Non sono una signora “in”

Al Ministro della Giustizia. Petizione per l’abrogazione
dell’articolo 143 bis del Codice civile, che sancisce il “diritto-dovere” della
donna coniugata di aggiungere al proprio cognome quello del marito, preceduto
dalla preposizione “in”, e di conservarlo anche da vedova e da divorziata

di Marilù Mastrogiovanni

Ho rifatto la mia tessera elettorale e ho scoperto che lo Stato, a mia insaputa e senza la mia approvazione, ha applicato alla mia vita, alla mia esistenza e alla mia identità l’articolo 143 bis del Codice civile.

Lo Stato ha modificato, senza. . .

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2 Thoughts to “Non sono una signora “in””

  1. Ne scrivo sin dal 1979, l’ho chiesto con ogni petizione sul cognome della donna ai figli (3, più richieste di emendamenti alle proposte altrui), ho lanciato – inutilmente – una petizione apposita tempo fa, legata al Ddl 1628 da cui la modifica di quest’ignobile articolo era scomparsa, ne ho scritto al Presidente della Repubblica e sono lieta che finalmente si muova qualcun’altra. Per inciso, intorno al 1980 ho ricevuto una censura (con sospensione di breve durata dello stipendio) dal Ministero della Pubblica Istruzione – ora MIUR – per essermi rifiutata di essere chiamata con un cognome non mio e per aver rispedito sistematicamente indietro tutta la corrispondenza che mi veniva inviata al nome Iole CognomeDel Marito nata Natoli, con cui ero stata “rubricata” alla mia entrata in ruolo anni prima.

  2. Paola assereto

    Non sono una signora “in”

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