Società foggiana e tassa di sovranità: 40 arresti per mafia. Anche un dipendente del Comune

Operazione Decima bis: estorsioni dei clan Moretti-Pellegrino-Lanza, Sinesi-Francavilla e Trisciuoglio-Tolonese-Prencipe a imprenditori e ambulanti del mercato settimanale. L’impiegato dell’Anagrafe, ai domiciliari, accusato di concorso esterno per aver fornito il numero delle persone decedute agli uomini del racket delle pompe funebri: 50 euro a funerale

Di Stefania De Cristofaro

 

FOGGIA – Estorsioni senza eccezione: imprenditori e piccoli commercianti, anche gli ambulanti del mercato settimanale di Foggia piegati ai clan della Società foggiana e costretti a versare ogni mese una somma a titolo di “tassa di sovranità” alle batterie mafiose. Un sistema messo a punto dai clan  Moretti-Pellegrino-Lanza, Sinesi-Francavilla e Trisciuoglio-Tolonese-Prencipe, decapitati con l’ultima inchiesta della Dda: 39 arresti in carcere. Ai domiciliari, un dipendente del Comune, impiegato del settore Anagrafe, accusato di concorso esterno per aver fornito il numero delle persone decedute agli uomini del racket delle pompe funebri: 50 euro per ogni funerale.

L’INCHIESTA DECIMA BIS E IL BLITZ DEI CARABINIERI: I NOMI DEGLI INDAGATI

L’attuale assetto della mafia radicata a Foggia, le nuove modalità estorsive, le attività imprenditoriali e commerciali taglieggiate anche con la pretesa di assunzioni e la l’esistenza della cosiddetta zona grigia, definita dai contatti con gli insospettabili, sono stati ricostruiti nell’ultima inchiesta coordinata dai pm della Direzione distrettuale di Bari, proseguendo nel solco tracciato due anni fa. L’operazione è stata chiamata convenzionalmente Decimabis, essendo la continuazione precedente operazione antimafia, denominata “Decima Azione”, eseguita nel novembre 2018, sempre nella città di Foggia.

In carcere sono finiti: Federico Trisciuoglio, 67 anni; Felice Direse, 51; Gioacchino Frascolla, 35; Antonio Riccardo Augusto Frascolla,  detto Antonello, 30; Raffaele Palumbo, 36; Antonio Verderosa, alias Sciallett, 52; Marco Gelormini, 34; Ivan Narcisonato, 30; Michele Carosiello, 40; Giuseppe Perdonò, 32; Massimiliano Russo, 47; Michele Cannone, 50; Marco Salvatore Consalvo, 47; Michele Morelli detto Pace e cui,  31 anni.

In carcere anche: Savino Ariostini detto ‘Nino55’, 51 anni; Alessandro Aprile, alias Schiattamorti, 36; Francesco Tizzano; Antonio Salvatore detto Lascia Lascia, 29; Francesco Pesante 32; Ivan Emilio D’Amato, 47; Massimo Perdonò, 43; Ernesto Gatta, 46; Giuseppe De Stefano, 38; Antonio Vincenzo Pellegrino detto Capantica, 68; Antonio Miranda; Tommaso Alessandro D’Angelo, 35.

Inoltre, ordinanza di custodia cautelare in carcere: Domenico Valentini, 48; Rocco Moretti, 23; Nicola Valletta, 36; Leonardo Gesualdo detto il Vavoso, 34; Pietro Stramacchio, 44; Pasquale Moretti, 43; Benito Palumbo, 33; Mario Clemente, 40; Adelio Pio Nardella, 54; Sergio Ragno, 43; Ciro Stanchi, 47; Giovanni Rollo, 37 e Alessandro Alessandro 41 anni. Gli indagati sono tutti residenti a Foggia.

 

IL DIPENDENTE COMUNALE DEL SETTORE ANAGRAFE: LA COSIDDETTA ZONA GRIGIA E LE ESTORSIONI ALLE POMPE FUNEBRI

Ai domiciliari, tenuto conto dello status di incensurato, Marco D’Adduzio, 52 anni, dipendente del settore Anagrafe del Comune di Foggia, impiegato nell’ufficio in cui vengono raccolte le dichiarazioni di morte: è accusato di concorso esterno all’associazione di stampo mafioso, Società foggiana. L’inchiesta ha accertato l’esistenza di un rapporto di collaborazione tra il dipendente pubblico e gli uomini affiliati al clan Sinesi-Francavilla: l’impiegato forniva ogni giorno il numero delle persone decedute, a chi gestiva le estorsioni ai danni dei titolari di agenzie funebri.

