Bianca Colaianni, 76 anni, di Racale, lo cerca dal 21 giugno 1977: all’epoca aveva 6 anni. Per la donna Mohammed Al Habtoor ha le stesse cicatrici che aveva il bambino: “Una sulla mano destra che si fece con il ferro da stiro e l’altra sul sopracciglio sinistro cadendo dalla bici”. Il fratello Antonio andò a Roma e Dubai per incontrarlo: “Riuscii ad avere il suo numero personale, mi parlò in italiano, ma in entrambi i casi non si presentò”. L’avvocato della famiglia, Antonio La Scala, chiederà all’ambasciata italiana un incontro tra la donna e lo sceicco
Di Stefania De Cristofaro
LECCE – Racale è un comune della provincia di Lecce in cui si conoscono tutti: oggi conta meno di 11mila abitanti, città di nascita di Mauro Romano, il bambino di 6 anni di cui si perdono le tracce il 21 giugno 1977, mentre gioca in un cortile con altri bimbi. Dubai è la città più nota degli Emirati Arabi Uniti, con più di tre milioni di abitanti, meta turistica, dove vive lo sceicco Mohammed Al Habtoor, per un certo periodo di tempo protagonista anche delle pagine di cronaca rosa di alcuni rotocalchi.
LA MAMMA DI MAURO ROMANO CHIEDE L’ESAME DEL DNA E SI RIVOLGE DIRETTAMENTE ALLO SCEICCO
Un filo sottile unisce quel bambino ora diventato uomo con lo sceicco appartenente a una delle famiglie più ricche. Ne è convinta la mamma di Mauro Romano, Bianca Colainanni, 76 anni: “Ha le stesse cicatrici di mio figlio, una sulla mano destra e l’altra sul sopracciglio sinistro, ha lo sguardo identico. L’unica cosa da fare è l’esame del Dna: facciamolo così sapremo la verità una volta per tutte”, dice.
Parla con il cuore. Il cuore di una mamma che da 44 anni non si dà pace. Cerca suo figlio. Lo ha sempre cercato vivo. E dal 2008 lo cerca negli occhi di quell’uomo che vive dall’altra parte del mondo e che lei ha visto solo in una foto pubblicata su una rivista accanto a una delle attrici italiane più note al grande pubblico, Manuela Arcuri.
Nei giorni scorsi mamma Bianca ha lanciato un appello rivolgendosi direttamente allo sceicco arabo, affinché si sottoponga all’esame del Dna. “Se non è lui, se non è Mauro, io e la mia famiglia chiediamo scusa e non disturbiamo più, ma voglio saperlo”.
IL RICORDO DELLA MAMMA DI MAURO E DEL GIORNO DELLA SUA SCOMPARSA
Quel maledetto giorno lo ricorda come se fosse ieri: aveva lasciato Racale per andare al funerale del suocero in provincia di Salerno. Il bambino gioca con altri due amichetti e con il fratello maggiore, Antonio, che poi si allontana in bici. Al ritorno, la notizia: Mauro non si trova, è sparito.
“Io lì per lì dico che sicuramente ha preso sonno da qualche parte e invece no, qualcuno l’ha portato via”, racconta la donna. “Io non voglio figli degli altri, voglio solo sapere se quella persona è mio figlio. Quando ho visto la foto sul giornale, mi hanno colpito gli occhi di quell’uomo e mi è partita una cosa dallo stomaco: ho sentito che era lui, che era mio figlio Mauro”, racconta. “Poi ci sono le cicatrici”, aggiunge. “Lo vedo ancora che prende in mano il ferro da stiro e si brucia la mano destra. Aveva tre anni e noi vivevamo in Svizzera. E mi ricordo anche quando gli cadde in testa la moka con il caffè bollente e lo portammo in ospedale: quando arrivammo, i medici ci dissero che era stato fortunato che qualcuno l’aveva protetto, considerando quello che era successo.
LA RICHIESTA DELL’AVVOCATO LA SCALA ALL’AMBASCIATA ITALIANA
Lunedì prossimo, l’avvocato Antonio La Scala che segue la famiglia di Mauro Romano, chiederà all’ambasciata italiana un incontro tra la mamma di quel bimbo e lo sceicco Mohammed Al Habtoor, in attesa di sapere se è possibile fare l’esame del Dna. “I genitori di Mauro Romano, Bianca e Natale, non si sono mai arresi e hanno chiesto di cercare Mauro da vivo. Occhi negli occhi e l’istinto materno, parlerà da solo”, prosegue il legale che, qualche mese addietro, ha richiesto la prova del Dna, senza ottenere riscontro.
