Un carico molto prezioso

di Barbara Toma

“Aspettiamoci il meglio mentre ci prepariamo al peggio”
(Aung San Suu Kyi)

Nella danza ogni particolare è importante: un gesto, un piccolo movimento, assumono un significato diverso in scena. È tutto enfatizzato, come se il corpo fosse costantemente osservato sotto una lente di ingrandimento. Un semplice gesto della mano, uno sguardo, un piccolo sussulto del corpo, cose che normalmente potrebbero benissimo passare inosservate, in scena diventano molto importanti.

Se sul palco ci sono tanti danzatori e tutti, mentre ballano, guardano in una direzione, mentre uno solo, pur danzando all’unisono con gli altri, ha lo sguardo puntato altrove, il pubblico lo noterà. E la cosa influenzerà la drammaturgia dell’intero spettacolo.

Penso a questo mentre ragiono sull’importanza dei particolari anche nel quotidiano, nella vita di tutti i giorni, nel linguaggio, scritto o parlato, e nei comportamenti delle persone, e su come ogni percorso sia continuamente segnato da particolari che fanno la differenza; una scelta, una distrazione, un incidente, un errore possono cambiare il nostro destino.

L’errore mi ha sempre affascinato.

Il mio mestiere ha a che fare con lo studio, la memoria, la coordinazione dei movimenti delle persone e delle scene, la precisione nel tempo e nello spazio, fin nei minimi dettagli.

Ma lo spettacolo dal vivo presenta tante incognite, perché soggetto agli imprevisti. 

Ed è proprio questo che lo rende così unico e profondamente affascinante.

Andare in scena comporta avere il coraggio di correre dei rischi.

Grazie a questa peculiarità del mio mestiere ho imparato che errori, contrattempi e avversità non sempre sono negativi, anzi, possono stimolare la creatività e, a volte, costringendoci a seguire percorsi inaspettati, possono guidarci verso risultati incredibilmente positivi.

A volte.

Altrimenti, appunto, segnano una svolta irreparabilmente negativa.

La leggerezza con cui, apparentemente, molti Italiani hanno segnato una croce sulla scheda elettorale, domenica scorsa, è quanto di più spaventoso ci possa essere.

Così come è spaventosa la leggerezza con cui tanti, tantissimi, hanno deciso di non prendere in mano quella matita.

Forse ci hanno abituato a tal punto alle loro discussioni accese, ai loro toni aggressivi, ai loro progetti per le grandi opere, i grandi eventi, le grandi promesse, ci hanno rifilato così tante abominevoli bugie che tutto il resto ci appare incredibilmente piccolo e insignificante.

Una piccola croce su un foglio, cosa vuoi che sia?

Domenica ho scoperto che, a quanto pare, dopo tutti questi anni, ho mantenuto lo sguardo di un’Italiana all’estero, cavolo, sono davvero l’Olandese Volante!

Mi sono recata alle urne spinta da un profondo senso di responsabilità, ma forte di un’ingenua positività. Ero profondamente convinta di ciò che sarebbe accaduto.

Tutta l’Europa stavolta avrebbe dato un segnale chiaro. Come me, in tanti avrebbero finalmente scelto di abbandonare il voto utile per dare man forte a chi davvero potrebbe rappresentarli.

(Sempre nella danza, quando in scena danzano tutti, tranne uno, quello, prima o poi, catalizzerà tutta l’attenzione su di sé, diventando protagonista assoluto. E questo mi fa pensare alla giovane Greta e ai tanti voti che, da sola, è riuscita a portare ai Verdi)

Credevo fortemente nella rinascita dei Verdi e della sinistra.

E infatti così è stato.

Altrove.

Nelle altre nazioni, grazie gli altri cittadini d’Europa, compresi gli Italiani che hanno votato all’estero.

Ma non qui. Non grazie a noi.

No, il populismo e l’estrema destra non hanno vinto, il parlamento Europeo ha una maggioranza di socialisti, democratici e verdi.

Ma è inutile illudersi, abbiamo comunque perso.

Hanno vinto negligenza e superficialità, ha vinto chi si lascia distrarre facilmente, chi non si accorge dei puntini, dei piccoli particolari e, diciamolo, nemmeno delle grandi linee!

Che sia voluta, inconsapevole o forzata, ha vinto la cecità.

Tutti talmente abituati a vedere immagini video, a volte anche molto forti, sui piccoli schermi degli smartphone, da non distinguere più un particolare da un colosso.

Cosa vuoi che sia un puntino bianco che sparisce nel blu di un piccolo video?

