Il Procuratore della Repubblica di Taranto, Nicola Maria Capristo, è agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione in atti giudiziari, truffa ai danni dello stato e falso. Lo stesso provvedimento è stato eseguito a carico di un ispettore della Polizia in servizio nella Procura tarantina e di tre imprenditori della provincia di Bari.
L’inchiesta, cominciata un anno fa, è portata avanti dalla Procura della Repubblica di Potenza.
Secondo l’accusa Capristo, già indagato per abuso d’ufficio dalla procura di Messina, cercò di spingere la pm Silvia Curione della Procura di Trani a perseguire ingustamente una persona per usura, facendo paventare delle ritorsioni nei confronti del marito della pm e sostituto procuratore a Taranto, Lanfranco Marazia. Secondo gli inquirenti, la falsa accusa avrebbe procurato alle false vittime di usura, cioè tre imprenditori baresi, di poter beneficiare delle agevolazioni statali e dei finanziamenti a fondo perduto destinati alle vittime degli usurai.
La pm Silvia Curione si rifiutò di piegarsi al tentativo di condizionamento e in una dettagliata relazione denunciò l’accaduto.
Secondo la procura di Potenza, guidata da Francesco Curcio, Capristo cercò anche di indirizzare l’esito dell’inchiesta aperta a seguito della denuncia della pm Curione, e per questo è indagato con l’accusa di abuso d’ufficio e favoreggiamento anche l’ex procuratore di Trani Antonino Di Maio, succeduto a Capristo.
Ai domiciliari sono anche finiti l’ispettore Michele Scivittaro, in servizio presso la Procura di Taranto, accusato come Capristo di Truffa ai danni dello Stato e falso, e tre imprenditori baresi, Cosimo, Gaetano e Giuseppe Mancazzo.
LA DENUNCIA-ESPOSTO DELLA PM SILVIA CURIONE
La magistrata in un dettagliato esposto-denuncia scrive: Il “materiale acquisito mi convinceva della infondatezza della notizia di reato e mi portava altresì a dubitare della genuinità della narrazione posta a base della denuncia-querela, tant’è che incardinavo un autonomo modello 21 a carico dei fratelli Mancazzo per il delitto di cui all’articolo 368 codice penale in danno di Cuoccio”. Per tale motivo, scrive, “avanzavo richiesta di intercettazione telefonica sulle utenze in uso ai fratelli Mancazzo, al loro cugino Angelo e a Cuoccio. L’aspetto che maggiormente rileva ai fini della presente relazione è che in data 16 aprile 2018 sì è presentato nel mio ufficio Michele Scivittaro, agente della polizia di Stato che a Trani collaborava con il Procuratore dottor Capristo, con cui tuttora collabora presso la Procura di Taranto. Io l’ho fatto accomodare proprio perché conosciuto in quanto tale (…). Io mi limitavo a riferire al predetto che avrei prontamente definito il fascicolo (in realtà avevo già approntato la richiesta di archiviazione che tuttavia non avevo ancora depositato, in attesa di avere certezza sulle utenze telefoniche effettivamente in uso agli interessati e oggetto di intercettazione) e che se i denuncianti avessero inteso chiedere il sequestro di effetti cambiari, avrebbero dovuto depositare apposita istanza. La visita dello Scivittaro mi ha lasciata perplessa, tanto che informavo immediatamente la S.V. tramite sistema whatsapp”.
“BAMBINA MIA”: LE ESPRESSIONI SESSISTE DI CAPRISTO
Dopo a richiesta di archiviazione, la pm ha accceso i microfoni per intercettare Scivattaro: “Inoltre, sia pure con linguaggio criptico, dalle intercettazioni si evince che la richiesta di archiviazione è stata sottoposta al dottor Capristo e che questi avrebbe riferito di voler visionare l’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione prima del deposito da parte dell’avvocato. Faccio presente – scrive la pm – che allorché gli interlocutori usano l’espressione “bambina mia”, il riferimento è chiaramente fatto a chi scrive, poiché il dott. Capristo era solito chiamarmi in questo modo (d’altronde è inequivocabile anche il riferimento a mio marito, di Bitonto, che svolge funzioni di sostituto procuratore presso la Procura di Taranto), così come il riferimento al “ragazzo del maestro” è chiaramente operato a Michele Scivittaro, collaboratore del dottor Capristo”.
Di Maio però, a cui la denuncia della pm era stata indirizzata, non ha mai aperto un’inchiesta su Capristo, a cui gli era succeduto. A quel punto la indagine è stata avocata dalla procura generale di Bari e passata a Potenza per competenza.
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