Petruzzelli: il ritorno di Butterfly

di Fernando Greco

(foto Studio Immagina)

 

Prevedibile sold out e applausi per tutti in occasione di Madama Butterfly, capolavoro di Giacomo Puccini (1858 – 1924), seconda opera in cartellone, il 27 febbraio scorso, per la  Stagione Lirica 2019 del teatro Petruzzelli di Bari.

 

La casa-scatola

A quattro anni di distanza dall’edizione realizzata da Fabio Ceresa e recentemente riproposta al Maggio Musicale Fiorentino, la celebre “Madama Butterfly” di Giacomo Puccini è tornata sul palcoscenico del Petruzzelli a cura del regista Daniele Abbado, nome famoso in ambito operistico, che ha immaginato la casa “a soffietto”, in cui si consuma il dramma della sventurata geisha, come una casa-scatola dalle pareti semoventi di vetro smerigliato, bianche come la purezza della protagonista, ma all’occorrenza intrise del rosso della passione o del nero della morte. La linearità e l’eleganza della scenografia realizzata da Graziano Gregori, associata all’essenzialità dei costumi di Carla Teti, ha creato piacevoli colpi d’occhio, pur non riuscendo a evitare la sensazione di una certa monotonia. Tanta compostezza veniva interrotta da simboli di quella cultura e di quella religiosità rinnegate dalla protagonista: le maschere, le statue “degli avi” visibili attraverso le vetrate, il complicato abbigliamento dello Zio Bonzo e di Yamadori. Poco credibile Suzuki nell’atto di gettar petali di fiori traendoli furtivamente da un taschino, sebbene quei petali avessero lo stesso colore rosso dell’abito di Kate, quasi un’infausta premonizione.

 

L’orchestra

Come nel “Boccanegra” inaugurale, anche in questa nuova “Butterfly” la bellezza dell’esecuzione musicale da parte dell’Orchestra del Petruzzelli ha costituito la componente migliore della serata. Raffinatissima la bacchetta di Giampaolo Bisanti nell’intessere il pregevole canovaccio sinfonico, rendendo fruibile in maniera esaustiva la drammaturgia dell’opera, dai momenti di più intenso lirismo nei quali l’orchestra sembrava deliziarsi, quasi con autocompiacimento, attardandosi nelle trasparenze del dettaglio impressionistico (forse un tantino lento il duettone della fine del primo atto), al turgore dei momenti più esplicitamente drammatici come la meravigliosa esplosione del “Ah, m’ha scordata!” nel secondo atto o il toccante finale. Il coro “a bocca chiusa” ha regalato un momento di estrema suggestione, grazie anche alla bravura del Coro del Petruzzelli sapientemente istruito da Fabrizio Cassi.

 

Il cast vocale

Già applaudita protagonista a Bari in “Aida” e nel “Trovatore”, Maria Teresa Leva anche stavolta ha avuto dalla sua parte la freschezza della giovinezza anagrafica e la sontuosità di una voce baciata dalla natura, arricchita da formidabili pianissimi e filati da manuale con cui la cantante ha saputo commuovere l’ascoltatore, regalando un’interpretazione del tutto credibile in quanto equidistante dalle opposte trappole della leziosità e dell’eccesso verista, benché i momenti più drammatici si sarebbero giovati di un registro grave più corposo. Impagabile lo Sharpless cesellato dal baritono Pietro Spagnoli, attento nel dar peso a ogni nota, a ogni frase, a ogni accento con cui il personaggio del Console delinea il suo rapporto di autorevolezza e di superiorità psicologica nei confronti sia di Pinkerton (quanta intensità in quel “Badate: ella ci crede!” posto a lapidario suggello del concertato del primo atto!) sia di Butterfly, a cui si rivolge con crescente palpitazione nel secondo atto durante la “scena della lettera”. L’odiosità del personaggio di Pinkerton, campione di vuota virilità e perbenismo, è stata resa con la giusta spocchiosità scenica dal tenore Carlos Ventre, la cui emissione vocale, sfibrata e opaca all’inizio dell’opera, si è andata riscaldando già nel duetto del primo atto per giungere all’“Addio fiorito asil” in maniera stentorea. Bel colore timbrico ed estrema dolcezza hanno caratterizzato la performance del mezzosoprano Elena Belfiore nel ruolo della fedele serva Suzuki. Il fastidioso mezzano Goro ha trovato nell’interpretazione del tenore Massimiliano Chiarolla la giusta caricaturalità e un timbro squillante. L’ingresso dello Zio Bonzo non ha fatto tremare i polsi come ci si sarebbe aspettati, a causa del limitato volume vocale e l’intonazione non sempre centrata da parte del basso Riccardo Ferrari, nonostante l’imponente presenza scenica. Accattivanti le frasi pronunciate dal baritono Jaime Eduardo Pialli nel ruolo di Yamadori. Puntuale l’intervento di Katia Barile e di Francesco Solinas nei rispettivi panni di Kate e del Commissario Imperiale.

 

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