Compiere il miracolo

E’ arrivata anche la Pasqua.

Questa festa così unica e importante, che onora la morte e celebra la rinascita.

Questa festa apparentemente così cara agli italiani.

Io non nutro particolari sentimenti né per questa, né per alcuna delle altre festività religiose, se non un profondo senso di rispetto.

Ma ci accomuna la passione per la morte (che per me è sempre legata a una rinascita).

Io sono una fenice e per questo la Pasqua mi è conforme.

Ma ho grandi difficoltà a concepire la grande sofferenza di chi oggi si lamenta perché dovrà passare la Pasqua a casa, sono troppi per essere veri. Di cosa si lamentano davvero?

Quanti sono i reali credenti e praticanti, tra quelli che non potranno andare in chiesa?

Tutti a lamentarsi della Pasqua in quarantena, come se fossero credenti, come se non potesse essere semplicemente una domenica qualsiasi.

La verità è che, mi spiace dirlo, ma non riesco a fare a meno di pensare che alla maggior parte interessi solo fare una scampagnata.

Niente di male, per carità, anzi!

Ma asteniamoci dall’usare un rito religioso come scusa per i nostri bisogni, non è dignitoso, vi pare?

Per quanto mi riguarda, sono molto più legata al 25 Aprile.

Ma tanto, da quando vivo qui, tutte le feste hanno sempre lo stesso sapore, tutte scuse per fare una scampagnata, compreso il primo maggio.

Mia zia è credente. A 80 anni ha imparato a usare internet benissimo.

In questi giorni è in collegamento diretto con il papa, a volte la chiamo e risponde: ‘ora non posso, c’è il papa, stiamo dicendo il rosario’.

Anche Theresa (20 anni) è credente. Martedì mi ha annunciato che questa settimana, dalle 18 in poi, non potrà lavorare, perché deve seguire le sante messe. E così ieri sera si è chiusa in stanza e ha pregato, non con il papa però, che non lo capisce.

Mi ha descritto una messa recitata da un vescovo austriaco, in compagnia di solo altre due persone: un prete e un musicista. A dovuta distanza naturalmente.

Uscita dalla stanza sembrava provata, raccontava di un esperienza strana, ma commovente.

Mi è rimasta impressa la sua descrizione del momento in cui ci si scambia il segno della pace, ha detto: ‘si sono scambiati sguardi simili a strette di mano’.

Sguardi simili a strette di mano.

La coreografia delle nostre vite è cambiata.

Mi tornano alla mente le immagini del Papa in mondovisione, che celebra messa vestito da alta cerimonia, tutto solo in una grande piazza, vuota e resa ancora più spettrale dalla luce dell’imbrunire e dalla scenografia sontuosa…

Alla morte segue la rinascita. Alla morte segue la rinascita. Alla morte segue la rinascita.

La nostra civiltà è agonizzante, approfittiamo della situazione, prendiamo coraggio e infliggiamole il colpo di grazia. Che per rinascere bisogna guardare la morte in faccia, darle il benvenuto, aprirle la porta. Saremo capaci di usare questo tempo regalato per immaginare rinnovati modi e inedite gerarchie da proporre e imporre al mondo?

Ci parlano solo di fasi.

fase 1

preparazione fase 2

fase 2

In una situazione già grave, come al solito, si fa leva sulla paura della gente.

Che un popolo spaventato si governa meglio.

Saremo controllati a vista,

Avremo i checkpoint per le strade.

Ogni due settimane ci annunciano un nuovo prolungamento del lockdown assoluto, ma nessuno si è ancora degnato di fare un ammissione di colpa, di chiedere scusa per i danni causati.

E intanto, mentre restiamo sospesi in questa bolla temporale, si prospetta un futuro prossimo fatto di ristoranti con tavoli per uno, mezzi pubblici con la metà delle sedie, posti alternati ovunque (c’è addirittura chi ipotizza che a settembre si tornerà in classe a turno, per evitare le classi affollate).

Per assicurare la distanza di sicurezza si lavorerà per creare spazio.

E così il vuoto entrerà a far parte del nostro quotidiano, i posti vuoti ci faranno compagnia ovunque, come delle assenze onnipresenti, sempre lì, pronte a ricordarci chi non c’è, chi non ce l’ha fatta o chi è invisibile.

Le famiglie che non hanno più di che fare le spese e aspettano in fila davanti alla Caritas, i malati che attendono di essere operati o almeno visitati, i morti andati via senza un saluto, i rifugiati, lasciati in balia del virus, dimenticati, le tante vittime di violenza…

Io osservo tutto e sto.

Voglio solo sentire il mio respiro, ora.

Voglio solo mantenere una posizione, allungare una determinata parte del corpo, rilassare le tensioni nel collo, farmi attraversare da luce e energia.

Rifiuto le dirette streaming, oggi riesco a muovermi solo per me, in forma privata, intima.

Non ho nulla da dire, se non che solo la poesia continua ad aver senso per me, solo il ‘futile’ mi risulta sempre più vitale.

E io sto e mi cospargo di poesia, in attesa di uscire di qui e, ancora una volta, compiere il miracolo e rinascere dalle mie ceneri.

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