Mafia, a Bari struttura presa in prestito dalla Camorra e capacità militare

DOSSIER/8 Nella relazione Dia, sul secondo semestre 2019, è evidenziata la pericolosità di “blasonati rampolli delle famiglie locali”, in primis quelli del “clan Strisciuglio articolato in manovali del crimine, manovali e gruppi di fuoco”. “Faida nel quartiere Japigia dopo l’alleanza tra i gruppi Parisi e Capriati”. Ricostruito un omicidio commissionato dal carcere via telefono. Infiltrazioni nella Pubblica Amministrazione: il caso della mongolfiera dedicata al boss, durante la festa patronale di Valenzano

 

Di Stefania De Cristofaro

 

BARI – Se da un lato i gruppi mafiosi di Bari e provincia sono stati costretti a fare i conti con il ridimensionamento conseguente alla raffica di arresti, dall’altro c’è stata una evoluzione strutturale in senso orizzontale, secondo il modello preso in prestito dalla Camorra. Scelta dettata dalla necessità di rimpiazzare gli uomini (e le donne) finiti in carcere e quelli rimasti vittime di guerre intestine per il controllo degli affari illeciti. Guerre macchiate di sangue, come quelle combattute in seno al clan Strisciuglio, con un omicidio commissionato via telefono dal carcere. Mentre per altri clan, come gli Stramaglia, resta la necessità di dimostrare la propria potenza, arrivando persino a ricordare il boss defunto attraverso la sponsorizzazione di una mongolfiera, in occasione della festa patronale a Valenzano, comune poi sciolto per mafia.

 

IL PANORAMA DELINQUENZIALE DESCRITTO NELLA RELAZIONE DIA PER IL SECONDO SEMESTRE 2019

Le attività di contrasto poste in essere dalle forze dell’ordine nel periodo che va da luglio a dicembre 2019, sono state raccolte nella relazione Dia ed evidenziano per la città di Bari e la provincia “una conflittualità interna alle singole fazioni”, dove si “registra la compresenza di gruppi pericolosi e agguerriti, non legati fra loro gerarchicamente, e di blasonati rampolli delle famiglie malavitose, desiderosi di guadagnare posizioni di vertice e nuove linee di comando”. Blasone che, come è scritto nel dossier, appartiene al “clan Strisciuglio” che si “avvale di un folto numero di gruppi di proprio riferimento” sia nel capoluogo che nell’hinterland, i quali “lasciano agevolmente spazio all’insorgere di faide interne”.

Il clan Parisi mantiene ancora la sua influenza a Bari, pur in assenza di un organo verticistico aggregante, e in modo particolare nel quartiere Japigia: il gruppo “fa dell’indipendenza delle proprie cellule un punto di forza”. Alter ego del clan Parisi, è la “frangia alleata dei Palermiti, in grado di gestire direttamente il territorio difendendolo dalle mire espansionistiche di gruppi delinquenziali che tentano di acquisire maggiori ambiti di azione e di potere nell’area facente capo agli stessi Parisi”.

LA FAIDA IN ATTO NEL QUARTIERE JAPIGIA DOPO L’ALLEANZA TRA I CLAN PARISI E CAPRIATI

Le cronache giornaliere degli ultimi tempi hanno raccontano la faida nel quartiere Japigia, prova del venire meno dell’alleanza tra i clan Parisi e Capriati o quanto meno del continuo vacillare del patto, di cui si era avuta conferma con l’inchiesta Scommessa del novembre 2018 (nome legato al fatto che le indagini erano state concentrate sulla gestione del gioco illegale e delle scommesse, appunto).

Le inchieste più recenti hanno messo in evidenza “il ruolo di un elemento di spicco del gruppo Busco, ex sodale dei Parisi, condannato nel processo scaturito dall’inchiesta Do ut des, nonché legato alla consorteria mafiosa dei Capriati, il quale operando in maniera autonoma all’interno del quadrilatero (la cosiddetta zona 45), si era posto in concorrenziale attività di spaccio di stupefacenti, entrando così in contrasto con il braccio destro pro-console dei Palermiti e punto di riferimento della stessa organizzazione Parisi-Palermiti”. L’ex dei Parisi poteva anche “contare su una considerevole disponibilità di armi, funzionale all’affermazione di superiorità criminale sul territorio, nonché su proprie cellule di spaccio, nei confronti delle quali esercitava il comando nonostante la detenzione domiciliare fuori dalla regione”. Le indagini partirono dal ritrovamento di un arsenale di armi anche da guerra, silenziatori e diversi chili di cocaina.

