Scu, il nuovo collaboratore: “A Brindisi estorsioni del mio clan dal 2014, picchiato a sangue chi non pagava”

ESCLUSIVO Andrea Romano, 35 anni di Brindisi, ha riferito ai pm dell’Antimafia di Lecce organizzazione e gestione del racket con i nomi dei suoi affiliati autorizzati alle attività: “Racket anche per le slot machine. Si facevano azioni punitive o incendi”, si legge nel verbale del 20 gennaio 2021. “Anche gestione dei parcheggi dell’ospedale Perrino era sotto il nostro controllo: una volta mi chiesero di  uccidere uno che dava problemi”

 

BRINDISI – “Dal 2014 il mio gruppo criminale ha messo in atto varie attività estorsive ai danni di esercizi commerciali sul territorio brindisino: nei confronti di chi non pagava, venivano organizzate spedizione punitive, qualcuno è stato picchiato a sangue, altri hanno subito attentati incendiari”.

 

IL RACKET DELLE ESTORSIONI RICOSTRUITO DAL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA ANDREA ROMANO

Ha riferito anche del racket delle estorsioni ai pm dell’Antimafia di Lecce, l’aspirante pentito di Brindisi città, Andrea Romano, 35 anni, nato e cresciuto nel rione Cappuccini e poi diventato – per sua stessa ammissione – capo di un clan di stampo mafioso, con base nella zona di Sant’Elia, sulla falsa riga dei “vecchi” della Sacra corona unita, come Francesco Campana, al quale è stato lui stesso affiliato in gioventù.

In un carcere noto unicamente al Servizio centrale di protezione, Romano, ha consegnato i nomi dei suoi affiliati, quelli autorizzati a gestire le estorsioni in regime di franchising: sotto il suo nome, con incassi da girare allo stesso Romano e da destinare in parte alla cassa comune del sodalizio mafioso, a partire dal 2014. L’interrogatorio risale al 20 gennaio scorso. A fare domande è la pm Giovanna Cannalire della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, assistita da alcuni carabinieri del comando provinciale di Brindisi, gli stessi che arrestarono Romano per l’omicidio di Cosimo Tedesco, avvenuto il primo novembre 2014. Fatto di sangue per il quale il nuovo collaboratore è stato condannato in via definitiva all’ergastolo.

A CASA DI ROMANO LE RIUNIONI CON GLI AFFILIATI PER DECIDERE ATTIVITA’ DEL CLAN

“Venivano organizzate delle riunioni con vari affiliati”, ha detto subito Andrea Romano, stando a quanto si legge nel verbale. “Oltre a me, vi erano Luca Ciampi, Ivano Cannalire, quando questi era ai domiciliari, peraltro autorizzato a uscire dalla propria abitazione”. A seguire due omissis a coprire altrettanti nomi fatti da Romano, rispetto ai quali sono in corso accertamenti per riscontrare le dichiarazioni. “C’erano Alessandro Polito, Sandro Coffa, Francesco Coffa detto ‘Ntramalonga, Tatani Burin”.

Le riunioni avvenivano nell’abitazione dello stesso Romano, un appartamento che si affaccia in piazza Raffaello, nel quartiere Sant’Elia, lì dove è stato consumato l’omicidio di Tedesco, a colpi di pistola.

“Qui venivano prese le decisioni più importanti con i responsabili del clan circa le estorsioni alle attività commerciali, oltre alla gestione dell’attività di spaccio e l’imposizione delle macchinette slot negli esercizi”, ha detto Romano il cui racconto è stato successivamente secretato. Un foglio risulta completamente bianco. La parte leggibile riprende così: “Ricordo che, nella sala giochi di omissis sita a Brindisi, nel rione omissis, sono presenti slot machine imposte. A riscuotere le estorsioni delle slot ogni 15 giorni o mensilmente provvedevano gli affiliati di Ivano Cannalire”. Nomi chiaramente coperti da omissis.

 

SPEDIZIONI PUNITIVE E ATTENTATI INCENDIARI PER CHI NON PAGAVA LE ESTORSIONI AL CLAN

Nel momento in cui sorgevano problemi nel senso che qualcuno si rifiutava di pagare, si organizzavano azioni punitive cui provvedevano prevalentemente Tatani Burin, omissis, Vito Simome Ruggero, Francesco Coffa detto Piacone, i fratelli Gianluca e Mario Volpe, Davide Di Lena e Andrea Reho”. Romano ha poi consegnato un episodio alla pm: “In una circostanza, ricordo che Ivano Cannalire, credo nell’anno 2015, il titolare del bar omissis, che credo si chiami omissis, venne picchiato a sangue in quanto non aveva corrisposto quanto dovuto per una mensilità”.

