Cassano, quella chiave meridiana che aprì le antiche porte del nostro Sud

”Proteggeremo noi, in autonomia, le tue verità”. Luigi Cazzato ricorda il padre del Pensiero meridiano

Di Luigi Cazzato

L’ultima volta che abbiamo sentito la voce di Franco Cassano è stato durante il lockdown del 2020, un anno fa circa. Quella dell’appello alla città di Bari durante quei duri mesi. Era quasi la sua solita voce, tenue ma salda, suadente ma ferma. Come il suo pensiero. Come la sua persona.

Quella voce ci diceva che ce l’avremmo fatta, che la storia siamo noi.

Se c’è un suo tratto che gli riconosciamo, e che accompagna i tanti meriti intellettuali, è la sua umanità. Quando fu chiamato a ricordare Don Tonino Bello, lo fece commosso quasi fino alle lacrime. Adesso anche lui, come il Vescovo di Molfetta, ha dovuto lasciarci. Come tutti. Ma lui non era tutti. E non era tutti proprio perché voleva essere come tutti. Egualitario. Vicino al prossimo, in ogni sua declinazione: teorica, quotidiana, spirituale e materiale.

Senza di lui non ci sarebbe stata la Primavera pugliese. E l’inverno che adesso viviamo, qui e altrove, è più sostenibile se ascoltiamo la sua voce, se ricordiamo le sue parole, che sono diventate patrimonio “politico” comune, qui e nel mondo: fra i pensatori internazionali o i divulgatori più impensati, come Fabio Volo che legge il suo passo sull’elogio della lentezza alla radio.

Colleghi d’oltralpe e d’oltre oceano hanno sempre chiesto di lui. Università di Bari? Un saluto al prof. Cassano allora! A Paris Nanterre fu forse l’ultimo convegno cui non venne, ma lo leggemmo in un profondo silenzio di ascolto quasi religioso. In America, dalla Duke alla California University lo stanno piangendo. Eppure, l’inglese fu l’ultima lingua in cui è stato tradotto. Sai, disse, l’impegno “politico” cittadino mi ha fatto trascurare la diffusione di Pensiero meridiano. Poi finalmente uscì anche in inglese e i Mignolo, i Larkosh, i de Sousa Santos poterono leggerlo nella lingua del potere globale.

Ridette voce al Mediterraneo. E quando Matvejević, l’altro teorico del mare fra le terre, negli anni ‘10 non nascondeva il suo scoramento sulle sorti di questo mare, lo rimproverava. Non può far così, disse, ha una responsabilità troppo grande. Invece Cassano ha provato a non scoraggiarsi fino alla fine.

Bisogna invertire la rotta, ha scritto nel suo saggio parigino, e avere “una fiducia nell’altro e nel futuro e una sapienza politica concreta, capace di invertire con pazienza tutte le spirali negative”. Per tornare a sperare, insiste, e perché “la realtà apprenda dai sogni è necessario che i sogni abbiano appreso dalla realtà. E viceversa”. È quella misura che ha sempre provato ad insegnare: una combinazione di realtà e visionarietà, che ci metta al riparo dai fondamentalismi.

Non ci rimane, dunque, che ringraziarlo un’ultima volta per il dono più grande: quella chiave meridiana che ci ha fatto riaprire le antiche porte del nostro sud, per tanto tempo abbandonate all’incuria dello sguardo forestiero. Grazie a lui ci siamo guardati con occhi nuovi e la realtà in quello specchio non è più stata quella di prima.

Sentii la sua voce al telefono per l’ultima volta al tempo del lockdown e ci scambiammo la promessa che alla prima occasione avremmo fatto una passeggiata. Non è stato possibile mantenere quella promessa. Allora eccomi qui, nel vano tentativo di rimediare a quella mancanza.

“Ci mancherai” abbiamo scritto sul portale web dell’Università. Forse la frase più giusta e, anche, la più sbagliata. Franco non ci mancherà mai. Lui ha fatto quello che pochi esseri umani riescono a fare: andar via sapendo di rimanere.

Vogliamo consolarci pensando che se ne sia andato tranquillo, veramente in pace, perché non se ne è andato veramente. Sarà sempre qui con noi a farci compagnia e noi ricambieremo proteggendo, in autonomia, le sue verità.

(Fonte: Corriere del Mezzogiorno)

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