Quanto all’affermazione del clan Parisi, attraverso una serie di cellule, un riscontro giudiziario è arrivato dai risultati dell’inchiesta Nemesi: “le indagini – è scritto nella relazione Dia – hanno attestato l’operatività del clan D’Abramo-Sforza di Altamura, propaggine dei Parisi, affiliatosi per acquisire la gestione delle attività illecite” in quella porzione di territorio. In questo contesto, il clan Capriati, particolarmente attivo nelle “estorsioni, nel narcotraffico e nel gioco d’azzardo – sembra risentire delle frizioni interni dovute a due elementi: i tentativi di scalata delle giovani leve desiderose di colmare i vuoti” che si sono venuti a creare dopo la detenzione di elementi di vertice e le mire espansionistiche dell’avverso clan Strisciuglio con il quale si contende da anni l’egemonia anche nel Borgo antico.

LA ROTTURA IN ATTO FRA IL CLAN PARISI E IL GRUPPO BUSCO CHE GODE DELLA FIDUCIA DEI CAPRIATI

C’è un elemento di novità rispetto ai primi sei mesi del 2019 ed è costituito dalla “rottura tra il clan Parisi e il gruppo Busco che gode sempre della fiducia della famiglia Capriati”. Stando così le cose, non è da escludere che possa vacillare l’intesa tra i Capriati e i Parisi, a causa della “volontà del gruppo Brusco di porsi in una posizione dominante per controllare il territorio di Japigia, rispetto ai Palermiti, articolazione del clan Parisi che, infatti, non ha esitato a dare supporto a questi ultimi”. L’ipotesi è avvalorata dalle indagini concluse il 25 ottobre 2019 dalla polizia di Bari, secondo cui c’è stata una vera e propria “cacciata” da parte dei Parisi degli elementi del gruppo Busco i quali avevano stretto accordi con grossisti che, rifornendosi direttamente in Albania, consentivano loro di praticare prezzi molti più bassi rispetto a quelli stabiliti dalla fazione protetta da Parisi, con la quale avevano fino ad allora condiviso la zona di Japigia”.

IL CLAN CAPRIATI E LA CONSORTERIA FEDERATA MERCANTE-DIOMEDE

Al clan Capriati risulta federata la consorteria Mercante-Diomede, a base familistica, operante nei quartieri Carrassi e Libertà, con ramificazioni nel rione San Paolo di Bari. Questa alleanza ha trovato conferma nell’operazione Break 24, sfociata nel blitz a maggio 2019. Il gruppo Mercante-Diomede è

“dedito alla gestione del traffico di droga, alle estorsioni e al gioco d’azzardo”

ed è attivo pure in provincia, nelle zone di Bitonto, Triggiano, Adelfia, Altamura e Gravina di Puglia. Per fronteggiare il clan avverso degli Strisciuglio è stato raggiunto un patto federativo con altre compagini, rappresentante dai Capriati e dai Parisi.

IL CLAN STRISCIUGLIO: SOLDATI E GRUPPI DI FUOCO. OMICIDIO COMMISSIONATO IN CARCERE VIA TELEFONO

Il clan Strisciuglio è rimasto legato ai classici riti di affiliazione mafiosa ed è organizzato in modo tale da riuscire a operare all’interno delle carceri. L’articolazione è per gruppi autonomi che interagiscono, nel rispetto dei territori di influenza, tramite esponenti apicali, quadri intermedi, manovali del crimine, soldati e gruppi di fuoco. Esiste, in altre parole, una struttura di tipo piramidale. E ci sono casse comuni, la cui gestione è affidata alle singole articolazioni territoriali: il bilancio serve per pagare sia le forniture di droga che le spese destinate al mantenimento degli affiliati reclusi e delle loro famiglie, dando vita a una sorta di welfare.

