Taranto, bimbo “simbolo” morto di tumore a 5 anni: nel suo cervello trovate le polveri dell’Ilva

Polveri, particelle metalliche, residui di combustione e fibre ceramiche riscontrate all’esame al microscopio elettronico a scansione dell’encefalo del piccolo Lorenzo Zaratta: ecco le perizie degli esperti. La procura di Taranto ha chiesto il rinvio a giudizio per nove ex dirigenti Ilva indagati per la morte di Lorenzo Zaratta, il bimbo di 5 anni, colpito da un tumore al cervello. Il 22 luglio è prevista la prima udienza preliminare. Le motivazioni dei pm individuano la causa nei veleni dell’Ilva

Di Daniela Spera

Se la giudice Paola Incalza dovesse accogliere la richiesta dei pubblici ministeri Remo Epifani e Mariano Buccoliero si aprirebbe, per la prima volta, la strada, non priva di ostacoli, verso il riconoscimento di un legame tra un tumore infantile e l’attività siderurgica.

Un risultato importante non solo per la famiglia Zaratta ma per tutta la comunità tarantina.

Sarebbe il tassello mancante per dimostrare il nesso di causalità.

Lorenzo è morto il 30 luglio 2014. Da pochi giorni aveva compiuto 5 anni. Era diventato il simbolo della lotta contro l’inquinamento quando suo padre, Mauro Zaratta, il 17 agosto del 2012, salendo sul palco durante una manifestazione a Taranto, mostrò la foto del figlio intubato.

Era certo che nessuno fosse in grado di dimostrare il nesso di causalità tra il tumore di suo figlio e i fumi dell’Ilva.

Il caso non passò inosservato alla procura di Taranto.

E oggi, forse, Mauro è più vicino alla verità.

Le prove prodotte dai consulenti incaricati dall’avvocato Leonardo La Porta che assiste la famiglia Zaratta, hanno evidenziato la presenza nel cervello di Lorenzo di sostanze riconducibili all’attività siderurgica.

Prove rilevanti per i magistrati, certi dell’esistenza di un legame tra la malattia del bambino e le emissioni dell’Ilva.

I DIRIGENTI EX ILVA COINVOLTI

Sulla base delle prove fornite dai consulenti della famiglia Zaratta e delle conclusioni depositate nel 2018 dal consulente tecnico d’ufficio, il professor Carlo A. Barone, i pubblici ministeri hanno chiesto un processo per nove ex dirigenti Ilva, accusati a vario titolo di omicidio colposo: Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento Ilva fino al 3 luglio 2012 e gli ex responsabili dell’Area Parchi Minerali Giancarlo Quaranta e Marco Andelmi, il responsabile dell’Area Agglomerato Angelo Cavallo, il capo dell’Area Cokerie Ivan Di Maggio, il responsabile dell’Area Altiforni Salvatore De Felice, i capi delle due Acciaierie Salvatore D’Alò e Giovanni Valentino e infine Giuseppe Perrelli, all’epoca dei fatti responsabile dell’area Gestione Rottami Ferrosi. Il 22 luglio prossimo si celebrerà la prima udienza preliminare e l’ultima parola spetterà alla giudice Paola Incalza che dovrà decidere se accogliere o meno la richiesta dei pm.

LE CONCLUSIONI DEL CONSULENTE D’UFFICIO CARLO A. BARONE

Il professor Barone, nella sua consulenza oncologico-medica, risponde al quesito formulato dalla procura di Taranto e cioè ‘se la patologia contratta da Lorenzo Zaratta sia stata causata da esposizione della madre a sostanze inquinanti di origine industriale, specificandone natura, origine ed effetti’. Gli viene anche chiesto di analizzare tutte le prove prodotte dalla famiglia Zaratta.

