REPORTAGE. Dopo l’ordinanza con cui il sindaco della città ionica ha disposto la chiusura di due scuole, Deledda e De Carolis del quartiere Tamburi, abbiamo raccolto le voci dei genitori che si oppongono alla decisione
di Rosaria Scialpi
Rinaldo Melucci, sindaco di Taranto, dopo un sopralluogo presso le scuole Deledda e De Carolis del quartiere Tamburi, ha emanato un’ordinanza sindacale – la numero 9 –, con cui ha ordinato:
“Ad Arpa Puglia, senza indugio, indagini analitiche volte al monitoraggio della qualità dell’aria indoor/outdoor nel plesso Deledda e De Carolis, da svolgersi entro il 31.03.2019 e i risultati dovranno immediatamente e continuamente essere messi a conoscenza del sottoscritto”.
Ha disposto inoltre:
“La chiusura del plesso Deledda e De Carolis con decorrenza 11.03.2019 e fino al 31.03.2019, salvo ulteriore e diversa disposizione, allo scopo di consentire le analisi di Arpa Puglia.”
Il Comune ha dichiarato di aver promulgato questa ordinanza per proteggere i bambini residenti presso il quartiere Tamburi e gli insegnanti. Infatti, si legge nell’atto, “dalla relazione ARPA non viene escluso il rischio che si possa verificare lo spolverio/dispersione dei contaminanti rilevati nelle aree delle c.d collinette ecologiche alle “aree limitrofe alle stesse e che pertanto ricorrono le condizioni per proporre un provvedimento di tutela dei soggetti più esposti”.
Tale iniziativa del Comune di Taranto, però, si inserisce in un tessuto comunitario, come quello del Quartiere Tamburi, già fragile e in cui il tasso di abbandono scolastico è alto. La popolazione del quartiere, che abbiamo sentito, si dichiara stanca ed estenuata da continui decreti e disposizioni che, anziché giungere in loro soccorso, vengono percepiti come un ulteriore danno.
Durante i “wind days”, i giorni ventosi, il Comune suggerisce alla popolazione di barricarsi in casa e di non aprire le finestre, facendo in modo che essa viva una situazione simile a quella dei reclusi, con l’unica colpa di risiedere in un luogo vicino ad una fabbrica, l’ArcelorMittal, ex Ilva, sorta in seguito all’edificazione di un quartiere preesistente. Inoltre, pur sollecitando i cittadini a non uscire dalle proprie abitazioni, il sindaco negli scorsi mesi aveva disposto che i bambini e i ragazzi frequentanti le scuole dei Tamburi, durante i wind days, uscissero da scuola alle 12, invece che alle 13, come previsto. Così, quando il sindaco ha diramato la disposizione del 2 marzo, gran parte del quartiere ha ritenuto che essa ledesse ulteriormente il diritto allo studio dei propri figli.
Gli stessi bambini a cui oggi viene precluso il diritto di recarsi nella propria scuola, fino a qualche mese fa giocavano sulle collinette “ecologiche” dell’ex Ilva, che sono poi state sequestrate dai carabinieri del Noe. Le collinette, che decenni fa erano state costruite per fungere da barriera fra la fabbrica e le zone attigue e per diventare così il polmone verde della città, si sono trasformate in polmoni grigi, grigi come grigie sono le mura degli edifici del quartiere Tamburi: sono state infatti tirate su con scarti della lavorazione dell’Ilva. Si tratta di cumuli enormi di rifiuti industriali.
Intanto i genitori richiedono che l’assemblea che venerdì si terrà presso il Palazzo di città, sia spostata presso il rione Tamburi e che sia svolta alla presenza di una delegazione composta da almeno tre genitori.
Ci siamo recati alla riunione del quartiere e abbiamo chiesto ai genitori dei bambini dei plessi De Carolis e Deledda di esprimere la loro opinione riguardo la chiusura momentanea dei due plessi. Dopo un’iniziale ritrosia, dovuta, secondo loro, alla delusione derivata dalle promesse non mantenute, abbiamo ottenuto le seguenti dichiarazioni, prima che si recassero a porre, simbolicamente, le catene al colosso industriale ArcelorMittal:
Tiziana Massante, casalinga, 32 anni, e il marito Antonio Cartellino, 48 anni, dipendente ArcelorMittal, genitori di Alyssa, 15 anni, ex studentessa della De Carolis, e di Christian, 12 anni:
“Ci dichiariamo contrari alla chiusura delle scuole, bisognerebbe trovare un’altra soluzione a spese dello Stato. I bambini vivono comunque presso il quartiere Tamburi, in case che hanno perso valore a causa dell’inquinamento, togliere loro anche il diritto di frequentare la propria scuola è assurdo; non possono nemmeno recarsi nel parchetto delle Gabelli, sorto due anni fa e che è stato chiuso per l’inquinamento.”
Alessandra Bosa, casalinga, 36 anni, madre di Carola, 18 anni, e di Maria Pia, 11 anni, frequentante il plesso Vico- De Carolis:
“Mi oppongo alla chiusura delle scuole, bisognerebbe disporre la chiusura della fonte inquinante. Mia figlia Carola, ad esempio, ha avuto problemi di salute collegati all’inquinamento, ma le alte spese sanitarie erano a nostro carico; sua sorella Maria Pia, invece, vuole scappare di qui e quando ha sentito la notizia della chiusura della sua scuola è scoppiata a piangere, non vuole andarci più, ora ha paura.”
Celeste Fortunato, 40 anni, artigiana e madre di un bambino:
“Sono favorevole alla chiusura delle scuole, il rischio sanitario è troppo alto, ma va sottolineato il fatto che non investa solo il quartiere Tamburi. Da quando ArcelorMittal è subentrata a capo dell’azienda, il cielo ha acquisito un colore più tetro e l’aria è diventata irrespirabile in tutta Taranto. La salute non deve essere un parametro da sottovalutare, anzi.”
Chiara De Michele, 33 anni, casalinga, moglie di un ex-operaio ArcelorMittal e madre di due bambini, uno di 8 e uno di 6 anni, iscritti ai plessi Vico-De Carolis:
“Il provvedimento cautelare di chiusura delle scuole per monitorare la situazione può essere giusto, sebbene sia paradossale, in una città come la nostra, dover ancora raccogliere i dati. La situazione è nota a tutti. Chiudiamo le scuole e non la fonte inquinante. Richiediamo che la riunione di venerdì venga fatta qui al quartiere Tamburi e che venga resa aperta, se non a tutti, almeno a tre genitori dei bambini del quartiere.”
Abbiamo inoltre intervistato alcuni membri dell’Associazione ETS Genitori tarantini, che dichiarano:
“Chiudere la scuola in attesa di dati che già tutti, bene o male, conoscono, è inutile. I bambini che frequentano quelle scuole, vivono nelle stesse vie in cui esse sorgono. Il Sindaco non ha bisogno ancora di dati, basta guardarsi intorno per carpire la sofferenza delle persone. Nonostante una nostra petizione, ha trovato ogni modo pur di non riceverci, crea un vero muro con la popolazione, eppure lui avrebbe dovuto chiamare noi, anziché perdere tempo a definire “Sciamani” coloro che richiedono chiarezza e divulgano dati”.