Questa infiltrazione della pubblica amministrazione, limitata a un solo dipendente, è stata definita zona grigia per evidenziare il fatto che dovesse restare nascosta. Così non è stato. Le intercettazioni hanno permesso di scoprire che proprio per effetto di questo accordo, i clan erano riusciti ad ampliare il raggio delle estorsioni, riducendo l’importo imposto ai titolari delle imprese funebri: dagli iniziali 500 euro, a 50 euro, somma considerata alla portata di tutti.

 

 

LA SQUADRA STATO CONTRO IL SISTEMA DELLE TRE BATTERIE DELLA SOCIETA’ FOGGIANA E LA TASSA DI SOVRANITA’

L’inchiesta giudiziaria è stata condotta da una task force composta da investigatori della 1^ Divisione dello SCO, delle Squadre Mobili di Bari e Foggia, nonché del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Foggia. La squadra dello Stato ha consentito di ricostruire le dinamiche organizzative-funzionali e le criminali delle tre batterie che compongono la società foggiana: “Moretti-Pellegrino-Lanza”, “Sinesi-Francavilla” e “Trisciuoglio-Tolonese-Prencipe”, da tempo contrapposte, sia pure a fasi alterne, in una sanguinosa guerra di mafia per il conseguimento della leadership interna e il controllo degli affari illeciti e, allo stesso tempo, unite nella condivisione degli interessi economico-criminali, gestiti secondo schemi di tipo consociativo.

Le indagini hanno documentato come l’organizzazione mafiosa abbia realizzato una generalizzata, pervasiva e sistematica pressione estorsiva nei confronti di imprenditori e commercianti di Foggia, gestita secondo un codice regolativo predefinito e condiviso, denominato come il “sistema”, hanno spiegato gli inquirenti nel corso della conferenza stampa che si è svolta ieri mattina, on line.

“Il  racket delle estorsioni  veniva gestito come la riscossione di una vera e propria tassa di sovranità, registrando su un libro mastro la lista delle attività commerciali ed imprenditoriali estorte, nonché gli “stipendi” pagati agli associati”.

Dal mercato settimanale cittadino al settore edilizio, dalle imprese di servizi funebri, alle sale scommesse ed alle aziende attive nel movimento terra, dall’agroalimentare alle corse ippiche: non vi è ambito economico che la mafia foggiana abbia risparmiato nella sottoposizione al racket estorsivo.

“L’associazione mafiosa aveva anche costituito una cassa comune, finalizzata al pagamento degli “stipendi” per i consociati, nonché al mantenimento dei detenuti e dei loro familiari, anche attraverso il sostenimento delle spese legali, così sviluppando collaudati processi di gestione centralizzata nell’acquisizione e nella ripartizione delle risorse economiche”.

 

LE DICHIARAZIONI DI TRE COLLABORATORI DI GIUSTIZIA

Non solo intercettazioni. Nell’ordinanza di custodia cautelare c’è il riferimento alle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, originariamente interni alla Società Foggiana: “Con i propri contributi dichiarativi, reciprocamente convergenti, hanno ulteriormente rafforzato l’impianto accusatorio consentendo di acquisire significativi elementi di prova in ordine alle dinamiche interne ed agli interessi criminali del sodalizio mafioso”, hanno sottolineato gli inquirenti.

IL PROCURATORE NAZIONALE ANTIMAFIA: “SOCIETA’ FOGGIANA PRIMO NEMICO DELLO STATO”

“La mafia foggiana è il primo nemico dello Stato”

Ha detto il procuratore nazionale antimafia, Cafiero De Raho nel corso della conferenza stampa. Se è vero che resiste il muro di omertà, è altrettanto vero che ci sono stati alcuni cittadini foggiani che hanno cercato di fare la propria parte rompendo il silenzio attraverso la denuncia. Sono pochi a denunciare, ma ci sono. “Lo Stato avanza, recupera il territorio a garanzia dei cittadini”, ha detto De Raho.

“Il cittadino abbia fiducia: in questo momento può avere fiducia, la sua parola darebbe una spinta straordinaria per annientare totalmente la mafia foggiana, primo nemico dello Stato”.

Ieri il presidente della commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra, ha chiesto una commissione d’accesso al Comune di Foggia: “Per dissipare qualsiasi ombra, chiedo che la ministra Lamorgese si attivi immediatamente così da poter dare risposte concrete ai cittadini foggiani che devono potersi fidare dallo Stato cominciando dal proprio organo di amministrazione comunale”.

Il sindaco di Foggia, Franco Landella, ha già fatto sapere che l’Amministrazione cittadina è pronta nuovamente a costituirsi parte civile.

 

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