Scu Brindisi, nuovo collaboratore: “Armi dall’Albania su gommoni, sbarchi a Cerano”

ESCLUSIVO/6 Andrea Romano, 35 anni, il 13 gennaio scorso ha svelato alla pm dell’Antimafia di Lecce chi si occupava dei rifornimenti e i luoghi in cui venivano nascoste pistole e Kalashnikov: “Alle riunioni eravamo armati”. Poi il racconto di un episodio quando era ai domiciliari: “Durante i permessi per cure odontoiatriche, andai a prelevare uno nel rione Paradiso e lo minacci di morte per obbligarlo a versare parte dei suoi proventi dello spaccio”

BRINDISI – Al netto degli omissis, sui verbali firmati dal nuovo collaboratore di giustizia di Brindisi, Andrea Romano, 35 anni, è possibile leggere anche i nomi di chi – stando a quanto dichiarato – si occupava del rifornimento delle armi per il clan di stampo mafioso con base nel capoluogo e la provenienza. Pistole soprattutto calibro 7,65 e fucili arrivavano dall’Albania, nascosti su gommoni che sbarcavano la notte nei pressi di  Cerano, località lungo la litoranea a sud della città, nota alle cronache anche nazionali per gli sbarchi di migranti e di grossi quantitativi di droga, oltre che per la più grande e inquinante centrale a carbone d’Europa.

IL VERBALE DEL 13 GENNAIO 2021 DAVANTI ALLA PM DELLA DDA DI LECCE

L’argomento armi è stato affrontato il 13 gennaio scorso, quando Romano ha risposto alle domande della pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Giovanna Cannalire, alla presenza del suo avvocato difensore, Giancarlo Raco del foro di Lecce, nominato il giorno dopo aver comunicato la volontà di intraprendere il percorso delle dichiarazioni, ai fini della collaborazione, per arrivare, infine, al riconoscimento dello status di pentito. Ad oggi le affermazioni di Romano sono oggetto di riscontro.

Quel giorno Romano ha tenuto a sottolineare prima di tutto che il suo gruppo è operativo:

“Il clan Romano-Coffa – si legge – è attualmente attivo, almeno sino all’inizio della mia collaborazione”.

Clan dal doppio nome, perché come dirà subito dopo, accanto a lui c’è il cognato: “Alessandro Coffa, detto ‘nasone’ era il mio braccio destro e si occupava della gestione delle piazze dello spaccio, di armi, estorsioni, usura e spedizioni punitive a Brindisi e provincia, in particolare a San Vito dei Normanni, Carovigno nella frazione di Serranova, dove operano Giuseppe Prete, Cosimo Remitri, Luigi Carparelli, Piero Lo Monaco e altri affiliati di Giuseppe Prete di cui non mi ricorso il nome”.

 

I CONTATTI IN ALBANIA PER IL RIFORNIMENTO DELLE ARMI E IL TRASPORTO SU GOMMONI

Il paragrafo successivo non è leggibile: ci sono gli omissis a nascondere il contenuto delle dichiarazioni. La parte in chiaro, riprende così:

“Alessandro Coffa si occupava anche della gestione delle armi del gruppo e in particolare di rifornire il clan. Ricordo ancora che omissis e Tatani Burin detto Claidi, provvedevano insieme a Maurizio Campicelli, a reperire le armi per il clan recandosi direttamente in Albania”.

Nel Paese delle Aquile, stando a quanto sostiene Andrea Romano c’erano una serie di persone che Tatani Burin conosceva: “Le armi venivano trasportate in Italia a mezzo di gommoni, con sbarchi nella zona di Cerano ed erano sempre i predetti che provvedevano al ritiro”.

 

I NASCONDIGLI DELLE ARMI RICAVATI NELLE PALAZZINE POPOLARI

“Alessandro Coffa – si legge ancora – deteneva le armi in luoghi comuni dello stabile in piazza Raffaello”. In alcune palazzine del quartiere Sant’Elia, nel corso di perquisizioni, gli uomini delle forze dell’ordine di Brindisi, hanno trovato armi e proiettili, spesso nascosti nei quadri della corrente elettrica. “Ricordo che prima della mia latitanza, Luca Ciampi e Davide Di Lena, detto Zazzalla, mi portarono una pistola calibro 7,65 che poi è rimasta in Calabria”. L’arma sarebbe rimasta da parenti di Tatani Burin, stando a quanto è riportato nel verbale.

C’era anche chi si occupava di rifornire mitragliatori. “Anche Angelo Sinisi era appartenente al nostro gruppo, provvedendo in particolare alla ricettazione dell’oro sottratto durante le rapine fatte nel nord Italia”, ha detto Romano alla pm della Dda salentina. “Dipendeva direttamente da me e quando mi servivano armi, lui mi riforniva di Kalashnikov, pistole 3,57 e 9×21”. E ancora: “Le armi mi venivano consegnate allorquando, nel 2014 era necessario riunirsi con altri gruppi criminali, ovvero per eseguire spedizioni punitive o atti intimidatori. Le armi mi venivano portate, oltre che da Sinisi, da persone a lui vicine”. Cosa abbia detto subito dopo è stato secretato: ci sono omissis anche per nascondere questo paragrafo”.

 

LE RIUNIONI E LA MINACCIA DI MORTE A UN BRINDISINO CHE TRAFFICAVA DRIGA CON ALBANIA

Quando ai luoghi in cui avvenivano le riunioni, Romano ha consegnato alcune coordinate geografiche: “Si svolgevano a volte presso la mia abitazione sita in piazza Raffaello”. E’ l’appartamento in cui è avvenuto l’omicidio di Cosimo Tedesco il primo novembre 2014. Fatto di sangue per il quale il brindisino è stato condannato in via definiva all’ergastolo. “Altre volte avveniva in una casa nella disponibilità di Alessandro Polito”. Anche Alessandro Polito, al pari di Francesco Coffa, sta scontando la condanna definitiva al carcere a vita per l’omicidio  Tedesco.

Le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia proseguono: “Anche Alessandro Polito aveva la disponibilità di armi e così pure Francesco Soliberto, detto Checco Sol che aveva la disponibilità per la sua piazza di spaccio nel rione Sant’Elia di Brindisi”. Soliberto “era affiliato con il grado di quartino, corrispondente al vecchio grado di medaglione”.

Nel periodo in cui era agli arresti domiciliari, Romano ha ammesso di essere evaso più volte: “Nel 2014, durante i permessi per le cure mediche odontoiatriche, unitamente a omissis e ad Alessandro Polito, sono andato a prelevare omissis da piazza Locchi nel rione Paradiso”, ha fatto mettere a verbale. Non è possibile sapere di chi si tratti, perché ci sono indagini in atto da parte dei carabinieri. “Quest’ultimo trafficava con l’Albania con omissis. Quel giorno io avevo una pistola calibro 9×21, omissis una pistola automatica, forse 7,65. Ricordo che abbiamo prelevato omissis e lo abbiamo portato in una casa di Alessandro Polito, dove ci aspettavano Giuseppe Prete, Cosimo Remitri e Tatani Burin, anche questi tutti quanti armati. Nella circostanza abbiamo minacciato omissis altrimenti lo avremmo ucciso. Dopo questo episodio anche il clan di omissis ha iniziato a versare parte dei guadagni derivanti dallo spaccio dello stupefacente al mio clan”. I componenti del clan Romano, erano sempre armati quando si muovevano per spostare la droga.

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