Capristo, le parole mostruose del “club dei fedelissimi”

Il “centro di potere” di Carlo Maria Capristo, ex procuratore di Taranto e prima ancora di Trani, ai domiciliari, che usava la forza del ricatto e dell’intimidazione, con legami tentacolari in altre istituzioni e gangli nevralgici dello Stato, per controllare un territorio

di Marilù Mastrogiovanni

Sei uno del club”, “la cerchia loro”, “la cerchia dei fedelissimi”. Lei “è un’amica nostra”. Quello “è stato boicottato”. Io “mi onoro”. “E’ un fratello, veramente veramente”. “Al posto suo c’è un galantuomo e un amico suo”.

Comandiamo ancora noi là”.

Prendete queste frasi e immaginate quale tipo di potere possano esprimere.

Quali legami. Di sangue. Di affari. Di fratellanza. Di connivenza.

Se le immaginate in bocca a uomini e donne dello Stato diventano parole indigeste. Non ci stanno bene, vero?

Invece potete prendere queste parole, queste frasi, e metterle in bocca a qualunque sistema di potere, anche mafioso. Calzano alla perfezione, giusto?

Calzano alla perfezione in ogni sistema simbolico di potere basato sull’esercizio della forza, della prevaricazione, dell’intimidazione, del ricatto. In ogni sistema polarizzato: o con me o contro di me. Se sei contro di me, allora sei nemico e ti faccio fuori con ogni mezzo, lecito e illecito.

Quando poi la forza di cui stiamo parlando, cioè quella che è espressa da un sistema di potere, viene usata per controllare un territorio, si configura il reato di mafia.

Ebbene, queste parole, non sono uscite dalla bocca di un boss al 41 bis, ma sono uscite dalle bocche del “club” dei “fedelissimi” dell’ex procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo. In alcuni casi le ha pronunciate lui stesso.

Se le parole sono importanti, quelle che disegnano il sistema simbolico di potere che, secondo gli inquirenti, era in grado di tirare le fila all’interno della procura di Trani, arrivando fino a Roma, sono da brivido.

L’amica nostra” era l’attuale presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.

Quelli contrari a quel sistema di potere erano “i comunisti di merda”.

Emerge un centro di potere a Trani, denominato “i fedelissimi”, che include pubblici ufficiali e soggetti privati, legati al procuratore Capristo, capaci non solo di influenzare le scelte di quella Procura, ma anche di coinvolgere altre istituzioni”, scrive la gip Antonella Amodeo (un’altra donna), che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare per Capristo, Di Maio (suo successore a capo della procura di Trani), un poliziotto, tre imprenditori.

Scrive anche la gip che quel “sistema di potere” che faceva capo a Capristo, “si inventava accuse su richiesta”.

Io cerco di immaginare, senza riuscirci, il momento esatto in cui l’uomo diventa mostro e quella mostruosità prende forma e diventa parola. E quelle parole sono esattamente lì, scolpite, sono pietrre che fluttuano nell’aria, prendono corpo, a testimoniare il suo essere passato dall’altra parte. Dalla parte della mostruosità dis-umanizzante.

La parola, il verbo, è ciò che noi siamo. Ciò che è, è ciò che viene detto. Quello che non è, non ha la forza di diventare parola.

MI chiedo: quando, la mostruosità, prende forza e diventa parola?

Ognuno di noi ha cattivissimi pensieri incoffessabili che rimangono lì, pura elaborazione neuronale. Prendono sostanza, solo se vengono pronunciati. E dopo essere stati pronunciati, rischiano di diventare azione. Anzi, lo sono già, se vengono detti.

Qui, la mostruosità prende corpo, in azioni e parole. Senza vergogna.

Un “centro di potere” che usava la forza, del ricatto, dell’intimidazione, con legami tentacolari in altre istituzioni e gangli nevralgici dello Stato, per controllare un territorio: la procura di Trani.

Date voi il nome a tutto questo. Fatelo con una parola sola.

PER SAPERNE DI PIU’

Silvia Curione, magistrata magistrata, altro che “bambina mia”

Corruzione, truffa e falso: arrestato Capristo, capo procura di Taranto

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