Per la criminalità organizzata non europea, che si è stabilita a nord dello Stivale, la Svizzera può essere un terreno fertile. Ne parla Fernando Dalla Chiesa, professore all’Università di Milano, intervistato dalla testata elvetica “Le Temps”
Fonte https://www.letemps.ch/suisse/nouvelles-mafias-etrangeres-aux-portes-tessin
Versione italiana a cura della redazione del Tacco d’Italia
Albanese, rumena, russa, nigeriana, africana, cinese, sudamericana: le “nuove” mafie straniere, presenti da un quarto di secolo nel nord Italia, hanno eletto la Lombardia come centro nevralgico della loro attività. Fernando Dalla Chiesa, docente all’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università di Milano e autore di un rapporto sull’argomento, evidenzia i legami di questi gruppi criminali con la Svizzera.
La
criminalità organizzata straniera si diffonde sul territorio italiano. Il
rischio che crei o rafforzi la sua presenza in Svizzera, attraverso il Ticino,
è reale?
Dipende da diversi fattori: leggi più o meno
dissuasive, controlli più o meno efficaci, domanda di servizi illegali (droga,
prostituzione, lavoro nero), insediamento di una comunità in loco. Per il momento, le indagini condotte in Italia sulla
criminalità organizzata straniera non rimandano alla Svizzera, a differenza di
quelle che riguardano la ‘ndrangheta o cosa nostra. Ma la globalizzazione delle mafie è un processo in corso. Se questi
gruppi criminali riescono a creare reti, se hanno contatti, si diffondono più
facilmente. Il comportamento della polizia è decisivo nel loro radicamento o
meno. Devono essere tenuti sotto controllo in ogni momento, anche quando
sembrano passivi.
Le mafie
straniere coprono tutte le forme di criminalità?
Sì, anche se hanno le loro specificità. Ad
esempio, gli albanesi dominano il mercato dei narcotici, i rumeni i furti, i
cinesi i giochi d’azzardo e le contraffazioni. Condividono lo sfruttamento di
persone della propria comunità.
In futuro,
possiamo aspettarci di vederli emergere in Ticino?
I pronostici sono difficili da fare. Tanto più che
non sappiamo ancora come verrà affrontato il problema in Italia dal nuovo
governo e con quali effetti. Abbiamo visto gruppi in rapida espansione e altri
che si sono ritirati da determinati mercati o territori. Alcuni avanzano
silenziosamente, altri lo fanno con grande rumore. Detto questo, il crimine organizzato non è mai fermo,
è molto mobile, costantemente alla ricerca di nuove opportunità. La Svizzera è
sicuramente interessante. Ha una grande quantità di liquidità e membri delle
comunità interessate si sono già stabiliti lì, anche per il riciclaggio di
denaro sporco.
La Svizzera – si legge nella relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (2018) – “risulta segnata da forme di criminalità finanziaria interessate a riciclare i proventi illeciti derivanti, in larga parte, da reati commessi al di fuori della Confederazione. L’attività di cooperazione con l’Italia si realizza, innanzitutto, attraverso l’interscambio informativo previsto dal Protocollo d’intesa del 23 febbraio 2015, fra Italia e Svizzera, in materia fiscale. L’attenzione delle autorità elvetiche, inoltre, appare focalizzata sul settore bancario e della gestione patrimoniale. In proposito, l’Ufficio per le Comunicazioni in Materia di Riciclaggio della Confederazione riceve, analizza ed eventualmente trasmette alle autorità inquirenti le segnalazioni sospette inviate dagli intermediari finanziari. Sul piano investigativo si segnala che il 17 aprile 2018 i Carabinieri hanno individuato, in Svizzera, beni per 700mila euro, riconducibili a un sodale di rilievo defunto dei Farao – Marincola, tra cui anche un dipinto della scuola del Caravaggio”.
Lei dice che la Svizzera, come l’Ue, non capisce il fenomeno della mafia…
In Svizzera e in Europa si pensa ancora che la mafia riguardi solo gli Italiani. I politici di tutti i Paesi europei sono riluttanti ad affrontare la questione. Da un lato, la percezione del pericolo del terrorismo è esagerata, dall’altro quella della mafia è ridotto al minimo. È un fenomeno di interessante antropologia politica.
Il terrorismo è un problema esterno, le mafie si evolvono internamente. Riconoscerne l’esistenza è infamante. C’è paura per la reputazione, il turismo e gli investimenti di una città.
Le autorità svizzere stanno collaborando con
le loro controparti italiane. Solo i nostri investigatori sono estremamente ben
preparati per affrontare il problema.
Le autorità
svizzere hanno recentemente centralizzato la lotta contro la mafia a Berna, una
decisione criticata in Ticino, cosa ne pensa?
Il Ticino è chiaramente più esposto rispetto agli
altri cantoni alla mafia italiana e straniera con sede nel nord Italia, a causa
del suo confine con la Lombardia, lingua e contatti sul posto. Se fossi
responsabile in Svizzera, metterei il Ticino al microscopio.
Come
distingue le mafie italiane e straniere?
La criminalità organizzata italiana è più
sofisticata, più radicata nella comunità, nell’economia e nei governi locali.
Le mafie straniere agiscono più sottotraccia, sono ghettizzate, vivono più ai
margini della società e fanno un uso molto più imponente della violenza. Creano
più alleanze tra loro e con le mafie italiane.