Fibrillazioni interne, stando a quanto ricostruito nella relazione Dia, “potrebbero essere alla base dell’omicidio di un elemento di spicco in seno all’organizzazione criminale, avvenuto l’11 settembre 2019 nel quartiere San Paolo di Bari”. Il riferimento è all’uccisione di Michele Ranieri, 39 anni, cognato di Vincenzo Strisciuglio, quest’ultimo fratello di Domenico Strisciuglio, alias Mimmo la Luna. “Mandante è stato individuato nel reggente del quartiere San Pio: impartiva direttive dal carcere ai suoi complici usando telefonini cellulari abusivamente introdotti”. L’accusa di aver ordinato l’esecuzione è stata contestata a Saverio Faccilongo, 33, in quel periodo ristretto nel penitenziario di Terni, mentre quella di essere stati esecutori materiali a Saverio Carchedi, 21 anni, e a Giovanni Sgaramella, 34. I tre, stando alle indagini, sono appartenenti alla fazione Enziteto degli Strisciuglio, opposta a quella di Carbonara della quale faceva parte Ranieri, agli ordini di Carlo Alberto Baresi.

Il clan Strisciuglio si conferma dedito alla “gestione dei traffici di droga, usura, ricettazione ed estorsioni, anche sotto forma di imposizione dei servizi di guardiania”. Non mancano, gli interessi nel riciclaggio e nella distribuzione di apparecchiatura da gioco e intrattenimento. Riscontri investigativi, inoltre, hanno accertato una “ingente disponibilità di armi del clan che, nel panorama criminale barese, risulta essere quello caratterizzato da un maggior tasso di dinamicità ed efferatezza”.

IL CLAN DI COLOSA NEI QUARTIERI CEGLIE DEL CAMPO E LOSETO

Nei quartieri di Ceglie del Campo, Loseto e in parte Carbonara, è attivo il clan Di Cosola, gruppo che negli ultimi anni ha subìto una serie di interventi repressivi ed è stato costretto anche a fare i conti con l’apporto collaborativo fornito dal suo capo storico, deceduto nel 2018. Il clan è comunque rimasto attivo, soprattutto nel settore delle estorsioni. Significativa è la sentenza di condanna a carico di un soggetto condannato a conclusione del processo di primo grado scaturito dall’inchiesta Attila 2, per il reato di voto di scambio in occasione delle elezioni regionali in Puglia nel 2015.

GRUPPO SATELLITI ATTIVI NEI QUARTIERI DEL CAPOLUOGO BARESE

A Bari sono presenti “gruppi satelliti”. Tra questi, il gruppo Dicosimo-Rafaschieri attivo nel quartiere Madonella, alleato con alcuni soggetti dell’area strisciugliana, in contrapposizione con Parisi-Palermiti. Gli altri menzionati nella relazione Dia sono; Misceo, Telegrafi, Montani, Anemolo, Fiore-Risolo, Velluto e Lorusso.

Nel secondo semestre 2019, le indagini hanno confermato la “capacità militare dei diversi sodalizi” e una serie di rapine consumate soprattutto nelle farmacie. Il 19 agosto 2019, la polizia ha trovato in una villa, un ingente quantitativo di farmaci destinati a uso chemioterapico, provento di una rapina con sequestro di persona, avvenuta il 17 maggio dell’anno precedente, ai danni di un autotrasportatore dipendente di una ditta con sede a Modugno.

CONTRABBANDO DI SIGARETTE E FURTI DI AUTO CON LA TECNICA DEL CAVALLO DI RITORNO

Resiste il contrabbando di sigarette, attività oggi ben lontana dal volume di traffico raggiunto negli anni Ottanta e Novanta, la cui gestione appare “relegata a un sistema criminale residuale non direttamente riconducibile alle grandi associazioni mafiosi, ma tendenzialmente da queste non del tutto avulso”. “Spiccato” è l’interesse per i furti d’auto, come confermato dall’inchiesta Park & Ride condotta dalla Polizia e sfociata con l’arresto di sei persone l’11 luglio 2019, tutte accusate di aver rubato veicoli a scopo di estorsione, secondo la tecnica del cosiddetto cavallo di ritorno. Stando all’accusa, il “gruppo è riuscito a fatturare oltre 170mila euro, piazzando sul mercato 80 auto a un prezzo medio compreso fra duemila e 2.200 euro”.

