Tap, giustizia a due velocità

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

 +++DAL LEGAL TEAM DEL MOVIMENTO NO TAP+++

Comunicato stampa

Venerdì scorso, come è noto, il Tribunale di Lecce ha definito il primo grado di giudizio di tre procedimenti a carico degli attivisti No Tap, pronunciando sentenza nei confronti di quarantasei, venticinque e cinquantacinque persone.

Abbiamo apprezzato, da difensori degli imputati, una amministrazione della giustizia straordinariamente efficiente, in termini di rapidità delle indagini e in termini di celerità dei dibattimenti, con sedici udienze concentrate nell’arco di sette mesi, spesso a distanza di una settimana l’una dall’altra.

Da parte nostra, abbiamo compiuto ogni sforzo possibile per evitare che le esigenze logistiche legate alla limitata disponibilità dell’aula bunker – ripetutamente dichiarate prioritarie – prevalessero sul diritto di difesa. Sostenendo ritmi massacranti e tempi ridottissimi per lo studio dei verbali, per la preparazione dell’udienza, per il confronto tra le dichiarazioni dei testimoni di polizia giudiziaria e l’enorme mole (oltre 150 gigabyte) di materiale videoregistrato. E tentando di persuadere i nostri assistiti, non senza difficoltà, del fatto che procedimenti gestiti con rapidità così perentoria non fossero semplicemente il preludio di giudizi sommari.

Quello che invece non siamo riusciti a giustificare – e che oggi non possiamo fare a meno di segnalare, per il rispetto dovuto alle persone che difendiamo – è il fatto che la stessa rapidità e la stessa efficienza non si siano finora registrate nei procedimenti avviati su loro iniziativa, per vicende verificatesi nello stesso contesto spazio-temporale: il fatto, per esempio, che il procedimento nato dalla denuncia degli attivisti ammanettati nelle campagne il 9 dicembre 2017 sia ancora a carico di ignoti, dopo oltre tre anni, pur essendo noti i nomi dei responsabili dell’operazione di polizia; o il fatto che siano ancora a carico di ignoti, anche in questo caso trascorsi tre anni, i procedimenti scaturiti dalle querele proposte dagli attivisti per i fatti del 13 novembre 2017, del 9 febbraio e del 9 aprile 2018.
Crediamo sia tempo che le autorità giudiziarie competenti avvertano la responsabilità di rispondere – in un modo o nell’altro, purché si risponda – a una domanda di giustizia che non tollera più di essere elusa.
Con richiesta di pubblicazione integrale.

Avv. Francesco Calabro  Avv. Alessandro Calò  Avv. Giuseppe Milli  Avv. Elena Papadia

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