Don Antonio Coluccia: “Rialzati, rialzati Salento”!

Il discorso di don Antonio Coluccia pronunciato il 13 luglio scorso a Casarano

Sono io a ringraziare Casarano e soprattutto a ringraziare Libera, a ringraziare ogni singolo cittadino che ha la spina dorsale di alzare la testa e dire che Casarano è libera, punto uno.

Punto due, credo nella vita, credo nei cittadini salentini, ma credo che esista il bene e sono convinto che esiste il male. Allora se siamo dei buoni osservatori, come cittadini salentini, dovremmo avere coraggio: il coraggio di vedere, di osservare e farci una domanda: che cosa sta succedendo nel Salento? La mia terra, la tua terra, questa terra rossa che ci identifica, questa terra con questo albero d’ulivo così bistrattato, questa terra che conta sempre più cittadini affetti di tumore alla vescica, alla tiroide. Che cosa sta succedendo in questa terra dove amministrazioni vengono prosciolte per mafia?

 

Io sono passato da Surbo, prosciolto per mafia, da Torchiarolo, prosciolto per mafia, sono passato da Sogliano Cavour, prosciolto per mafia. Quindi vediamo che cosa sta accadendo: sembra che ci sia un habitus che è l’habitus della corruzione, che è il linguaggio delle organizzazioni criminali su questo territorio.

E quando parliamo di organizzazioni criminali su questo territorio, è interessante che ci riferiamo sempre alla cosiddetta “cosa nostra”, pensiamo agli altri come se noi fossimo una terra immune. No: parlo della mia terra parlo di un’organizzazione, di una famiglia malavitosa, che ha cercato e cerca di avere il suo dominio su questo territorio; dobbiamo parlare con nomi e cognomi: parlo della sacra corona unita.

Che non è stata sconfitta, mi dispiace: non morirà mai; come esiste il bene, e trionferà, esiste anche il male, che cerca di farsi strada.

 

Vedete, dietro le magliette ho letto “Noi saremo contro la rassegnazione”: non possiamo essere rassegnati. Io capisco i singoli cittadini, che dicono “tanto non cambierà mai niente, tanto tu farai tante cose, sarai da solo, ti abbandoneranno”. Quindi che dobbiamo fare?  Ci dobbiamo mettere tutti  chinati a 360 gradi, obbedendo a questi potenti di turno che cercano di imporsi sulla scena, anche del controllo di un territorio?  E mi riferisco a questa sacra corona unita, che ha parlato in dialetto per tantissimi anni e che si manifesta con azioni anche criminose, questa terra, questa città, ne è di tutta evidenza,gli omicidi che sono stati compiuti. Questa terra che, come riscontriamo dalle cronache, molto spesso ha sentito più di qualche colpo di pistola.

Io ringrazio l’arma dei Carabinieri qui presente, non solo perché mi scortano gli angeli custodi, ma come segno dello Stato: perché noi forse tante volte pretendiamo tutto da loro, tutto: che debbano essere ovunque e debbano vedere tutto. Ma dico a te, cittadino: dove sei? Perché qualche tempo fa sono stati esplosi tre colpi di arma da fuoco su esercizi pubblici, e i Carabinieri l’hanno saputo la mattina dopo: la mattina la gente è andata a parlare con loro, non quando hanno avvertito i colpi di pistola. Che cosa sta a significare questo? Sta a significare che evidentemente qui c’era una certa pace, c’era un certo sodalizio. Vuoi per paura, vuoi per tanti motivi, comunque vuoi che oggi posso chiamare questo atteggiamento un atteggiamento omertoso? Parlo da prete, indicando un documento che non ho scritto io, ma che hanno scritto i vescovi nel ‘91.

Il 4 ottobre 1991 hanno scritto un documento che dice: “Educare alla legalità”: la legalità, che cos’è la legalità? Una parola così abusata… è ciò che ci lega, lega I cittadini a un grande e sommo bene, che è il bene comune, il bene di tutti, che non è l’interesse privato, personale, a scapito della collettività. E vedete, in questo documento si dice che l’omertà per i battezzati, per chi crede in quel Cristo vero e libero, non è un’attitudine cristiana.

 

Allora credo nel sacramento della libertà, che è la Parola, primo sacramento per eccellenza. La Parola, e da quella parola che ti ha dato vita, da quel soffio vitale parlo a quanti credono e a quanti non credono. Ma ciò che mi interessa è la credibilità, che si sposa con le azioni; e quindi ci vogliono 3 punti sostanziali: osare, rischiare e compromettersi.

Perché forse non te ne accorgi, caro cittadino, a te sembra tutto normale. Tante volte noi siamo abituati a fare gli spettatori, noi salentini, perché siamo cittadini, un popolo – utilizzo questo termine, popolo, il popolo è sovrano, vediamo. E quando parlo del popolo, gente di questa terra – io sono un ex operaio Adelchi, quindi Casarano rappresenta l’eccellenza del calzaturiero, Casarano è anche cultura, è anche azienda, Casarano ha eccellentissime persone che si sono distinte, come ne ha avute altrettante che nel male si sono distinte, e hanno cercato di comandare questo territorio, forse lo stanno comandando. Quindi cosa voglio dire?

 

Che se qui l’atteggiamento è – e mi riferisco alle famiglie – quando tu ti siedi a tavola con tuo figlio, nella speranza che il telefonino lo lasci da qualche parte, e che non tutta la famiglia sia sintonizzata ognuno per conto proprio, e cominci a parlare, a creare informazione, coscienza: la coscienza come si crea? Se non c’è conoscenza non ci sarà mai coscienza, perché se i fatti successi nel 2016 non toccano e non scuotono le coscienze di questo territorio, è grave. Perché anche il bambino lo deve sapere, perché mai più si può premere il grilletto e togliere la vita. Al di là della persona: non si può utilizzare un linguaggio di violenza.