LA PRESENZA DI ORGANIZZAZIONI CRIMINALI NIGERIANE A CONNOTAZIONE MAFIOSA

Anche nel secondo semestre del 2019, è stata confermata la collaborazione con organizzazioni criminali stranieri, soprattutto albanesi, le quali riescono a gestire anche in forma automa, una fetta di mercato senza sovrapporsi ai gruppi autoctoni. Nel tessuto barese è stata accertata anche la presenza di associazioni criminali nigeriane: con l’inchiesta chiamata Drill sono stati ricostruiti due gruppi a connotazione mafiosa, i Vikings Confraternity e i Supreme Eye Confraternity, i cui componenti sono indicati rispettivamente come i “rossi” e i “blu”. Le indagini sono partite dopo le denunce di pestaggio sporte da due cittadini nigeriani ospiti del Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Bari: le violenze erano finalizzate ad arruolarli nelle file di un gruppo che si stava estendendo all’interno del Cara. Gli accertamenti hanno portato a scoprire che i gruppi nigeriani sono strutturati in forma verticale e militare e presentano riti di affiliazione basati su pratiche di sofferenza corporali.

I GRUPPI ATTIVI NELLA PROVINCIA DI BARI: LA MAPPA COMUNE PER COMUNE

Da Bari alla provincia, i gruppi criminali riescono a gestire i traffici illeciti tramite loro “agenzie”, affidate a “referenti in loco o affiliati”, in ogni caso persone di fiducia. L’inchiesta Nemesi ha confermato la presenza del clan D’Abramo-Sforza ad Altamura e ha evidenziato l’ascesa criminale a seguito dell’affiliazione del proprio leader al clan Parisi di Japigia. L’associazione, “ispirandosi all’impostazione strutturale della Camorra, si avvaleva di liturgie arcaiche del potere che creano identità di appartenenza fra i componenti i quali rivestivano la qualità di padrini”. Organizzazione camorristica significa anche

“imposizione di regole interne, la cui violazione viene sanzionata in maniera immediata ed energica”. E vuol dire anche “riunioni dall’apparente carattere conviviale, ma di fatto occasioni con finalità operative strategiche”.

Per altro verso, le indagini hanno evidenziato come a volte l’interazione con la continua area metropolitana sia fondata su relazioni illecite di natura meramente commerciale che, pur esulando dai classici rapporti di affiliazione, consente di mantenere il controllo delle attività. Qual è la ratio? La tendenza – si legge nella relazione Dia – “consente alle entità criminali cittadine di non essere facilmente accostate agli eventi derivanti dalle lotte di potere nella provincia”.

Nel comune di Bitonto, a fronte del ridimensionamento dei Conte, “si registra l’ascesa del clan avverso dei Cipriano soprattutto nelle estorsioni, ambito nel quale non sono esclusi collegamenti con i Parisi”. A Bitondo, inoltre, ci sono i gruppi Cassano-Di Cataldo, legato ai Diomede di Bari, e Modugno affiliato a Strisciuglio.

A Nord della città di Bari, si registra la presenza di gruppi criminali riconducibili agli “alleati clan Capriati e Mercante-Diomede, la cui strategia espansionistica si è evidenziata pure nelle aree più a Sud del capoluogo”. A Terlizzi, “oltre ai referenti dei Capriati, operano i Dello Russo in condizione di egemonia nel settore del traffico di droga, mantenendo collegamenti con elementi di spicco della criminalità di Andria, nonché appartenenti a sodalizi attivi nel capoluogo e nella provincia di Foggia, in particolare Cerignola”.

La presenza delle articolazioni del clan Capriati non esclude, tuttavia, il radicamento di altre strutture. Ad esempio, a “Triggiano, oltre alle propaggini dei Capriati e  Mercante-Diomede, si segnala l’influenza di personaggi legati ai clan Parisi, Di Cosola, Telegrafo e Strisciuglio”. A Conversano, stando alle indagini, è attivo un “gruppo ritenuto collegato al clan Telegrafo di Bari, mentre il nuovo gruppo Lamanna di Polignano a Mare avrebbe manifestato mire verso Monopoli, dove operano alcuni adepti di un vecchio clan, sa sempre sotto l’influenza di consorterie del capoluogo, Parisi e Telegrafo”. A Modugno si registrano influenze di un gruppo affiliato agli Strisciuglio.

