Melissano, strategia intimidatoria: due attentati incendiari in tre giorni

Auto in fiamme il 15 e il 18 aprile 2020: episodi ricostruiti nell’inchiesta della Dda di Lecce sul narcotraffico del Basso Salento. “Nessuna denuncia, messaggi indirizzati a soggetti in carcere per segnare il territorio con gesti eclatanti. Pressione sulla popolazione civile”

 

Di Stefania De Cristofaro

 

MELISSANO – Per la Dda resta una zona turbolenta quella di Melissano, dove la scorsa primavera ci sono stati due episodi che hanno il sapore di messaggi intimidatori nell’arco di tre giorni: auto incendiate il 15 e il 18 aprile 2020 come prova di forza per dimostrare chi comanda nella gestione del business della droga.

GLI ATTENTATI INCENDIARI A MELISSANO

Gli episodi sono stati ricostruiti nell’inchiesta della Dda di Lecce chiamata “La svolta 2.0” che la settimana scorsa ha portato all’esecuzione di 23 arresti, fra carcere e domiciliari, nella ricostruzione della geografia del traffico di droga. Secondo l’accusa, gli attentati sono stati “indirizzati a soggetti in carcere”, al fine di “segnare il territorio, con l’eclatanza del gesto”. In entrambi i casi, non c’è stata nessuna denuncia, nella logica del silenzio e dell’omertà come regola e stile di vita.

La notte del 15 aprile scorso, fiamme di chiara origine dolosa hanno divorato la Bmw intestata a un familiare di Daniele Manni e in uso a quest’ultimo. Il successivo 18 aprile, sempre di notte, fiamme alla Ford Fiesta intestata a Luciano Manni. Non una coincidenza temporale, nella ricostruzione dell’accusa, ma “due inquietanti fatti” che coinvolgono “alcuni dei principali protagonisti dell’inchiesta” sull’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, stando a quanto scrive il gip nell’ordinanza di arresto, facendo riferimento alla comunicazione che i carabinieri del Nor di Casarano hanno depositato in Procura il 4 maggio successivo.

L’ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE FINALIZZATA AL TRAFFICO DI DROGA

Secondo l’accusa, il sodalizio era attivo a Melissano dal marzo 2018, per effetto del contributo di “Antonio Bevilacqua, Rocco Bevilacqua, Salvatore Caputo, Fabio Antonio Causo, Rosario Cazzato, Matteo Cazzato, Stefano Ciurlia, Ferdinando Librando, Ottavio Salvatore Scorrano, Beniamino Stamerra unitamente ad Antonio Librando, Pietro Bevilacqua, Biagio Manni, Daniele Manni, Luciano Manni, Maicol Andrea Manni, Luca Piscopiello, Luca Rimo, Angelo Rizzo e Gianni Vantaggiato”.

All’interno dell’associazione, stando a quanto accertato nel corso del periodo d’indagine, “si venivano a creare distinte fazioni, in contrasto fra loro per il predominio nell’attività di spaccio, con la finalità di estromettere i vertici originari rappresentanti dai gemelli Antonio e Ferdinando Librando”. “Una fazione”, stando all’imputazione provvisoria contestata nel provvedimento di custodia cautelare, “era rappresentata e diretta da Biagio Manni, Antonio, Pietro e Rocco Bevilacqua”, mentre l’altra da “Luciano Manni e dai figli Daniele e Maicol Andrea”. A restare, invece,

“formalmente legati ai vertici originari, gli associati Caputo, Piscopiello e Vantaggiato”.

NESSUNA DENUNCIA DOPO GLI ATTENTATI INCENDIARI. LA PRESSIONE SULLA POPOLAZIONE

Le indagini non hanno fornito alcun elemento utile per arrivare a identificare gli autori degli attentati incendiari, né – come si diceva – contributi sono arrivati dai titolari delle auto date alle fiamme. Ma per il gip in entrambi i casi, si tratta di “veri e propri messaggi intimidatori, anche indirizzati a soggetti in carcere, in specie a Luciano Manni e ai figli” che nel corso degli accertamenti

“hanno dato ampia prova della loro volontà di predominio all’interno del clan di appartenenza, arrivando ad ammazzare per raggiungere lo scopo illecito”.

Messaggi che dimostrano l’attualità delle esigenze cautelari e che evidenziano una personalità da cui può “desumersi uno stile di vita fondato sulla ricerca di guadagni illeciti come unica fonte di sostentamento e di arricchimento con ciò, anche indirettamente determinando o contribuendo a determinare forme di controllo del territorio e di approvvigionamento di risorse (ingentissime e sottratte evidentemente, con gravissimo danno, all’economia lecita) mediante il mercato degli stupefacenti”.

Secondo il gip, inoltre, è altrettanto chiaro che in un contesto di questo tipo “ci sia una pressione operata sulla popolazione civile” che “determina – sotto il profilo cautelare – una concretezza e una attualità delle esigenze cautelari di solare evidenza”. Non emergono – si legge ancora nel provvedimento di arreso – elementi che possano portare a ritenere che sia nel frattempo cessata la partecipazione alle condotte delittuose, sia con riferimento a quelle associative che ai cosiddetti reati fine, da parte di alcuno degli indagati”.

 

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