L’anno precedente, stando a quanto si legge nel verbale, “Alessandro Polito unitamente a Luca Ciampi incassava un’estorsione di circa 2mila-2.500 euro al mese alla omissis gestita da tale omissis”. “Comunque – ha aggiunto Romano – preciso che negli anni 2014 e 2015 l’attività estorsiva da noi posta in essere comprendeva tutte le attività commerciali presenti sul territorio brindisino. Alessandro Coffa, detto Nasone, prendeva l’estorsione da omissis sito nel rione omissis di Brindisi”.

In bianco, quindi, non leggibile un’altra parte del racconto reso da Romano che poi riprende con il racconto di alcune circostanze tra il 2017 e il 2018.

“Quando ero detenuto nella casa circondariale di Voghera – si legge – omissis, anch’egli detenuto lì con omissis mi rappresentò che doveva percepire una grossa somma di denaro, circa 160mila euro da un imprenditore e pertanto mi incaricò di riscuoterla dicendomi che sarebbe stata ripartita in parti uguali tra me e omissis”.

“Preciso che l’incarico mi venne proprio perché in quel periodo ero in attesa della decisione in appello e quindi, qualora non fosse stato confermato l’ergastolo, la mia scarcerazione sarebbe stata imminente, cosa che invece non è accaduta”. Romano ha fatto riferimento al processo per l’omicidio di Tedesco: sia in primo che secondo grado ha sempre sostenuto di non aver voluto uccidere, ma la tesi difensiva non ha trovato riscontro e, dopo la pronuncia della Cassazione, la condanna al carcere a vita è diventata definitiva. L’incarico per la riscossione dell’importo, è stato affidato ad altri.

Tornando al capitolo estorsioni, Romano ha detto che c’era anche chi prendeva l’estorsione da un locale che dal rione omissis portava al mare. E ancora: “Anche omissis era coinvolto nell’attività estorsiva, avvalendosi di tutti i suoi nuovi affiliati, ma comunque facendo affidamento sul nostro appoggio. Nel 2009 venne incendiato il locale di omissis perché il gestore si era rifiutato di pagare il pizzo”. Stando a quanto si apprende, si trattava di un locale nel quale venivano organizzate feste: “La somma che omissis versava al nostro clan dipendeva dagli eventi che venivano organizzati presso la stessa struttura”.

 

LA GESTIONE DEI PARCHEGGI DELL’OSPEDALE ANTONIO PERRINO DI BRINDISI

Il clan di Romano si occupava, inoltre, della gestione dei parcheggi: “Era tutta sotto il nostro controllo”, si legge sempre nel verbale del 20 gennaio.

“Ricordo che la gestione dei parcheggi dell’ospedale Antonio Perrino di Brindisi, subito dopo la costruzione dello stesso, era nelle mani di omissis. Di seguito passò a omissis che provvedeva con tale omissis e altri suoi affiliati”.

Nella ricostruzione del nuovo collaboratore c’è stata una staffetta negli anni e ci sono state diverse occasioni di conflitto per la distribuzione degli incassi.

Omissis – racconta Romano – ebbe un litigio con omissis e si rivolse anche a me chiedendomi di farlo sparare nel senso di ucciderlo. Io mi sono rifiutato perché avevano degli accordi e degli affari in corso con omissis e quindi fu deciso di togliere la gestione del parcheggio dell’ospedale a omissis e di affidarla a omissis che provvedeva assieme alla sua famiglia”.

Della gestione dei posti auto sul piazzale antistante l’ospedale brindisino aveva riferito, prima di Romano, Francesco Lazzari, le cui dichiarazioni sono state allegate agli atti dell’inchiesta chiamata “Old generation”, sfociata nel blitz dello scorso mese di ottobre, sulla vecchia frangia della Sacra corona unita, rimasta sotto la direzione di Francesco Campana, nonostante la condanna all’ergastolo e il pentimento di entrambi i fratelli, Antonio e prima ancora Sandro, morto suicida un anno  fa.

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