Parabita, a Radio radicale il commissario prefettizio Cantadori denuncia: ci fu tentativo di condizionamento

Intervista ad Andrea Cantadori, commissario prefettizio minacciato a Parabita: “Abbiamo toccato proprio quegli interessi che sono alla base del provvedimento di scioglimento dell’ente”

di Marilù Mastrogiovanni

Un biglietto fatto recapitare in busta chiusa presso il municipio lo invita a farsi i fatti propri, per campare cento anni. La firma è: “Un amico”. Un linguaggio che àncora la sua efficacia alla condivisione di codici sociali fatti di omertà e paura, alla base dell’atteggiamento mafioso e del consenso sociale di cui si nutre ogni tipo di mafia. Andrea Cantadori, coordinatore del gruppo dei commissari prefettizi insediatosi a Parabita (Lecce) all’indomani dello scioglimento del Comune per mafia, ai microfoni di Radio Radicale rivela il tentativo di condizionamento della loro attività.

Gli equilibri intaccati dall’amministrazione prefettizia – spiega – sono quelli alla base del provvedimento di scioglimento dell’ente.

Ammette la presenza di grande consenso sociale nei confronti della mafia, anche se, aggiunge, adesso c’è chi ci mette la faccia e il nome per prendere le distanze dalla criminalità organizzata. Una presa di distanze che, a Parabita, secondo Cantadori, rappresenta una novità rispetto al passato.

Marco Cataldo, ingegnere quarantenne che, con Alessandro Delli Noci, a Lecce ha firmato la formula del successo delle Officine Cantelmo, è il destinatario di due altre missive, contenenti altrettante minacce e un paio di cartucce da caccia. La minaccia rivolta a Cataldo ha la forma di un manifesto funebre, scritto a mano con grafia incerta, che reca il suo nome e la data delle prossime elezioni amministrative. Marco Cataldo negli ultimi anni si è impegnato a tenere viva, con un libretto delicato distribuito nelle scuole, la memoria di Angelica Pirtoli, la bimba di due anni uccisa 18 anni fa in maniera truce da due affiliati della sacra corona, che solo recentemente sono stati assicurati in maniera definitiva alla giustizia e solo grazie all’impegno dell’ex parroco Angelo Corvo, che tra omelie e manifestazioni pubbliche è riuscito a far riaprire il caso dell’assassinio di Angelica e sua madre Paola Rizzello. Biagio Toma, esecutore materiale del duplice omicidio è stato condannato in Cassazione; Luigi De Matteis, complice di Toma e cognato di Luigi Giannelli, boss dell’omonimo clan, condannato a 16 anni e 8 mesi.

Luigi Giannelli è padre di quel Marco, che è dipendente di Igeco costruzioni spa, raggiunta da interdittiva antimafia, ed è anche boss della sacra corona, avendo ereditato le redini del clan dal padre. Per questa ed altre presenze sul libro paga di Igeco, e per le relazioni fra questi e il vicesindaco di Parabita, autodefinitosi “santo in Paradiso” del clan, il Comune di Parabita è stato sciolto per mafia.

Abbiamo raggiunto il commissario Cantadori, che traghetterà il comune salentino verso le prossime amministrative, a conclusione della riunione del Comitato per la sicurezza presso il municipio.

Qui l’intervista su Radio Radicale, registrata il 19 aprile scorso.

Buongiorno, commissario Cantadori, avete appena concluso una riunione di coordinamento per la sicurezza: che cosa avete deciso?

Guardi, mi consenta di dire che oggi lo Stato si è delocalizzato a Parabita, nelle sue più alte espressioni, per far sentire a tutti la sua presenza e la sua vicinanza. È un gesto che è stato molto apprezzato dai cittadini e anche dai dipendenti comunali. Noto con piacere che i dipendenti comunali hanno accolto significativamente il prefetto con un applauso spontaneo, e questo è un segno tangibile di una comunità che vuole chiudere con il passato e che vuole guardare avanti. A questo aggiungo che le centinaia, centinaia di attestazioni di vigilanza che stanno giungendo da tanti cittadini e gli inviti a continuare sulla strada avviata fanno guardare al futuro con un certo ottimismo. La comunità cittadina potrà continuare a contare sulle istituzioni anche al termine del commissariamento comunale: questo è il messaggio che esce forte dalla riunione di oggi.

Che cosa intende per “messaggi di vigilanza da parte dei cittadini”?

Intendo che lo Stato farà la sua parte, ha preso degli impegni; i cittadini però devono collaborare con le istituzioni per far sì che non si possano ripetere certe situazioni.

