#IoStoconMarilù: da tutta Italia, a sostegno della giornalista pugliese

Si apre domani, 22 ottobre, il processo contro i tre uomini che hanno minacciato la giornalista Marilù Mastrogiovanni a seguito della pubblicazione di una complessa inchiesta investigativa sulla mafia salentina, pubblicata a sua firma sul giornale che ha fondato e che dirige, il Tacco d’Italia.

Si tratta di Gianni Stefàno Fratelli d’Italia), ex sindaco di Casarano (Le), di Gigi Loris Stefàno, ex consigliere comunale eletto nella lista dell’ex sindaco e di Luca Legittimo, responsabile del suo comitato elettorale.

Frasi volgari e sessiste veicolate attraverso i social, dichiarazioni minacciose diramate attraverso i media e manifesti murali, gigantografie affisse sui muri della città in cui si rappresentava la giornalista seppellita in una fossa: queste le minacce e le offese per cui la direttrice del Tacco d’Italia ha sporto querela.

Bisogna però stigmatizzare una circostanza gravissima:

Nello stesso procedimento, Marilù oltre ad essere parte offesa, è anche imputata per le sue inchieste. Una scelta procedimentale che mette sullo stesso piano vittima e carnefice, come spesso purtroppo accade nei procedimenti sulle violenze di genere.

È questo il più recente capitolo di un vero e proprio stalking giudiziario messo in atto per zittire una voce indipendente del giornalismo italiano, una donna, giornalista professionista, che con la casa editrice che ha fondato e il giornale collegato, Il Tacco d’Italia, ha scritto pagine importanti dell’informazione di qualità pugliese e nazionale.

Nel 2017 il Tacco d’Italia fu sequestrato dalla magistratura leccese (sequestro vietato dalla Costituzione italiana), poi dissequestrato dal Tribunale del Riesame dopo 45 giorni; un lungo periodo in cui l’articolo 21 della Carta costituzionale è stato offeso e umiliato.

La giornalista è da 15 anni oggetto di una campagna di diffamazione ed intimidazione: minacce di morte, offese e linciaggio sui social, disegni disumanizzanti, minacce telefoniche e via email, la sua casa incendiata nella notte, mentre la famiglia dormiva; i cani avvelenati. Episodi sempre denunciati.

Marilù è stata messa sotto protezione, ma non è bastato.

Ha dovuto cambiare casa e città.

Nel frattempo la holding Igeco spa, di cui la direttrice del Tacco d’Italia aveva denunciato le inflitrazioni mafiose in inchieste pluripremiate, è stata raggiunta da interdittiva antimafia. Gli appalti pubblici che la holding aveva vinto in tutta Italia sono stati revocati e l’azienda è stata commissariata.

Tuttavia, sono arrivate decine di querele temerarie,  poi archiviate da più procure, con l’obiettivo di togliere ossigeno ed energie alla donna e alla giornalista.

Marilù Mastrogiovanni però non è sola.

Grazie al suo lavoro ha vinto autorevoli premi (“Paolo Borsellino”, “Michele Campione” (due volte), “Joe Petrosino”, “Ambiente e Legalità”, “Franco Giustolisi”, “Piersanti Mattarella”, “Renata Fonte”) ed è stata designata dalla direttrice generale di Unesco quale componente delle giuria composta da sei giornalisti indipendenti nel mondo, per l’assegnazione del premio mondiale sulla libertà di stampa “Guillermo Cano”.

Nel processo che prenderà il via domani, vedrà al suo fianco la Federazione nazionale della Stampa, che la difende con gli avvocati Francesco Paolo Sisto e Roberto Eustachio Sisto.

Si costituiranno parte civile:

  • la stessa FNSI,
  • Ossigeno per l’Informazione,
  • l’Udi – Unione donne italiane,
  • la Consigliera di parità regionale,
  • la fondazione Pangea-Reama,
  • il Centro antiviolenza Giraffa onlus di Bari,
  • la cooperativa di giornalisti IdeaDinamica, editrice de il Tacco d’Italia.

La fondazione Pangea – Reama ha lanciato una campagna di solidarietà e di informazione contro le querele bavaglio e l’hate speech, a cui hanno aderito la rete Noi Donne (associazione mondiale di donne giornaliste e scrittrici) e decine di altre associazioni attive per la legalità, i diritti umani, la libertà d’informazione, i diritti delle donne. Si sono tutte organizzate in rete per una campagna di sensibilizzazione con l’hashtag #iostoconMarilù.

Non per difendere una sola persona, ma per difendere il diritto di tutte e di tutti ad essere informati.

 

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