“E’ evidente che la prova regina è quella del codice genetico e l’abbiamo chiesta qualche mese addietro, ma ad oggi non abbiamo ottenuto riscontro. Identica richiesta è stata avanzata dalla difesa dell’unico indagato con l’accusa di sequestro di persona, in relazione alla scomparsa di Mauro Romano”, spiega La Scala. “Non capiamo le ragioni di queste non risposte, ma non possiamo fermarci. Non ora che le indagini che siamo riusciti caparbiamente a portare avanti ci hanno consegnato due elementi importanti che sono appunto le cicatrici”, sostiene il legale.
“Dopo che mamma Bianca vede quella foto sulla rivista, ne abbiamo raccolte altre. Siamo partiti dalle fotografie che lo sceicco ha postato sui suoi canali social, Facebook e Instagram, e abbiamo lavorato con le comparazioni del volto di Mauro e del fratello Antonio sottoposti a invecchiamento, per ottenere un ritratto attuale dal quale poi, attraverso ingrandimenti ci siamo focalizzati sulle cicatrici di cui ha parlato mamma Bianca e siamo riusciti a vedere che effettivamente lo sceicco ne ha due, corrispondenti a quelle di Mauro”, racconta La Scala.
LE LETTERE SCRITTE DALLA MAMMA DI MAURO AL PREFETTO E AL PADRE DELLO SCEICCO
“All’epoca, la mamma di Mauro si rivolge al prefetto Rino Romano, in quel periodo commissario per le persone scomparse per chiedere di mettersi in contatto con il console italiano presso gli Emirati Arabi. E dopo due mesi, in seguito a un sollecito, Monaco fa sapere che il console risponde dicendo di essere riuscito a parlare con il padre dell’uomo ritratto in foto, il quale però sostiene di non sapere nulla della storia di Mauro Romano”, prosegue il legale. La Scala è riuscito a ricostruire tutti i passaggi dopo aver chiesto e ottenuto l’accesso agli atti contenuti nel fascicolo intestato a Mauro Romano, aperto presso il Viminale. L’istanza è del mese di agosto 2020.
La donna, in quel periodo, riesce a scrivere direttamente al padre dello sceicco arabo: “Dalla documentazione, risulta che mamma Bianca viene invitata a Dubai, ma dopo questo contatto, non ci sono più notizie. Questa persona sparisce. Sempre dagli atti, risulta che il console scrive al prefetto Monaco che, per questioni di opportunità, sarebbe il caso che della vicenda se ne occupino le gerarchie superiori, vale a dire i ministeri. Poi più nulla”.
IL FRATELLO DI MAURO RIESCE A TELEFONARE ALLO SCEICCO ARABO
La famiglia di Mauro Romano non si arrende. Insiste il fratello Antonio, anche con l’aiuto di una zia. “Non so neanche io come ho fatto a riuscire a trovare il numero personale dello sceicco, so solo e lo ricordo benissimo, che quando l’ho chiamato gli ho detto che lo cercavo per una cosa importante, senza spiegare il motivo, e lui mi ha accettato e ha risposto parlando in italiano, un italiano un po’ debole, ma era italiano e capiva”, racconta Antonio Romano.
“L’appuntamento era a Roma, vicino a un hotel che ha scelto lui, ma non si è presentato. Dopo ore, a quel numero mi ha risposto una persona che mi ha detto di non tornare più. Io ero in auto, all’altezza di Firenze, per rientrare a Ginevra dove lavoro”.
Il tempo passa. Nel 2012, nuovo tentativo: “L’ho chiamato al telefono e lo sceicco mi ha dato appuntamento a Dubai”, prosegue Antonio Romano. “Ho preso l’aereo e sono andato lì. Anche questa volta mi ha parlato in italiano. Ricordo perfettamente che al telefono mi ha detto ‘ Ti aspetto’. Ma a Dubai non si è fatto trovare. Quando ho richiamato, mentre stavo nella hall dell’hotel, mi ha risposto una persona in francese dicendo che l’incontro non ci sarebbe stato. Il giorno dopo ho ripreso l’aereo, ma prima di partire ho lasciato alla reception una scatola di cioccolatini per lui. Era un presente, un piccolo pensiero. Mauro non l’ho mai dimenticato e lo cerco ancora oggi”.
