Nuova accusa per il 21enne barese, in relazione a quanto avvenuto il 9 marzo scorso, giorno della fuga in massa dal penitenziario della Capitanata. E’ ritenuto vicino al clan del quartiere Libertà di Bari, ed è imputato per lo stupro di una dodicenne. Trasferiti in una località segreta i familiari di Filomena Bruno, uccisa a coltellate nella sua abitazione a Orta Nova. Ordinanza di arresto anche per i brindisini Angelo Sinisi e Antonio Borromeo
Di Stefania De Cristofaro
- L’EVASIONE DAL CARCERE DI FOGGIA E GLI ARRESTI DI CARABINIERI E POLIZIA: OPERAZIONE SQUADRA STATO
- I NOMI DEGLI INDAGATI PER I QUALI E’ STATO ORDINATO L’ARRESTO IN CARCERE
- IVAN CALDAROLA, IL PIU’ GIOVANE DEGLI EVASI: ACCUSATO DI VIOLENZA SESSUALE QUANDO ERA MINORENNE
- RESTA LATITANTE CRISTOFORO AGHILAR: REO CONFESSO DI AVER UCCISO L’EX SUOCERA
FOGGIA – Prima l’evasione in massa dal carcere di Foggia, devastato nel periodo dell’emergenza sanitaria per il Covid 19, subito dopo diversi detenuti sono stati protagonisti di irruzioni in alcune officine del vicino Villaggio degli Artigiani per rapinare auto e garantirsi la fuga: tra loro, anche Ivan Caldarola, 21 anni, ritenuto uno delle nuove leve del clan di stampo mafioso Strisciuglio di Bari, imputato per lo stupro di una bambina di 12 anni.
Caldarola è tornato in cella sabato con l’accusa di rapina pluriaggravata in concorso, contestazione mossa con riferimento ai fatti ricostruiti la mattina del 9 marzo, quando 70 detenuti riuscirono ad evadere dal penitenziario. Accusa di rapina mossa nei confronti di 15 uomini: fra questi, Cristoforo Aghilar, 36 anni, di Orta Nova, reo confesso di aver ucciso l’ex suocera a coltellate, e tuttora latitante.
E’ ricercato con il profilo di massima allerta, anche in Germania, mentre i familiari della donna sono stati trasferiti in una località segreta.
L’EVASIONE DAL CARCERE DI FOGGIA E GLI ARRESTI DI CARABINIERI E POLIZIA: OPERAZIONE SQUADRA STATO

Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state eseguite nella giornata di sabato scorso, 27 giugno 2020, da carabinieri e polizia, nell’ambito dell’operazione chiamata “Squadra Stato”, coordinata dalla Procura di Foggia, in eseguito all’evasione dal carcere del capoluogo dauno avvenuta il 9 marzo. Quella mattina, oltre 70 detenuti avviarono una protesta che sfociò in rivolta all’interno del carcere, dopo la comunicazione della sospensione dei colloqui con i familiari, in attuazione delle restrizioni disposte dal Governo Conte per contrastare la diffusione del contagio del Coronavirus. La struttura venne devastata in poche ore. Danni ingenti all’interno delle celle, dell’infermeria e di altri locali del penitenziario, al punto da rendere il complesso inagibile. Agenti della polizia penitenziaria rimasero feriti.
Le indagini, oltre a dare un voto e un nome agli evasi, alcuni dei quali si costituirono a distanza di qualche giorno, hanno ricostruito le ore successive alla fuga, partendo dalla visione delle immagini acquisite dagli agenti della Squadra Mobile (IV sezione Reati contro il Patrimonio) della Questura di Foggia e dai militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Foggia.
Non solo quelle registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza del carcere, anche quelle di una serie di attività presenti nella vicina zona del Villaggio degli Artigiani, dove hanno sede imprese per lo più di piccole dimensioni.
I NOMI DEGLI INDAGATI PER I QUALI E’ STATO ORDINATO L’ARRESTO IN CARCERE
I video hanno mostrato come diversi detenuti siano piombati all’interno di concessionarie di auto e officine meccaniche, mentre altri minacciavano automobilisti in transito: in entrambi i casi, gli evasi volevano le auto per proseguire la fuga. Ad essere identificati sono stati in 15: Ivan Caldarola, 21 anni; Maurizio Sardella, 50; Pasquale Fiore, 32; Cosimo Laviola, 40; Claudio Dascoli, 35; Berardino Dascoli, 37; Giovanni Lamparelli, 32; Davide Lacerenza, 21, rimasto indagato a piede libero; Gerardo Di Palma, 31; Dario Perrucci, 28; Alessandro Stella, 24 anni. Per tentata rapina, è stato arrestato Maurizio Ciociola, 33 anni.