Cosa vuoi che sia una voce che, con calma, continua a ripetere:
‘may day relay,  may day relay, imbarcazione in pericolo, alla deriva, imbarca acqua. Le persone a bordo si trovano in imminente pericolo di vita. È richiesta assistenza immediata. Siete la nave più vicina, per favore cambiate rotta e rispondete alla radio. May day, relay’.

Quel puntino bianco era una persona.

Quel puntino bianco, a quanto pare, poteva essere salvato.

E non importa se in una delle imbarcazioni avvistate e soccorse in questi ultimi giorni ci fosse davvero una bimba di 5 anni priva di vita.

Perché donne, uomini e bambini, continuano a morire ogni giorno nell’indifferenza più assoluta.

E , quando non muoiono, vanno incontro al peggio.

In tanti hanno scelto di non votare, altri, troppi, hanno scelto di votare chi, con la faccia di bronzo, dice di esser fiero di aver chiuso i porti, perché (a sua detta) sarebbero diminuiti sia gli sbarchi che il numero di morti ripescati in mare.

Ci prendono in giro, gli sbarchi continuano indisturbati.

I morti ripescati sono pochi? Si, forse, ma quanti sono i dispersi?

E, sopratutto, davvero vogliamo essere contenti di rimandare in dietro questi esseri umani, quando sappiamo per certo che ciò che li aspetta in Libia sono morte, torture, stupri e campi di concentramento?

Le lacrime scendono e mi tornano in mente le parole di Khaled Hosseini nella sua bellissima

Preghiera del mare:

“Figlio mio, guardo il tuo profilo alla luce dello spicchio di luna che rischiara il cielo, il tuo sonno innocente, le ciglia che sembrano disegnate. Ti ho detto: “dammi la mano, non ti succederà niente di male”.

Sono solo parole, l’espediente di un padre. La fiducia che riponi in me mi strazia.

Perché questa notte riesco solo a pensare a quanto è profondo il mare, a quanto è vasto e indifferente. E a come sono impotente io, incapace di proteggerti.

Non posso far altro che pregare. Prego che quando le rive si allontaneranno fino a sparire e la nostra barca non sarà più che un puntino gettato tra onde ribollenti, pronte ad inghiottirlo, Dio guidi la nostra rotta.

Perché tu sei un carico prezioso Marwan, il più prezioso di tutti.

Vorrei che il mare lo sapesse.

INSHALLAH’.

Non sono puntini nel blu, dettagli, gocce nel mare, ma persone.

Quei puntini sono carichi preziosi.

E chi non ha compassione per loro, potrebbe non averla per noi, un giorno.

2 Thoughts to “Un carico molto prezioso”

  1. Roberto

    Abbiamo perso, sì. Perché quando si ragiona per categorie astratte (gli immigrati, i clandestini, i rifugiati) si può perdere di vista l’essenziale. È per questo che la storia di un singolo (per esempio quella del piccolo annegato con la pagella scolastica cucita nella giacca) ci colpisce più di quella di migliaia di persone: perché il singolo ha un volto, nei suoi occhi possiamo riconoscerci, nelle sue speranze ritrovare le nostre.
    Abbiamo perso, e certo mi fa strano pensare che nella mia provincia “sud-icia” la Lega Nord sia il primo partito… chissà se quando tornerò mi chiameranno terrone come quando lavoravo a Novara.
    Abbiamo perso… eppure ci sono notizie che mi fanno dire che no, non sarà certo la barbarie del ministro più fancazzista e cazzaro della storia a cancellare la nostra civiltà!
    https://bari.repubblica.it/cronaca/2019/06/02/news/manduria_70_migranti_scoperti_sulla_litoranea-227784337/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P4-S2.4-T1

    Huc pauci vestris adnavimus oris. Quod genus hoc hominum? quaeve hunc tam barbara morem permittit patria? hospitio prohibemur harenae; bella cient primaque vetant consistere terra. Si genus humanum et mortalia temnitis arma, at sperate deos memores fandi atque nefandi.
    Virgilio, Eneide I, 538-543

    (Qui, in pochi, nuotammo alle vostre spiagge. Che razza di uomini è questa? O quale patria così barbara permette simile usanza? Ci negano il rifugio della sabbia; dichiarano guerra e ci vietano di fermarci sulla terra più vicina. Se disprezzate il genere umano e le armi degli uomini, temete almeno gli Dei, memori del bene e del male)

  2. Barbara Toma

    ‘quando si ragiona per categorie astratte (gli immigrati, i clandestini, i rifugiati) si può perdere di vista l’essenziale.’
    esatto, che razza di uomini siamo siamo?

    grazie per il tuo commento Roberto.

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