Ti amo per tutto ciò che sei, tutto ciò che sei stato, tutto ciò che devi ancora essere.
(Ernest Hemingway)
di Barbara Toma
Oggi sono in vena di dichiarazioni d’amore e confessioni pericolose.
Sai, in questo periodo, ho pianto spesso pensando a te. E ora sento di doverti scrivere tutto il mio amore, tutta la mia stima, tutta la mia gratitudine, per quelli che restano gli anni più belli della mia vita. I nostri 16 anni di vita insieme.
Il nostro non è stato esattamente un amore a prima vista, è stato qualcosa di graduale, ma in costante crescita. Niente a che fare con una sbandata, o con una passione travolgente. No, la nostra è una storia importante, di quelle in cui ti senti subito a tuo agio, a casa.
Una di quelle storie in cui tutto accade in modo naturale: ci si incontra, si sta insieme, non ci lascia più, ci si ritrova a convivere, senza fatica, senza compromessi, come fosse la cosa più naturale del mondo, come fosse sempre stato così, e il tempo vola via in un attimo.
Milano mia, il nostro è proprio un grande amore.
Un amore finito per sbaglio, anzi, per finta, solo su carta, ma ancora vivo…
Quando sono andata via ero ferita, delusa, confusa, cercavo un posto dove ‘temporaneamente’ leccarmi le ferite, un luogo dove riprendermi, per poi tornare tra le tue braccia, come sempre!
Ma la vita è imprevedibile e sono ancora qui, impigliata in quella che oramai sembra essere diventata una sorta di sfida personale: restare, in barba a tutto.
Milano. Mi-la-no. Tre sillabe che racchiudono tutto ciò che più amo. Spontanea, passionale, combattiva, antifascista, pragmatica, disciplinata, notturna, piena di vita e poliglotta.
Adoro quel tuo perfetto mix di ingredienti amalgamati insieme. Un perfetto connubio tra nord Europa e sud del mondo.
Oggi vedo le immagini delle tue strade vuote, leggo i bollettini di morte di questa maledetta epidemia, sento gli amici rimasti lì, ascolto le loro testimonianze, immagino le loro vite chiuse ormai da troppo tempo nei loro appartamenti cittadini, riesco a sentire le sirene delle ambulanze che sfrecciano per le tue vie.
Seguo le dirette, leggo le news, scopro le iniziative dei teatri, delle scuole, dei centri culturali, delle librerie, delle radio, di tutti i luoghi che ti muovono e che ho vissuto con te.
E mi sento in colpa per essere lontana in un momento così difficile.
Vorrei essere lì, ora che tutti ti puntano il dito contro, ora che sei passata dall’altra parte. Oggi più che mai vorrei essere lì a sostenerti, come hai fatto tu con me.
Maledetti coloro che ti hanno ridotto così!
Gentaglia priva di vergogna, delinquenti senza dignità.
Il mio amico Folco (Orselli), coetaneo e cantautore che tu conosci bene, una volta disse: ‘Milano è come una bella donna con un grande culo e niente tette, ci devi girare intorno, devi cercare nei bassifondi per scoprirne le qualità..’
La tua bellezza non è sfacciata, non è alla portata di tutti, è nascosta, come i tuoi giardini, ed è irresistibile…
Ti presenti indifferente e con la puzza sotto il naso, invece sei piena di compassione e accogliente come pochi.
Sei la più piccola tra le grandi città, ma sei la più viva, la più produttiva, la più terrona di tutte.
Sempre avanti con i tempi.
Sei la città dove tutto accade (nel bene e nel male). Centro nevralgico del Bel Paese. Oggi anche centro della sofferenza.
La tua periferia, i tuoi centri sociali occupati, le case di cultura, le grandi manifestazioni, i cittadini sempre pronti a scendere in strada… Milano antifascista sempre!
Milan l’è semper un gran Milan.
Mi hai accolto subito aprendomi le porte di uno dei tuoi più bei teatri, mi hai dato la possibilità di crescere e di lavorare con la mia danza. Di coltivare i miei sogni.
Con te non ho mai avuto un giorno senza lavoro, senza il MIO lavoro. E in cambio ti ho dato tutta me stessa. Ti ho dedicato tutte le mie energie, ho lavorato per portare la danza, il teatro, la poesia e la bellezza anche in periferia, fino a trasferirmi io stessa ai margini della città, per imparare a conoscere meglio il pubblico del teatro in cui cercavo di costruire e condividere sogni…
Poi, di punto in bianco, mio malgrado, tutto si è fermato. Ero profondamente ferita, delusa, confusa e, come una sciocca, ho fatto ciò che avevo sempre promesso di fare: una volta rimasta senza lavoro, sono andata via.
Troppo orgogliosa, troppo ferita, troppo innamorata di te per cercarti (forse anche troppo convinta che non ti avrei mai perso veramente), ti ho tolto il saluto, ti ho evitato.
Amore mio, quando ti diranno che t’ho dimenticata, e anche se sarò io a dirlo, quando io te lo dirò, non credermi.
(Pablo Neruda)
Ti faccio una confessione: in cuor mio io ero pronta a tornare, aspettavo solo che mi richiamassi a te, aspettavo un tuo segno, la prova che il nostro amore fosse ancora reciproco, ancora vivo e, forse, sto ancora aspettando…
Tornerai a splendere Milano, più bella e più sana che mai. Le tue strade torneranno a riempirsi di gente che, come me, si perde nei tuoi occhi.
E saremo ancora insieme, a far le cose di sempre. Ma, forse, meno invisibili. Danzeremo, faremo aprire i sipari, rideremo, canteremo, correremo mano nella mano, percorreremo in bici strade nascoste, bellissime, alberate, costeggiando campi di calcio e orti di quartiere dietro ai palazzoni di Gratosoglio, ci rilasseremo al parco e alla biblioteca di Chiesa Rossa, poi prenderemo la verde, per un caffè in Triennale (solo per sgattaiolare via e fare un giro dietro le quinte del palco che fu il CRT Teatro dell’Arte). Passeremo da Paolo Sarpi e cammineremo fino a Maciachini, danzeremo in qualche piccola sala a Niguarda, torneremo in Città Studi per ricordare i vecchi tempi, faremo un salto in Tucidide e ceneremo alla balera dell’Ortica, faremo le spese all’Esselunga (ma senza maschere e senza fila per entrare). Torneremo a commuoverci alla Scala e, sopratutto, torneremo a manifestare, riempiremo le strade in migliaia, uno appiccicato all’altro.
Sarà bellissimo prendere un aperitivo al Frida e mangiare all’indiano da asporto lì di fronte. Sarà bellissimo visitare la Fabbrica del Vapore, scoprire tutte le tue novità e sorridere ripensando al BULK.
Andremo a sentire i giovani poeti di ZAM e, naturalmente, ci ubriacheremo sprofondati nelle poltrone del Cicco Simonetta.
Percorreremo tutto viale Bligny a piedi, citofoneremo ad Alberto, cammineremo accanto alla Bocconi, (e ci risalirà ancora la rabbia per aver perso la sala dell’U.S.I.).
Passeremo dagli amici di Animanera e poi mangeremo e giocheremo a carte con i vecchietti all’Arci Bellezza.
Vagheremo nella notte, felici, passando per l’Ohibò, per salutare gli amici del caffè Bandini.
E faremo l’amore, più stretti che mai.
Resisti Milano mia bella. Resisti!
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