L’accusa di rapina pluriaggravata era stata già contestata nei confronti di Walter De Cataldis, 26 anni; Salvatore Mele, 23; Michele Taurisano, 22, e Salvatore Carlino, 46, arrestati a distanza di poche ore dall’evasione e destinatari di ordinanza di custodia cautelare eseguita il 27 marzo, in riferimento all’irruzione all’interno di una concessionaria di auto.
Lo stesso giorno, provvedimento cautelare è stato notificato con l’accusa di aver rapinati l’auto a un passante: Emanuele Taurisano, 22 anni, di Brindisi; Salvatore Carlino, 46, di Taranto; Walter De Cataldis, 26, di Taranto, e Salvatore Mele, 33 di Taranto. Per altri tre detenuti evasi dal carcere di Foggia, Emmanule Pellegrini, 38 anni; Antonio Borromeo, 27, e il fratellastro Angelo Sinisi, 33, brindisini, l’accusa mossa di aver “costretto il conducente di un veicolo in transito ad arrestare la marcia, farlo scendere e impossessarsi del veicolo, così da allontanarsi rapidamente”.
IVAN CALDAROLA, IL PIU’ GIOVANE DEGLI EVASI: ACCUSATO DI VIOLENZA SESSUALE QUANDO ERA MINORENNE
Cardarola, quindi, è il più giovane tra gli evasi dal penitenziario della Capitanata. E’ tornato in carcere sabato scorso: per l’evasione da carcere aveva ottenuto gli arresti domiciliari lo scorso 30 maggio, sull’onda lunga delle attenuazioni delle misure cautelari durante l’emergenza sanitaria per il Coronavirus. Il 21enne, figlio di Lorenzo, ritenuto ai vertici del clan Strisciuglio nel quartiere Libertà di Bari, è accusato di aver fatto “irruzione all’interno di un’officina meccanica e dopo aver usato violenza sugli operai intenti al lavoro, si è impossessato delle chiavi di una autovettura Hyundai”. Caldarola, braccato dalle forze dell’ordine, mise fine alla fuga quattro giorni dopo: il 13 marzo si presentò negli uffici della questura di Bari, accompagnato dalla madre, Monica Laera e dal suo avvocato, il penalista Attilio Triggiani.

Nel penitenziario Foggia era detenuto per effetto del decreto di fermo (poi convalidato) emesso nei suoi confronti con le accuse di tentata estorsione ai danni del titolare di un’agenzia di pompe funebri nel quartiere Libertà di Bari, con conseguente incendio e danneggiamento dei locali sede degli uffici. I fatti si riferiscono al mese di novembre 2018. Da evaso, diventò “ricercato in tutta Italia con il profilo “alto-criminalità organizzata”, assegnato in relazione alla carriera, ricostruita sulla base delle inchieste nelle quali il giovane è stato coinvolto. Il barese è imputato con l’accusa di aver violentato una bambina di 12 anni, imputazione mossa, con conseguente rinvio a giudizio, quando Caldarola aveva 17 anni. E’ anche accusato di detenzione di armi.
La madre, Monica Laera, è imputata per l’aggressione ai danni della giornalista della Rai, Mariagrazia Mazzola: la donna sferrò un pugno in pieno volto all’inviata che stava realizzando un servizio sul ragazzo nel quartiere Libertà.
Laera è stata già condannata in via definitiva con l’accusa di associazione di stampo mafiosa, la stessa mossa nei confronti del marito Lorenzo Caldarola.
RESTA LATITANTE CRISTOFORO AGHILAR: REO CONFESSO DI AVER UCCISO L’EX SUOCERA

Rimane irreperibile e quindi latitante Cristoforo Aghilar, ritenuto estremamente pericoloso: il 36enne di Orta Nova, in provincia di Foggia, è accusato di aver ucciso Filomena Bruno, 53 anni, madre della sua ex fidanzata, la sera del 28 ottobre 2019. Ha confessato il femminicidio, all’indomani del fermo. Subito dopo la fuga, i familiari della donna sono stati trasferiti in una località segreta, tenuta sotto sorveglianza fissa, affidata a due pattuglie di carabinieri.
Aghilar, stando alla ricostruzione contestata come movente, pretendeva informazioni sulla ex fidanzata, 21 anni, con la quale trascorse del tempo in Germani. Non avendo più notizie su dove fosse la ragazza, il 27 ottobre raggiunse la donna in un bar di proprietà di un familiare. A distanza di 24 ore, il femminicidio: Bruno venne accoltellata nel suo appartamento. Secondo il legale che rappresenta la famiglia della vittima, Michele Sodrio, Aghilar premeditò l’azione: si sarebbe appostato la sera prima nell’abitazione della donna. Sono stati trovati i suoi peli nel lavandino del bagno, il che porta a non escludere l’ipotesi di Aghilar si sia addirittura fatto la barba. Il legale, inoltre, ha fotografato il divano del soggiorno, diventato giaciglio in attesa dell’arrivo della donna.
A Roma, intanto, nella sede del Ris, sono in corso accertamenti su alcuni reperti organici trovati nell’abitazione della donna, necessari per la comparazione con il Dna di Aghilar, così come disposto dal pm titolare del fascicolo d’inchiesta allo scopo di verificare se ci sia o meno stata premeditazione. In tal caso, l’accusa sarà modificata con l’accusa dell’aggravante.
Il nome di Aghilar figura tra i destinatari di ordinanza di arresto nell’inchiesta su un gruppo dedito agli assalti ai bancomat nella zona di Lanciano, la cosiddetta “Banda della marmotta”: per far esplodere gli sportelli usavano polvere pirica. Con rito abbreviato è stato condannato a quattro anni, nove mesi e dieci giorni, il 16 gennaio 2019, dopo l’arresto del 6 maggio dell’anno precedente. Il gruppo era composto da cinque persone e prese di mira il bancomat di Piane d’Archi che conteneva 57mila euro. Aghilar è anche coinvolto nell’inchiesta su assalti ai bancomat, sempre con la tecnica dell’esplosivo, avvenuti in provincia di Vicenza.
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