Dalla Spagna al Salento, sulle rotte del narcotraffico

Si chiamano “Scugnizza”, “Smoking”, “Orione” e “Bellavita” e sono solo alcune delle operazioni di polizia che, nel 2018, hanno svelato il passaggio di cocaina, hashish e marijuana dalla Colombia all’Italia, con transito nei porti spagnoli e olandesi. Con l’ormai noto percorso a tappe, che comincia in Sud America e termina in Europa, fiumi di droga hanno invaso l’intera nostra penisola, giungendo anche nella provincia di Lecce

 

Il Salento

Nella catena di montaggio del traffico di stupefacenti, gli attori principali si passano il testimone: i produttori al di là dell’Atlantico, gli intermediari in Europa, gli spacciatori nel resto del mondo. I clan criminali, che agiscono in Italia, acquistano e rivendono. Si riforniscono dall’Albania, dalla Spagna e dal Marocco e distribuiscono nelle piazze di Bari, Roma e Napoli. E’ quanto documentato in “Operazione Orione”, un’indagine che giunge a una svolta, nelle province di Lecce e Brindisi, il 20 marzo 2018, quando i Carabinieri della Compagnia di Maglie eseguono un’ordinanza di custodia cautelare (emessa l’8 marzo dal Gip presso il Tribunale di Lecce) nei confronti dei gruppi criminali di Scorrano (con a capo Vincenzo Amato, che estende il proprio raggio d’azione su Botrugno, Cursi, Cutrofiano, Maglie, Muro Leccese, Neviano, Nociglia, Poggiardo, Santa Cesarea Terme e Ruffano), Martano (a guida del 59enne Paolo Serra e attivo nei territori di Borgagne, Carpignano Salentino, Melendugno, Otranto) e Torchiarolo (dei fratelli Luigi e Paolo Guadadiello, influenti nei territori di Squinzano, Trepuzzi e Tricase). Solo a quest’ultimo gruppo è riconosciuta la peculiarità mafiosa – precisa la relazione del 1° semestre del 2018 della DIA (Direzione Investigativa Antimafia) – in quanto considerato affiliato alla “sacra corona unita” e facente capo al clan De Tommasi di Campi Salentina.

 

In totale, le persone coinvolte sono 37, di cui 20 in carcere e 17 ai domiciliari, accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione abusiva di armi e materie esplodenti, danneggiamento, estorsione, detenzione e spaccio, favoreggiamento personale, furto e minaccia aggravati, porto abusivo di armi, ricettazione, sequestro di persona e violenza privata. Nello specifico, emerge anche il ruolo di tre donne incensurate, che “collaboravano fattivamente nelle attività illecite del sodalizio, occupandosi anche degli aspetti organizzativi ed economici dell’associazione, dimostrando una tale compromissione e una tale piena compenetrazione nelle logiche e nelle attività del gruppo di appartenenza da rendere assolutamente necessaria l’adozione della misura cautelare più grave”. Le evidenze investigative hanno confermato l’operatività “di frange organizzate di criminalità che continuano a rifarsi a schemi operativi tipici della nota associazione denominata sacra corona unita, dai cui capi storicipienamente attivi anche se detenuti – ancora dipendono, modificando, sulla base di alleanze o contrasti, gli assetti soggettivi ma non le modalità, ormai consolidate, di controllo del territorio e di approvvigionamento di risorse, principalmente mediante il mercato degli stupefacenti e il fenomeno delle estorsioni (oltre la commissione di reati contro il patrimonio, la persona e, soprattutto, in materia di armi)”.

 

L’indagine nasce nel 2015, sulla base della presa visione da parte delle Forze dell’Ordine di alcuni scatti inequivocabili, ritraenti chili di stupefacenti. Le foto sono sui cellulari di Giuseppe Angelino e Christian Stomeo, arrestati dopo aver forzato un blocco stradale. Supplementi di indagine consentono, in seguito, di ricostruire il tessuto criminale e gli assetti dei gruppi coinvolti. Durante la fase investigativa, i carabinieri procedono al sequestro di hashish, cocaina, eroina, esplosivi ad alto potenziale, armi  e munizioni, a conferma della “qualità” criminale della minaccia rappresentata dai gruppi interessati. Dei tre, è il clan di Scorrano a essere specializzato nelle proiezioni internazionali per l’approvvigionamento di stupefacenti, grazie ai viaggi all’estero e ai contatti con i fornitori di Spagna e Marocco. Documentati anche incontri in Salento con venditori albanesi. La procura antimafia chiude l’inchiesta lo scorso agosto. L’udienza preliminare di novembre slitta a metà gennaio. La prossima è prevista il 28 febbraio 2019. Risultano indagate 33 persone.

