La cultura è in ginocchio e si alza in un unico coro che unisce migliaia di lavorator* della cultura e dello spettacolo in tutta Italia: convocateci dal vivo!
Sabato scorso, 30 Maggio, l’olandese volante non ha pubblicato nessun articolo.

Ero in sciopero. Sono scesa in Piazza, come tanti altri colleghi lavorator* dello spettacolo in 15 diverse città che si sono mobilitate per i diritti e le tutele delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo e della cultura.
E’ stata una giornata importante per la storia delle arti sceniche italiane.
ERAVAMO VENTIMILA!
Ed è solo l’inizio.
A Bari, eravamo oltre 200 lavorator* Pugliesi dello Spettacolo, arrivati da tutta la regione, nonostante la pioggia battente.
Su piccoli palchi improvvisati, cassette della frutta, bidoni, sedie, e una croce sulle nostre mascherine. Niente costumi di scena, niente passi di danza, solo persone, normali persone, lavoratori che lottano per i propri diritti. A dovuta distanza, ma uniti!

Lo spiazzo di fronte al Teatro Piccinni si è colorato di ombrelli e siamo rimasti li, fermi, sotto la pioggia, a ricordare a tutti che il Teatro è fermo. Che i lavoratori dello Spettacolo sono tanti, e vogliono tornare a lavorare, ma in sicurezza.
Vogliamo essere interpellati.
È stata una tappa importante, coronamento di mesi di lavoro e assemblee virtuali.
Ma è stata solo la prima.
Infatti mentre scrivo molti coordinamenti sono attivi per organizzare le prossime azioni.
Già ieri, un folto gruppo di artisti e associazioni, a seguito della manifestazione di sabato ha sottoscritto e inviato una lettera al Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, per ribadire ancora una volta l’importanza di essere ascoltati.

E ieri, giorno della Festa della Repubblica, oltre cento professioniste e professionisti pugliesi del comparto culturale e dello spettacolo dal vivo hanno sottoscritto un appello alla Regione Puglia affinché si attivi un circuito di sostegno economico alle realtà imprenditoriali e artistiche che, a causa del Coronavirus, hanno visto azzerate le attività lavorative a cui avrebbero dovuto prendere parte nel 2020.
Tra questi ci sono anche io.
Chiediamo alla regione Puglia di avvantaggiare un percorso di partecipazione dal basso, favorendo il massimo

coinvolgimento di tutti i lavoratori dello spettacolo e di tutte le realtà professionali pugliesi di concerto ai sindacati e alle associazioni di categoria, anche attraverso la reale attivazione dell’Osservatorio Regionale sulla Cultura.
Insomma, abbiamo trovato la nostra voce e ora non ci stancheremo di pretendere di essere ascoltati, in Puglia come in tutto lo stivale.
Ed è solo l’inizio.
Sostieni il Tacco d’Italia!
Abbiamo bisogno dei nostri lettori per continuare a pubblicare le inchieste.
Le inchieste giornalistiche costano.
Occorre molto tempo per indagare, per crearsi una rete di fonti autorevoli, per verificare documenti e testimonianze, per scrivere e riscrivere gli articoli.
E quando si pubblica, si perdono inserzionisti invece che acquistarne e, troppo spesso, ci si deve difendere da querele temerarie e intimidazioni di ogni genere.
Per questo, cara lettrice, caro lettore, mi rivolgo a te e ti chiedo di sostenere il Tacco d’Italia!
Vogliamo continuare a offrire un’informazione indipendente che, ora più che mai, è necessaria come l’ossigeno. In questo periodo di crisi globale abbiamo infatti deciso di non retrocedere e di non sospendere la nostra attività di indagine, continuando a svolgere un servizio pubblico sicuramente scomodo ma necessario per il bene comune.
Grazie
Marilù Mastrogiovanni
------
O TRAMITE L'IBAN
IT43I0526204000CC0021181120
------
Oppure aderisci al nostro crowdfunding
«Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia.»
Lo disse l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti con la tipica spocchia a l’autocompiacimento con cui è solito condire le sue bouta(na)de.
Il suo presidente del consiglio invece si chiedeva «Perché dovremmo pagare uno scienziato quando facciamo le migliori scarpe del mondo?»: chissà se ora, che abbiamo scoperto di non essere in grado neppure di produrre mascherine, ha trovato la risposta.
Era l’autunno del 2010. Da allora di governi se ne sono succeduti diversi e di diversi colori ma la situazione è persino peggiorata. Nel migliore dei casi il retropensiero della nostra classe dirigente (o digerente?) è che la cultura, nel senso più lato possibile, sia solo un orpello, uno svolazzo da aggiungere alle cifre del fatturato o a quelle del pil. Nel peggiore è invece qualcosa da guardare con sospetto e da stigmatizzare, come coloro che ne fanno sfoggio (“i parrucconi” come li ebbe a chiamare spregiativamente Renzi ai tempi del referendum sulla Costituzione), perché lontana dal “comune buon senso” dell’uomo della strada. La (dis)attenzione al vostro lavoro credo sia la logica conseguenza di tutto questo.
Quindi sì: è solo l’inizio perché è indubbio che dovrete fare la voce grossa per farvi ascoltare. Però è anche vero che fra tutte le categorie di lavoratori siete quelli che, proprio per mestiere, la voce la sanno usare meglio:
“voi avevate voci potenti, lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti adatte per il vaffanculo”.
(La domenica delle Salme, F. De Andrè)
Auguri.
grazie di cuore per il commento e per l’augurio.