Il comune di Noicattaro, a Sud di Bari, vede il ritorno di un elemento già facente parte in posizione di vertice del clan di Poggioallegro, articolazione periferica dei Parisi, così chiamata dal nome del centro residenziale che si trova alla periferia del paese, dove vivono alcune famiglie in seno alle quali il clan ha preso vita. Nell’area di Rutigliano, dopo le inchieste e gli arresti che hanno interessato i Capriati e i Di Cosola, “non si registra l’attività di sodalizi in grado di controllare in maniera monopolistica le piazze di spaccio o il racket”. Da segnalare, invece, la presenza di gruppi poco strutturati che si scontrano facendo ricorso alle armi. Posizione di primo piano è stata assunta da un uomo considerato vicino al clan Telegrafo.

A Cassano delle Murge, “un’articolazione del clan Stramaglia, particolarmente agguerrita nel campo dei reati contro il patrimonio e nel traffico di droga, si sarebbe messa in affari con baresi del clan Fiore-Rosoli, vicini ai Parisi”.

INFILTRAZIONI CRIMINALI NELL’ECONOMIA: PROVVEDIMENTI DI CONFISCA

Sotto il profilo delle infiltrazioni criminali nell’economia legale, sono due i provvedimenti confisca ricordati nella relazione Dia. Il primo è stato eseguito a Bitonto dalla Dia di Bari il 31 luglio 2019 e ha colpito i beni riconducibili a un pregiudicato legato ai clan Capriati e Parisi, arrestato nelle inchieste Do ut des del marzo 2016 e Magic work del luglio 2018. Sono state confiscate due aziende operanti nel campo dei servizi alle imprese, quattro attività nel settore della ristorazione, quattro auto, due immobili e disponibilità finanziaria, per un valore di oltre un milione di euro. La seconda confisca è stata eseguita il 30 luglio 2019 nei confronti di un uomo condannato in via definitiva per traffico di droga e reati contro il patrimonio.

INTERDITTIVE ANTIMAFIA E INFILTRAZIONI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: IL CASO DI VALENZANO

Rilevanti sono state le interdittive antimafia emesse dal prefetto di Bari: sono state colpite due imprese, di una nel settore del commercio all’ingrosso di rottami senza deposito, e l’altra in quello delle sale giochi e installazione di apparecchi per il gioco lecito.

Quanto alle infiltrazioni nell’apparato politico-amministrativa, la provincia di Bari non è risultata esente. Il 17 settembre dello scorso anno, il Consiglio di Stato ha emesso la sentenza con cui è stato accolto il ricorso presentato dal Ministero dell’Interno contro il provvedimento del Tar della Regione Lazio che aveva annullato il Decreto del presidente della Repubblica con il quale, il 25 settembre 2017, era stato sciolto il consiglio comunale di Valenzano. “L’istruttoria – si legge – ha evidenziato l’uso distorto della cosa pubblica concretizzatosi nel favorire soggetti o imprese direttamente o indirettamente collegati ad ambienti malavitosi”.

Sono state riscontrate “cointeressenze tra la compagine politica, l’apparato amministrativo e la locale criminalità organizzata”.

IL LANCIO DELLA MONGOLFIERA DEDICATA A UN BOSS DURANTE LA FESTA PATRONALE

Tra gli episodi più eclatanti posti alla base dello scioglimento, “il lancio di una mongolfiera dedicata a un boss locale, sodale e nipote del defunto capo del clan Stramaglia”. Episodio avvenuto durante i festeggiamenti in onore del santo patrono. Quella mongolfiera – hanno scritto i giudici nella sentenza – “ha un significato altamente simbolico” perché venne fatta alzare in volo “alla chiusura, se non al culmine della giornata di festa”. Dagli atti “si ricava che il volo fosse stato sì programmato dal comitato organizzatore e che la famiglia si sia offerta di sponsorizzarlo, pagandone i costi, in cambio della possibilità di sceglierne la scritta” con il riferimento “accanto e prima a quello del santo patrono era verosimilmente riconducibile al boss”. In tal modo veniva “celebrato il defunto, ma anche la potenza della famiglia, nel contesto di un’occasione collettiva centrale nella vita cittadina”. I giudici hanno scritto anche che “il significato dell’episodio risiede soprattutto nelle reazioni degli amministratori locali” perché “avrebbero dovuto prenderne le distanze e invece è stato minimizzato alla stampa locale” e, in alcuni casi, ci sono state manifestazioni di “solidarietà con la famiglia”.

 

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