, in armonia con tutto il creato, mentre le loro voci si intrecciano e si contrappuntano con il coro in un canto senza chiaroscuri che inneggia a Dio in maniera magniloquente, preannunciando le sonorità del “Fidelio” (1805) di Beethoven, di pochi anni posteriore. Sembra quasi che il compositore, dopo tanta espressività iniziale, si fermi volontariamente su un confine prestabilito, in nome di un’ortodossia che non accoglie istanze erotiche o sensuali, pur presenti nel poema biblico del “Cantico dei cantici”, né tantomeno introduce il concetto del peccato originale, che invece rappresenta il cardine su cui si dipana il poema “Paradise lost” di John Milton. Tutto sommato però, i sette giorni della creazione sono rispettati: peccato che Haydn non ci abbia lasciato un secondo oratorio dedicato integralmente al “Paradiso perduto”.

UN’INTRIGANTE NOVITA’.

Sarà un’intrigante novità per gli spettatori l’esecuzione de “La Creazione” in forma scenica, con la regia di Fabio Ceresa, le scene di Tiziano Santi, i costumi di Gianluca Falaschi e la fondamentale presenza dei danzatori di Fattoria Vittadini. Altra partecipazione importante sarà quella del Coro Ghislieri, al suo debutto a Martina Franca, ensemble in residenza permanente al Centro di Musica Antica della Fondazione Ghislieri di Pavia, considerato oggi una della realtà italiane più originali nel campo della musica storicamente informata, diretto da Giulio Prandi. L’Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari sarà diretta per l’occasione da Fabio Luisi, direttore musicale del Festival, che nel 1988, giovanissimo, diresse la prima esecuzione martinese della partitura haydniana, come ricorda egli stesso: “Il progetto del Festival della Valle d’Itria del 2021 con l’esecuzione, in forma scenica, dell’oratorio La Creazione di Haydn è estremamente interessante, ardito nella volontà di affiancare alla musica una visualizzazione teatrale, ed appartiene al DNA del Festival, che da sempre aggancia il repertorio belcantistico italiano alle esperienze europee che da esso derivano… Inoltre questo progetto, da un punto di vista personale, mi riporta agli anni degli esordi direttoriali, nei quali, proprio a Martina Franca, ebbi il privilegio, sotto la direzione artistica di Rodolfo Celletti, di cimentarmi in questo capolavoro, allora, come oggi, nella traduzione in italiano approntata dal filologo Dario dal Corno, effettuata su nostra richiesta”.

Nel ruolo di Raphael canterà il baritono Alessio Arduini. Nei ruoli di Adamo ed Eva si cimenteranno due giovani artisti dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”: il baritono catalano Jan Antem e il soprano napoletano Sabrina Sanza.

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