Al sud la religione ha ancora un valore sociale e politico forte. Spesso questo genera mostri, come me. Vent'anni di tormenti religiosi raccontati apertamente. Un viaggio a puntate in una mente malata.
Parte 1. L'incongruenza finale. https://www.iltaccoditalia.info/2020/05/11/confessioni-religiose-parte-1/
Parte 2. Riflessioni sull'esclusività italiana. https://www.iltaccoditalia.info/2020/05/18/confessioni-religiose-parte-2/
Parte 3. The. . .
Seguo questo blog dall’inizio, e da subito mi è venuto voglia di fare qualche commento. Poi mi dico che conviene aspettare la fine, ma forse è meglio cominciare strada facendo, poi si vedrà.
L’argomento mi stimola molto perché sento di patire anch’io, pur partendo da una situazione (attuale) diversa, per un problema molto simile: mi capita a volte di bestemmiare, pur essendo cattolico, anche se non praticante, con una storia molto simile a quella di Francesco. Francesco ha messo Dio da parte, io ci credo, eppure l’esito è lo stesso: ci capita di bestemmiare, e da lì in poi la fatica di accettarlo. Da parte sua perché, da uomo di scienza, non accetta l’incongruenza. Da parte mia non tanto per l’uomo di scienza che è in me, anche se in misura minore, ma dall’uomo di fede.
Allora la prima cosa che constato è questa: se Francesco si tormenta con certe questioni, e io pure, forse non siamo così “matti” o “sbagliati”; forse tanti patiscono di cose simili, la differenza è che abbiamo preso la decisione di uscire allo scoperto e di parlarne.
La seconda cosa che mi viene da pensare è che non siamo solo mente razionale, logica; quella parte di noi che porta in certi casi a quell’esito finale –la bestemmia- è un’altra. Chiamiamola secondo cervello, pancia, istinto, fatto sta che a volte prevale quello sulla nostra parte razionale, e ci porta ad essere incongruenti.
Quindi, che si fa? Una volta individuato e messo a nudo, il problema non è risolto. E credo che nemmeno sia risolvibile del tutto. Negli ultimi anni, però, ho allargato un po’ il mio modo di vedere venendo a contatto, senza perdere la mia identità, con il buddismo. Senza “convertirmi” (a parte il fatto che il buddismo non è una religione, ma una pratica di vita), ma toccando con mano quanto possa essere salutare un giro ampio per poterti comprendere meglio, e alla fine confermare i tuoi valori di fondo che ne escono rafforzati.
Già è un passo avanti capire che non si è un’eccezione. C’è una realtà che ci accomuna, quella di essere uomini, con tutto il bagaglio che ci portiamo appresso. Il buddismo porta a valutare (non me ne vogliano gli esperti, i guru, cerco solo di esprimere le poche cose che ho capito) le azioni che si fanno non in base ad un giudizio etico come ci è stato insegnato nell’educazione cristiana: è “bene”, è “male”, è “giusto”, è “sbagliato”. Piuttosto, un’azione può essere “salutare” oppure “non salutare”. E già qui si tira un bel sospiro di sollievo: non c’è un Dio nascosto che mi osserva, pronto ad incenerirmi se faccio qualcosa di sbagliato, a premiarmi se faccio qualcosa di giusto. Dentro di me ho, piuttosto, una coscienza che mi può aiutare, se ben coltivata, a discernere fra ciò che “mi fa bene” e ciò che “mi fa male”. Per arrivare a scoprire, alla fine, che ciò che mi fa bene coincide con ciò che è etico, e ciò che mi fa male con ciò che è non etico. Molto simile a quando al cristiano che vive seguendo il bene già in questa vita avrà il centuplo, un anticipo del paradiso.
Continua…
Continuo il mio commento di ieri (Bianchi).
Prima di essere scienziati, uomini di fede religiosa, atei, siamo UOMINI. Un tutt’uno di corpo, mente, spirito…la divisione netta fatta a suo tempo da Certesio (res cogitans e res extensa) si è rivelata artificiosa, inadeguata a descriverci. Proprio come quando un modello in fisica cambia perché se ne è trovato uno che spiega meglio il fenomeno oggetto di studio. Negli ultimi anni le neuroscienze hanno contribuito in modo essenziale a collegare tutto in noi: la nostra fisicità, la natura senziente, la nostra mente, emozioni, pensieri. E si è capito molto bene che a volte non è certo la mente a pilotare le nostre azioni; il nostro cervello attraverso le esperienze si è plasmato, le connessioni fra neuroni dopo anni sono dei veri e propri sentieri che percorriamo, dalla sensazione alla percezione all’elaborazione all’azione che facciamo. Non ci deve supire, quindi, se ci capita di fare cose che non approviamo, che riteniamo non abbiano nessun senso…incluso il bestemmiare, o il rispondere come non vorremmo a un collega, un amico, alla nostra partner.
Tutto ciò non vuole dire che siamo destinati a essere sempre così; non possiamo certo cambiare i tratti essenziali della nostra personalità, che viene plasmata dalle esperienze fatte nei primi anni di vita. Possiamo però modificare il nostro modo di approcciare la vita, le nostre reazioni, in modo tale da “attenuare” ciò che non ci va. Scendendo sul piano tecnico, le soluzioni sono tante: dalla millenaria meditazione vipassana,a un suo prodotto più recente come la mindfulness. Impariamo a percepire la reazione sul nascere, a creare quel momento che ci serve per osservare la nostra sensazione fisica (cos’è? rabbia, gioia, tristezza? Dov’è? Nella testa, nelle viscere, nello stomaco?) e i pensieri associati. Ecco, già concederci questo spazio ci aiuta a conoscerci meglio, a diminuire l’intensità delle reazioni. Alla fine, a vivere meglio.
La consuetudine a guardarci come siamo, con gentilezza, senza giudicarci (non siamo poi tanto diversi uno dall’altro!), ad accettare la mutevolezza delle cose e dei nostri umori, ci dà un grande sollievo, e ci permette di gustare meglio la vita, tanto ricca. Ad accettare e amare gli altri per come sono. Sdoganando, una volta per tutte, l’idea che se vuoi amare realmente l’altro, accettandolo così com’è, devi prima farlo con te stesso. Ama il prossimo tuto come te stesso, e avrai il paradiso…questa la buona novella, l’ipotesi di partenza, storpiata poi nei millenni a seguire da una chiesa che si è appropriata del “lasciapassare” per il paradiso. Spostando l’attenzione dall’amore, unica legge, al giudizio, che ancora oggi ci portiamo dentro, come un peso, una vera zavorra che ci condiziona in ogni istante.
Dalla teoria alla pratica ce ne passa…comunque, richiamando Bertrand Russel, la scienza è esatta, non lasciamoci traviare dai fatti!
Mi scuso di essermi dilungato, ma l’argomento toccato in questo blog mi coinvolge molto profondamente, mi stimola, e credo che sia importante condividerlo, per le nostre vite. Per questo ringrazio Francesco e concludo con un…let’s keep in touch!