Acqua azzurra acqua chiara

Una storia all’italiana. Un villaggio turistico costruito in zona agricola. Reato accertato dopo 11 anni di processo, ma ormai prescritto. Liberi tutti quindi. I proprietari erano in buona fede, ha stabilito la Cassazione, revocando il sequestro delle 200 villette sul litorale nord di Brindisi. 
Nei primi due gradi di giudizio erano stati condannati il costruttore Vincenzo Romanazzi, il notaio Bruno Romano Cafaro, il progettista Severino Orsan e l’ex dirigente comunale Carlo Cioffi. Reato prescritto anche per loro. 
La Regione è parte lesa, ma la quantificazione del danno si stabilirà in sede civile. 
La Guardia di Finanza aveva sequestrato l’area nel 2008: la lentezza della “giustizia” ha reso invano il complesso lavoro d’indagine di decine di uomini e donne delle Fiamme gialle. In Italia delinquere conviene. MLM

 

di Thomas Pistoia

Non ho mai sparato in vita mia, ma ho preferito comunque procurarmi una pistola. Le armi da taglio non fanno per me. Per usarle bisogna essere assassini di professione: stare vicino alla vittima, guardarla mentre subisce i colpi, sentire il calore del suo sangue sulle mani e sui vestiti. Bisogna saper cogliere l’attimo in cui muore.

Un proiettile è altra cosa.
E’ forse più vile, ma è più veloce, non ci si sporca. Io non sono un vile, ma non ho lo stomaco, non sono abituato e comunque sono qui per compiere una vendetta che farà più male a me che allu Nzinu. L’assurdo, il grottesco sta nel fatto che siamo entrambi molto vecchi, tutti e due abbiamo già un piede nella fossa. Uccidendolo abbrevio di poco la sua permanenza in questo mondo e rendo eterna, invece, la mia dannazione. Ma questa è una vendetta e le vendette non hanno mai una logica, sono geneticamente folli.
So come e dove colpire, mi sono addestrato con dei barattoli. Devo solo riuscire a puntare bene questo gingillo, mettere in linea il mirino con il cranio dellu Nzinu e premere il grilletto senza farmi portare via dal rinculo. Poi sarà fatta, potrò porgere i miei polsi alle forze dell’ordine e lasciarmi condurre in carcere. Sfrutterò la lentezza della legge, proprio come ha fatto, in tutti questi anni, il mio bersaglio. E avrò in più, dalla mia parte, la strana riottosità che hanno i giudici a far finire dietro le sbarre gli anziani. Che se sei anziano e hai sparato a uno, nu ssì assassinu lu stessu? No, se hai una certa età finisci ai domiciliari, o in una clinica. In carcere no. Boh.

Soprattutto quando, come nel mio caso, sei una vittima che si trasforma in carnefice, uno che ha perso, almeno apparentemente, la capacità di intendere e di volere, la giurisprudenza ha, come dire, un occhio di riguardo.
Comunque, se non fosse stato per quel giornale, me ne sarei rimasto zitto e buono come ho fatto in tutti questi anni, che io sono prima di tutto una persona onesta e perbene. Invece lu Nzinu ha voluto fare il gradasso, ha voluto riempirsi la bocca, come suo solito. Per le nozze d’oro sue e della sua signora ha fatto realizzare una vera e propria rivista, un rotocalco simile a quelli che si trovano dai parrucchieri, tipo Chi, Oggi, Gente, quella roba lì. E dentro… roba da pazzi. Articoli che parlano di lui e di sua moglie, foto e fatti di famiglia. Un giornale pubblicato e distribuito per solleticare l’ego della coppia, insomma.

 