Il consulente risponde in maniera puntuale. Di seguito elenchiamo i punti più significativi:

  1. Sono state trovate sostanze di origine industriali in eccesso nel quartiere in cui ha vissuto la madre di Lorenzo;
  2. Alcune delle sostanze di origine industriale sono cancerogene e ne consegue che la madre del piccolo Lorenzo è stata esposta a questi cancerogeni durante la gravidanza;
  3. L’intervallo tra esposizione a un cancerogeno e la comparsa di tumore è più breve nel feto e nei neonati, dato che le modificazioni genetiche indotte vanno di pari passo con il rapido sviluppo del feto, con particolare riferimento al sistema nervoso centrale;
  4. La madre di Lorenzo non presenta alcun elemento che possa suggerire una sindrome genetica da predisposizione al cancro;
  5. Numerosi dati scientifici dimostrano il passaggio in placenta di sostanze inquinanti.

E ancora:

Le polveri e le particelle metalliche, i residui di combustione, le fibre ceramiche riscontrate all’esame al microscopio elettronico a scansione dell’encefalo del piccolo Lorenzo sono un indiscutibile dato oggettivo, non sono endogene e non possono essere giunte nei tessuti cerebrali per altra via che non sia quella ematica, trasmesse dal sangue placentare materno. L’età del bambino al momento della diagnosi (3 mesi circa) è una finestra temporale troppo breve per pensare che il tumore cerebrale possa essere insorto a seguito dell’inalazione di sostanze cancerogene nell’aria dopo la nascita, pur considerando che la frequenza respiratoria dei neonati è superiore a quella di un individuo adulto. Anche ammettendo quest’ultima inconsistente ipotesi, rimarrebbe comunque il fatto che l’inquinamento dell’aria è il fattore responsabile del tumore cerebrale’.

E conclude affermando che esiste un nesso di causalità fra l’esposizione materna agli inquinanti di origine industriale e il tumore (astrocitoma) del piccolo Lorenzo.

Ma cosa è stato trovato nel cervello di Lorenzo esaminato post mortem? E perché? Le risposte a questi interrogativi le forniscono gli esperti della famiglia Zaratta.

LE CONCLUSIONI ANDREASSI-GIANICOLO: UN DITO SUL GRILLETTO PREMUTO DAI TOSSICI AMBIENTALI

La documentata predisposizione genetica a sviluppare e/o trasmettere un danno oncologico in seguito a esposizione a tossici ambientali determina la vulnerabilità allo sviluppo di cancro, ma senza il dito sul grilletto premuto dai tossici ambientali quella predisposizione genetica sarebbe rimasta caricata a salve per tutta la vita.’

In conclusione, il convergere dei dati – clinici e di epidemiologia ambientale classica emolecolare, di nanotossicologia e di genetica – rendono estremamente plausibile il rapporto causa- effetto tra l’esposizione ambientale e il tumore al cervello del piccolo Lorenzo.

LE CONCLUSIONI DI ANTONIETTA GATTI: UN CASO EMBLEMATICO

Le analisi sui reperti bioptici prelevati dalla massa tumorale hanno dato risultati sorprendenti. Sono state trovate particelle a base di Ferro, Ferro- Cromo (acciaio), Silicio. E ancora, Zinco, Alluminio, Zirconio, Zolfo-Bario, Titanio.

Specifica Gatti: ‘Il caso in esame risulta emblematico, trattandosi di un bambino la cui patologia tumorale si è resa manifesta nei primi mesi di vita quando le esposizioni ambientali sono molto limitate se non quasi nulle, stante lo stile di vita caratteristico dell’età. Solo in condizioni davvero eccezionali le esposizioni nei bambini risultano particolarmente rilevanti.

Quindi si può molto ragionevolmente ipotizzare un’esposizione prevalente indiretta attraverso la madre esposta durante il periodo di gravidanza ad un inquinamento ambientale che conteneva le polveri di chiara origine esogena. Il passaggio di polveri da madre a feto è stato dimostrato scientificamente, e la loro presenza nel caso di malformazioni fetali e tumori nei bambini.

LE CONCLUSIONI DI MOSCHETTI-RESTA: VELENI PROVENIENTI SENZA DUBBIO DA ILVA

Lorenzo Zaratta, coerentemente con quanto atteso, e quanto peraltro documentato nella popolazione pediatrica tarantina sviluppò un astrocitoma pilomoxoide. La lenta crescita documentata dalle biopsie colloca l’origine del tumore nella vita intrauterina al momento del contatto con gli inquinanti ambientali, provenienti senza ombra di dubbio dall’Ilva, che hanno agito – aggiungono – producendo alterazioni epigenetiche sulle cellule cerebrali’.