L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI LECCE DAL 1977 SINO A OGGI
L’inchiesta giudiziaria coordinata dalla procura di Lecce è lunga e complessa: inizia subito dopo la scomparsa e arriva il 23 novembre 2020 quando la pm Stefania Mininni firma l’avviso di conclusione indagine per Vincenzo Romanelli, nato a Brindisi, ma residente a Racale, 80 anni, con l’accusa di “aver sequestrato il piccolo Mauro Romano, all’epoca dei fatti sei anni, privandolo della libertà personale”.
Secondo quanto si legge nel capo d’imputazione, Romanelli sapeva che i genitori del bambini dovevano allontanarsi da Racale perché aveva appreso quella circostanza “trovandosi nell’abitazione della famiglia Romano, quando arriva il telegramma”.
Nella ricostruzione della procura, Romanelli approfitta del “rapporto di speciale confidenza con Mauro” in ragione di una sorta di “fratellanza” perché “la famiglia Romanelli e la famiglia Romano”, all’epoca sono inserite nella “congregazione di Geova”. Il bambino lo chiama “zio” anche perché Romanelli “lo fa divertire facendogli fare i giri sulla sua vespa”.
Quel giorno, si reca lì dove il bambino gioca, “lo fa salire a bordo del suo moto ape e da Racale lo porta a Castelforte (Taviano, ndr), nella sua abitazione estiva. Qui – sostiene la procura – lo fa “giocare con il figlio Sergio che assiste di lì a poco al rapimento di Mauro”. A rapirlo sono “due uomini sconosciuti. Da quel momento di Mauro Romano non si hanno più notizie, come se fosse stato inghiottito nel nulla. Due uomini che ancora oggi sono senza nome.
Le ricerche sono condotte anche con l’ausilio di unità cinofile che annusano la presenza del bambino: viene trovato un batuffolo contenente sostanza narcotizzante. E’ lo stesso luogo indicato da Antonio Scala, per il quale la procura di Lecce procede per violenza sessuale aggravata ai danni di minori di 14 anni. Scala è l’uomo che più volte telefona alla famiglia Romano per chiedere denaro a titolo di riscatto e che ha patteggiato a quattro anni di reclusione per tentata estorsione.
Le indagini accertano tre telefonate con richieste estorsive: la prima volta 30 milioni di vecchie lire, poi 20 e infine 15. Viene arrestato dopo l’ultima chiamata e confessa sostenendo di non aver mai conosciuto Mauro Romano, ma di aver voluto fare soldi.
Con il passare del tempo la famiglia Romano si dissocia dalla comunità dei testimoni di Geova.
LE DICHIARAZIONI DI DUE CONDANNATI PER ASSOCIAZIONE MAFIOSA
Nel 2010, le indagini sembrano avere un’accelerata. “Quell’anno un condannato all’ergastolo per omicidio di stampo mafioso, nelle logiche della Sacra corona unita, Vito Paolo Troise, scrive una lettera alla mamma di Mauro Romano, dal carcere di Opera, Milano, nel quale è ristretto, sostenendo che il giorno in cui il figlio scompare, c’era anche lui a giocare”, racconta l’avvocato Antonio La Scala. “L’ergastolano chiede di parlare con il magistrato della Dda di Lecce Cataldo Motta e la procura delega per l’interrogatorio la polizia penitenziaria: Troise non parla. Parlerà, invece, anni dopo con la pm Stefania Mininni alla quale, nel 2019, chiediamo la riapertura del fascicolo sul caso della scomparsa di Mauro Romano. Troise dice di ricordare che a prendere il bambino è un uomo chiamato ‘lo zio’: si tratta di Vincenzo Romanelli, 80 anni, nei cui confronti i genitori di Mauro sporgono denuncia”.
“Agli atti, ci sono anche le dichiarazioni di un altro detenuto, condannato per omicidio mafioso, Angelo Vacca, il quale è stato ristretto per dieci anni nello stesso carcere di Troise”, prosegue La Scala. “Vacca dice di ricordare che in quel periodo tutto il paese di Racale sosteneva che a prendere Mauro era stato questo ‘zio’”.
Per Romanelli potrebbe esserci la richiesta di un processo per il sequestro del bambino. Ma la prima domanda è: Mauro Romano è vivo? E la seconda è: E’ davvero lo sceicco di Dubai? Serve la prova del Dna per chiudere questa storia lunga 44 anni.
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