Quanto avrà speso? Quante decine di migliaia di euro ci vogliono per fare una cosa del genere? Me lo sono chiesto, sì, e non mi sono saputo dare una risposta. Ma non è stato questo a farmi prendere la decisione. Mi sono domandato – anzi, ho domandato a lui, allu Nzinu, in quel momento, come se ce lo avessi di fronte – ho detto: “Nzinu, tu lo sai dov’è mia moglie? Te lo dico io, strunzu. E’ dentro una tomba. E’ colpa tua? No. No, non è colpa tua. E’ morta di cancro. Però non nella propria casa, bensì in un appartamento in affitto. E questo sì, questo è colpa tua. Perché la mia Cecilia ha lavorato sin da ragazza con questo preciso obiettivo: avere un tetto sulla testa che fosse suo, suo e mio, un nostro nido. Per decenni abbiamo fatto sacrifici, sputando lacrime e sangue, privandoci di tutto il superfluo, rinunciando a cene fuori, cinema, teatri, guidando un’utilitaria vecchia e stanca, vestendoci al mercatino rionale del giovedì. E come due formichine, briciola su briciola, dopo molto tempo, abbiamo messo insieme il capitale necessario a fare il grande acquisto. Col mutuo (per ottenere il mutuo occorre avere il capitale. La banca se non hai i soldi, non ti presta niente)”.
E – dicevo – c’erano in giro queste pubblicità: grandi manifesti che spiccavano sui palazzi cittadini. Annunci altisonanti di case. Sì, case c’era scritto! Non residence, alloggi turistici, trulli, bungalow o tende canadesi! Case. E se uno legge case, va a vedere, e trova tipo delle villette a schiera, un complesso edilizio con tutti i crismi, e il notaio rogita a ripetizione senza batter ciglio, è ovvio che poi quando la moglie gli dice “questa mi piace”, firma il compromesso senza alcuna remora, come fosse un dono per lei, tipo un anello di brillanti.
Qualcuno mi ha detto: “Fessa sì statu! Dovevi controllare!”.

Sì, avrei dovuto farlo. Perché non bisogna mai credere o sperare che il tuo prossimo sia disposto a fare bene e con correttezza il proprio lavoro. Non bisogna mai scordare che tutto gira intorno ai soldi e che c’è gente che per loro farebbe qualsiasi cosa.
Insomma, una mattina, pochi giorni dopo l’acquisto, ci chiama un vicino di casa e ci dice di correre che c’è la Finanza. La Finanza? E a far che? Arrivati presso la nuova casa, siamo stati assordati dal rumore di un elicottero che incrociava sopra il complesso residenziale. Intorno, decine di auto delle Fiamme Gialle, agenti in borghese, procuratori della Repubblica, sulle prime abbiamo pensato che in casa nostra si fosse rifugiato quel boss della mafia, quello lì che non sono mai riusciti a prendere…

Poi abbiamo visto i sigilli. Sulla porta. Sulla porta di casa nostra.
Nzinu, maledetto Nzinu! Avevi costruito delle case su un terreno ad uso di edilizia turistica, vendendole poi come se fossero residenziali.
Abusivo. Era tutto abusivo. Il sogno di una vita della mia Cecilia, quel giorno, è stato posto sotto sequestro e spezzato senza pietà.

Le istituzioni non hanno mosso un dito. Sarebbe bastato cambiare la destinazione di quei terreni, mettere in galera lu Nzinu, il notaio e chiunque altro fosse coinvolto. Invece qualcuno di loro aveva interessi nell’affare, qualcun altro ha preferito l’ignavia

E’ cominciata quel giorno una trafila giudiziaria che non è ancora finita e forse non finirà mai. I giudici, nel tempo, si sono trovati davanti al dilemma più grande: far rispettare la legge e lasciare gente innocente senza casa, oppure abbandonarsi alla giustizia e restituire le case a quelli che hanno sostenuto tanti sacrifici per acquistarle? Su questo caso è stata interpellata pure la corte di Strasburgo. Me li immagino, quegli altri magistrati, mentre si passano l’un l’altro gli incartamenti e si dicono, ridacchinado “Regard, regard mon amì, chell ch’ont combiné sta fiat, les italiens!”

E i veri colpevoli? E lu Nzinu? Prescritti. Lui, il notaio e tutti gli altri, impuniti e liberi.
Sì, sono liberi e, a pensarci è meglio così. Se li avessero messi in galera, avrei avuto difficoltà ad avvicinarli. Invece, Nzinu, so dove abiti, so dove trovarti. Guardami. Sembro vero, qui, col cuscino di fiori tra le braccia e l’uniforme da fattorino. La pistola sta tra i petali e le foglie. Busso al campanello, tua moglie apre la porta e dice buongiorno. Proprio lei. Volevo accoppare te, ma questo è un segno divino.
“Buongiorno, signora, ho da recapitarle un omaggio di suo marito”.
“Guardi che quello è un cuscino funerario” dice lei, sorridendo e pensando a un errore di qualche inserviente.
“Nessun errore”, dico io. E sorrido più forte.
Poi il rumore, il rinculo, il cuscino di rose che si sfalda, che si spezza in mille frammenti, la sorpresa, la caduta, la morte.
E io che, con le mani

lara-lalalla

con le mani
posso finalmente bere

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