Avete toccato degli interessi delicati. Lei è stato personalmente minacciato con una lettera minatoria che invita a farvi i fatti propri. Quindi quali sono i fatti che non dovevate toccare e che evidentemente avete toccato?

Beh, qui lascerei gli investigatori rispondere a questa domanda. È evidente che quando ci si affaccia a comuni che sono sciolti per fenomeni di condizionamento e infiltrazione della criminalità organizzata, la commissione straordinaria, che deve amministrare quel Comune per un periodo che varia dai 18 ai 24 mesi, tocca proprio quegli interessi che sono alla base del provvedimento di scioglimento dell’ente. Sono interessi che ovviamente vanno dagli appalti, dagli affidamenti, e quant’altro, tutto quanto può essere d’interesse della criminalità organizzata.

Che tipo di criminalità organizzata, che tipo di mafia c’è, nel Salento e a Parabita in particolare?

È una criminalità che sicuramente ha le sue peculiarità. Noi qui abbiamo fatto attività amministrativa, sottolineo, non siamo investigatori. È una criminalità che è venuta alla ribalta da non tanti anni, solitamente quando si parla di criminalità ci si riferisce a quella siciliana, calabrese, campana. Forse nel passato c’è stato anche qualche errore di sottovalutazione della criminalità pugliese, oggi invece mi sembra che si stia recuperando fortemente su questo terreno.

È una criminalità imprenditoriale, questo viene fuori da tante indagini, ed è chiaramente espresso nelle relazioni della DIA, che vanno poi a confluire nelle valutazioni, nelle relazioni della Direzione nazionale antimafia, che ha spiegato anche che si tratta di una mafia imprenditoriale che gode di grandissimo consenso sociale. Lei ha potuto riscontrare questo consenso sociale?

C’è ed è innegabile che la mafia abbia anche un consenso sociale. Qui faccio un discorso generale, non riferito solamente alla realtà di Parabita, ovviamente. Mi pare di poter dire però con una certa certezza che il consenso sociale della mafia si è molto affievolito negli anni, oggi mi sembra molto più circoscritto rispetto a quanto non fosse in passato.

Io questo me lo auguro davvero, la mia esperienza di giornalista va nella direzione opposta: io registro invece un grande radicamento e un fortissimo consenso sociale, soprattutto negli ultimi anni, quindi mi fa piacere che la Sua valutazione sia diversa. Paradossalmente, mi fa piacere.

Guardi, a proposito di quello che dice, ribadisco: il consenso sociale c’è, soprattutto in certi settori. È innegabile, questo: risulta da sentenze, da atti giudiziari, da rapporti della Commissione parlamentare antimafia e quant’altro, quindi non si può negare questa realtà, che purtroppo esiste. La differenza con il passato, comunque, è che ci sono persone che mettendoci la faccia, il nome e il cognome proprio, prendono le distanze dalla criminalità organizzata. Questo anche in realtà locali dove la criminalità è molto pervasiva: questo non sarebbe stato ipotizzabile, se andassimo indietro nel tempo. Oggi succede, fortunatamente.

Lei è stato commissario, anche recentemente, di altri comuni pugliesi, e ha chiaramente denunciato il fatto che c’è stato un tentativo di condizionamento sulla vostra azione di commissariamento. A Parabita sono arrivate le minacce, ma il tentativo di condizionamento lo ha sentito o no? E se sì, in che modo?

Diciamo, senza scendere in dettagli, in particolari, che in certi momenti abbiamo avuto l’impressione che si volesse orientare la nostra azione in alcune direzioni anziché in altre.

Quindi c’è stata anche una certa attività in tal senso. E ai cittadini che vogliono invece reagire, che messaggio può dare? Come possono aiutare lo Stato, eventualmente anche segnalando situazioni anomale? I cittadini e anche i dipendenti pubblici, come possono aiutare le istituzioni per contrastare i tentativi d’infiltrazione?

Bisogna sempre pensare che a poche persone non deve essere permesso di infangare, con le loro azioni, tutta una comunità che è composta da persone sane e laboriose. Le persone ascrivibili a criminalità organizzata e comportamenti deviati sono sempre una minoranza; i cittadini sono la maggioranza della popolazione, sono la parte sana che può organizzarsi e, al fianco delle istituzioni, sconfiggere questo cancro che purtroppo controlla ancora alcune realtà del nostro Paese.

Va bene, grazie commissario Cantadori. Buon lavoro e in bocca al lupo.

Grazie a voi, altrettanto.

Per saperne di più:

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