Il feto fu esposto ai metalli. Alcuni come il Cromo 6, cancerogeni certi, altri ad azione pro oncogena, come il Ferro. È durante il primo trimestre di vita fetale che il piccolo Lorenzo è venuto in contatto con i tossici dell’Ilva.

GLI STUDI SCIENTIFICI A SUPPORTO (TRATTO DALLA RELAZIONE ANDREASSI-GIANICOLO)

L’ultimo aggiornamento dello studio Sentieri (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio di Inquinamento) conferma una mortalità per la popolazione residente a Taranto che testimonia la presenza di un ambiente di vita insalubre.

In particolare, per quanto riguarda la fascia d’età pediatrica (0-14 anni) si osserva un eccesso di mortalità per tutte le cause, di ospedalizzazione per le malattie respiratorie acute e un eccesso di incidenza per tutti i tumori.

La perizia epidemiologica richiesta dal giudice per le indagini preliminari, la dott.ssa Todisco nell’ambito del processo penale che si è svolto a Taranto (noto come Ambiente Svenduto) ha evidenziato, un incremento significativo di +25% dei ricoveri per tumore maligno nella popolazione tra 0 e 14 anni per incrementi di 10 microgrammi/m3 di particolato atmosferico (PM10) di origine industriale. Gli autori della perizia stimano in 17 casi su 89 il numero di ricovero per tumore nella popolazione pediatrica tarantina attribuibile alle emissioni industriali. I periti hanno inoltre osservato una situazione sanitaria in termini di mortalità e ricoveri ospedalieri non uniforme, con tassi più elevati nei quartieri Paolo VI e Tamburi.

I tumori del sistema nervoso centrale sono i tumori solidi più frequenti in età pediatrica rappresentando circa il 20% di tutte le neoplasie dell’infanzia. L’astrocitoma pilomixoide, diagnosticato in Lorenzo Zaratta a tre mesi dalla nascita, è un tumore del sistema nervoso centrale introdotto nella recente classificazione della World Health Organization come variante dell’astrocitoma pilocitico. Variante molto più aggressiva.

In generale, per svilupparsi il tumore ha bisogno di tempo e la sua comparsa è spesso funzione esponenziale dell’età. Tranne che in alcune rare forme ereditarie, la patogenesi è multifattoriale ovvero al suo sviluppo concorrono diversi fattori, alcuni dei quali non sono modificabili, come l’età e la suscettibilità genetica, mentre su altri si può intervenire per ridurre il rischio di sviluppare la malattia.

L’insorgenza di un cancro in età pediatrica, in particolare quella nel corso del primo anno di età, non è riconducibile ad un accumulo progressivo nel tempo di mutazioni a carico del DNA e/o le trasformazioni epigenetiche (instabilità epi-genomica) legate all’invecchiamento (aging) dei tessuti. Plausibilmente, lo sviluppo della neoplasia è il prodotto di un’esposizione assai precoce del feto per via transplacentare o dei suoi genitori per via di un evento transgenerazionale, consistente nella trasmissione di modifiche genetiche o epigenetiche.

L’associazione tra esposizione dei genitori e insorgenza di tumori infantili è stata oggetto di numerose indagini epidemiologiche, alcune delle quali hanno documentato evidenze consistenti sul ruolo causale dell’esposizione a un agente mutageno-cancerogeno dei genitori e/o in gravidanza. Ad esempio sia l’esposizione materna durante la gravidanza, sia quella paterna prima del concepimento, a una serie di composti chimici sono associate a mutazioni del proto-oncogene ras in bambini che sviluppano una leucemia linfatica acuta.

Al concepimento di Lorenzo, i genitori erano residenti nella città di Taranto e la madre, durante la gravidanza, lavorava nel quartiere Tamburi. Risulta pertanto particolarmente verosimile che il caso di Lorenzo possa inquadrarsi nel contesto dei danni alla salute, prodotti dall’inquinamento ambientale nei quartieri di Taranto (Tamburi, Paolo VI, Borgo) adiacenti all’area industriale e, in particolare per effetto delle sostanze di origine industriale emesse dal complesso ILVA.

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