La Procura di Lecce svela una rete di favori tra giustizia e imprenditoria; diciotto gli indagati tra magistrati, imprenditori e avvocati
Di Francesca Rizzo
Processi pilotati in cambio di denaro, gioielli e viaggi: per questo il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Giovanni Gallo, ha ordinato il fermo di due magistrati, Michele Nardi e Antonio Savasta, e di un ispettore di polizia, Vincenzo Di Chiaro; nell’ambito della stessa inchiesta, che ha accertato fatti accaduti tra il 2014 e il 2018, il gip ha chiesto l’interdizione temporanea dalle rispettive attività per un imprenditore, Luigi Dagostino, e due avvocati, Simona Cuomo e Ruggiero Sfrecola.
Diciotto in tutto gli indagati, a vario titolo. Per gli arrestati il fermo si è reso necessario, spiegano i giudici, per evitare che i tre continuassero a delinquere e per scongiurare il “gravissimo, documentato e attuale rischio di inquinamento probatorio”.
“Un programma criminoso indeterminato nel tempo”: così Leonardo Leone De Castris, procuratore della Repubblica di Lecce (che per competenza territoriale ha coordinato le indagini), definisce il sistema attuato da Nardi (all’epoca dei fatti gip del Tribunale di Trani, poi magistrato distaccato presso l’ispettorato del Ministero della Giustizia e oggi sostituto procuratore a Roma) e Savasta (ex sostituto procuratore della Repubblica a Trani, oggi giudice del foro di Roma).
Per anni i due avrebbero garantito a diversi imprenditori sentenze favorevoli, con l’intermediazione, in alcuni casi, degli avvocati Cuomo e Sfrecola, “facilitatori”, li definisce il procuratore leccese, del sistema. Era invece un poliziotto, Vincenzo Di Chiaro, a gestire i rapporti con un imprenditore in particolare, il coratino Flavio D’Introno: lo stesso che ha ammesso di aver consegnato circa 2 milioni a Nardi e 300mila euro a Savasta (il tutto in contanti), e ha dichiarato di aver subito forti pressioni, e persino minacce di morte, da parte di Nardi.

Per quest’ultimo, oltre che per Savasta, Di Chiaro e Cuomo, l’accusa principale è di associazione a delinquere finalizzata a una serie di delitti contro la pubblica amministrazione, alla quale si aggiungono corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e materiale. Ma per i due giudici si parla anche di millantato credito presso altri organi giudiziari come la Corte di Cassazione, e persino presso interlocutori occulti: per fare pressioni su Flavio D’Introno, secondo i giudici, Michele Nardi ha alluso “ai suoi rapporti con la massoneria e servizi segreti deviati, rappresentando a D’Introno che gli sarebbe bastato uno schiocco di dita per farlo sparire, così costringendolo a continuare a versare le utilità da lui pretese (complessivamente ammontanti a circa 1 milione e mezzo di euro, tra contanti, regali e lavori di ristrutturazione per le case di sua proprietà)”.

Il flusso di tangenti in cambio di favori, oltre a diversi imprenditori locali, ha coinvolto anche il fiorentino Luigi Dagostino: secondo quanto documentato dalla Procura di Firenze, il giudice Savasta ha appositamente evitato di approfondire la sua posizione rispetto ad un giro di fatture false di cui proprio Dagostino era il principale beneficiario. Due mazzette, da 20 e 25mila euro ciascuna, sono state solo parte della merce di scambio: dall’ordinanza emerge infatti anche un incontro, a giugno del 2015, tra l’imprenditore, il giudice e Luca Lotti, allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. L’incontro a Palazzo Chigi sarebbe stato organizzato da Tiziano Renzi, socio in affari di Dagostino e padre dell’ex premier Matteo, allora in carica.
A pochi mesi dallo scandalo che ha smascherato la connivenza tra giudici e noti esponenti della sanità leccese, un nuovo terremoto giudiziario, che vede ristrutturazioni, viaggi, gioielli e mazzette usati come merce illecita di scambio.
Ecco a quanto ammonta il valore dei beni (conti correnti, immobili ed altro) sequestrati agli indagati dal gip Gallo:
- 489mila euro ad Antonio Savasta;
- 672mila euro a Michele Nardi (del materiale sequestrato fanno parte anche diamanti e un orologio Rolex Daytona, acquistato dall’imprenditore D’Introno e costato quasi 35mila euro);
- 436mila euro ciascuno a Vincenzo Di Chiaro e Simona Cuomo;
- 53mila euro ciascuno a Luigi Dagostino e Ruggiero Sfrecola.
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