 

La Campania

Nel febbraio 2018 – riporta ancora la relazione semestrale della Dia – la polizia esegue un provvedimento cautelare che documenta l’importazione di ingenti quantitativi di stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana) da parte di un’associazione legata al clan De Micco del quartiere Ponticelli di Napoli e a un gruppo del Rione Pazzigno di San Giovanni a Teduccio. Anche in questo caso la droga, proveniente dalla Colombia, transita dall’Olanda e dalla Spagna, per essere poi rivenduta sul territorio di influenza dei gruppi citati, nonché nel Lazio (a Fondi e Cassino) e in Toscana (Massa Carrara). L’indagine, denominata “Scugnizza 2”, prende il via dagli sviluppi della precedente operazione “Scugnizza” (dal nome di un’imbarcazione utilizzata per trasportare la droga), che, nell’aprile 2017, ha fatto luce su un traffico di stupefacenti dal Venezuela, nascosti nel sottofondo del natante (680 chili di coca). Nell’ambito delle indagini, tre persone vengono arrestate per detenzione, acquisto, trasporto e importazione di ingenti quantitativi di cocaina dal Sud America alla Campania, attraverso il solito canale spagnolo.

 

A marzo, nell’ambito dell’operazione “Smoking”, i Carabinieri eseguono ordinanze di custodia per un’associazione dedita al narcotraffico, con base a Marano di Napoli, in cui risultano “coinvolti pregiudicati legati ai clan Orlando, Nuvoletta e Polverino, che acquistano in Marocco ingenti quantitativi di droga inviati in Italia attraverso la Spagna, tramite il sistema delle puntate” (raccolta, da parte degli affiliati, di denaro con cui acquistare stupefacenti e dividersi il ricavato).

 

“Le organizzazioni campane – recita il rapporto della DIA – rappresentano, in molti casi, il terminale di ingenti partite di droga destinate a essere immesse sulle piazze di spaccio locali ed in altre regioni. Il traffico di stupefacenti si avvale di solidi contatti internazionali, soprattutto in Europa (Germania, Belgio, Olanda, Spagna, queste ultime, da sempre, rifugio di latitanti campani) e Sud America, paesi dove sono stabilmente insediate cellule dei clan che mantengono contatti diretti con i trafficanti locali. Nelle attività di spaccio sono implicati interi nuclei familiari, con il coinvolgimento sempre più massiccio di adolescenti, impiegati quali ‘pony express’ per le consegne a domicilio. La rilevanza dei traffici di stupefacenti nell’economia criminale dei clan campani è confermata da diverse attività investigative che certificano le proiezioni internazionali dei gruppi coinvolti e gli accordi tra i diversi sodalizi, finalizzati ad ottimizzare le competenze nella composita filiera dello smercio: trattativa con i fornitori, invio dei corrieri, custodia e raffinazione, tenuta della contabilità, distribuzione sul territorio”.

 

La Calabria

Una recente conferma della presenza, in Spagna, anche di soggetti collegati alle cosche calabresi per la gestione del narcotraffico, arriva dall’operazione “Bellavita”, conclusa a fine 2017 con l’arresto 12 soggetti, alcuni anche in territorio iberico, indagati per traffico internazionale di stupefacenti tra l’Italia e la Spagna.

“Le diverse inchieste giudiziarie condotte dalla Dda di Reggio Calabria – si legge nella relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia – hanno fatto luce sulle consolidate interrelazioni tra le cosche e i narcotrafficanti sudamericani e, parallelamente, l’esistenza di una fitta rete di relazioni in diversi Stati europei, tra cui la Spagna, individuata dalla ‘ndrangheta quale area di transito della droga e per il reinvestimento dei capitali illeciti, nonché per il rifugio dei latitanti”.

 

Cosa nostra

Significativa anche l’operazione denominata “Affari di famiglia”, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Firenze, che nel marzo 2018 arresta due esponenti della mafia palermitana che “reinvestivano i capitali provenienti dalla gestione di attività commerciali per finanziare un’associazione criminale finalizzata alla coltivazione, in Spagna, di ingenti quantitativi di marijuana, da importare e smerciare poi in territorio italiano”.

La Spagna gioca, dunque, un ruolo fondamentale nel narcotraffico. La sua posizione geografica di vicinanza al Marocco e di facile accesso ai carichi provenienti dall’America Latina, la rende luogo ideale per gli affari di camorra, ‘ndrine calabresi, cosa nostra e, come abbiamo visto, anche per la malavita organizzata salentina.

 

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