 

Mi fa piacere parlare di Martin Luther King, che diceva: “Non ho paura del linguaggio dei violenti, ma del silenzio degli onesti”; è questo che mi fa paura, nel Salento: il silenzio di questi onesti, di questa gente per bene, come a volte mi fa paura il silenzio della CEP, la Conferenza Episcopale Pugliese. Mi fa paura quando a Nardò delle persone, umane, vengono ridotte in stato di schiavitù, e nessuno dice una parola. Quel Dio che è vita, verità, profezia, quel Dio che è amore, e incontro, e benevolenza: in nome di quel Dio, che non è quel dio del compromesso, perché il dio del compromesso non libera la gente, ma noi nella nostra professione di fede parliamo di un Dio che dà la vita, non che la toglie.

 

Allora, per parlare in maniera spicciola, immaginate quando nei nostri territori, Casarano, Specchia e tutto il territorio salentino, in questi territori di morte, gi interessi della scu, e non soltanto a livello di aziende (parlo di spazzatura). Ma la scu la dobbiamo dividere, tra quando parla in dialetto e quando parla in italiano. C’è una scu che parla in italiano, che è negli appalti pubblici, come abbiamo visto. Una scu che cerca di tirare interessi, e che è dove ci sono persone, dove ci sono poteri corrotti. Guardate, quello che sta succedendo in Italia vi do lettura con qualcosa che a me ha fatto veramente leggere, perché ci sono cittadini con gli attributi. Mi riferisco al sacerdote che si chiamava don Luigi Sturzo, che diceva – immaginate, io quando l’ho letto sono rimasto stupefatto, mi sono chiesto come fosse possibile – non vi scandalizzate: “Il primo omicidio di mafia, ritorniamo indietro nel 1893, per dire quanto sono importanti le piazze. Era l’omicidio di Emanuele Notabartolo, avvenuto il 1° febbraio. Parlava, Sturzo, di quella mafia che oggi serve per essere servita domani, protegge per essere protetta, ha i piedi in Sicilia ma ha terre anche a Roma, penetra nei gabinetti di Montecitorio, viola segreti, sottrae documenti, costringe uomini creduti fior d’onestà ad atti disonoranti e violenti. Attenzione: la radiografia dell’Italia. ma io oserei parlare della mia terra, la Puglia, dal Gargano in poi. Io sono stato nelle terre del Gargano anche dopo l’omicidio dei due fratelli Luciani, sono stato vicino alle famiglie, sono stato lì anche per il primo comitato antimafia, in cui c’è anche un esponente di Libera, e ne abbiamo parlato, per dire dove ci sono fiori di omicidi che non si sa mai, irrisolti, vite umane che vengono trattate come se niente fosse, si uccide così.

 

Sembra che la violenza sia diventata il linguaggio con cui afferma il suo dominio. Ma come è possibile?  Allora l’appello è alle agenzie educative sul territorio: parlo della Chiesa, della scuola (ringraziamo Dio finché abbiamo la scuola pubblica, articolo 34 della Costituzione, aperta a tutti: prima forma di giustizia). Far conoscere ai ragazzi la possibilità di saper leggere e scrivere, ma la scuola non basta: ci vuole la famiglia, le associazioni sportive, in un territorio, nei nostri paesi, dove la gente si conosce, gente semplice, la maggior parte è nata in famiglie semplici che hanno abbracciato l’unica strada, che è il sacrificio di quelle mani.

 

Se Voi guardate le mani dei nostri nonni o dei nostri genitori, sono mani ruvide: uomini e donne che hanno dato cultura, che hanno permesso ai propri figli di potersi laureare, donne e uomini che non conoscono vacanze bianche, uomini e donne dediti al lavoro, uomini e donne che hanno tenuto alla famiglia, ai valori: ciò che vale, ciò che poi sarà. Persone che hanno avuto il coraggio di formare le coscienze. E quando guardi quelle mani forse non troverai un nonno che ha fatto grandi master; che poi, se la cultura viene masterizzata e ti mettono il guinzaglio e non sarai più libero, tu professionista, di poterti indignare quando le cose non vanno, perché ti abbiamo mandato a studiare?

 

Su di te la famiglia ha fatto un investimento, perché la tua libertà sia anche praticata nel pensiero, quel pensiero forte; non quel pensiero debole che è il pensiero della corruzione, del compromesso, quando ti vendi, come diceva don Tonino Bello, ai politici “per un piatto di lenticchie”. Attenzione: tutti noi pretendiamo che i politici debbano essere onesti, ma siamo i primi ad essere corruttori di questi politici. Perché? Perché chiediamo posti di lavoro, chiediamo la raccomandazione. Allora se non cambieremo noi stessi in ambito culturale, nel saper dare un indirizzo ai nostri figli, che sono il futuro di domani, allora che cosa cambierà?

 

Allora vedete che le manifestazioni servono, perché è come una campana la manifestazione, è come un richiamo per dire: “Svegliati! Alzati! Rifletti!”.

 

Ma se io quando mi siedo con mio figlio dico – scusate se lo dico in dialetto –: “Fiu meu, se picca picca vidi qualcuno fatte i fatti toi, cittu t’ha stare”, comprenderete che questo vuol dire che sto educando mio figlio a uno stile malavitoso. E poi un’altra cosa: se io sono un sacerdote, e celebro, come mi è successo, funerali per ragazzi che sono morti di overdose, perché la droga fa bene alla Sacra Corona Unita: la droga è un fermento, qualche clan qui, a Lecce, tra droga e prostituzione ha fatto affari. Ecco perché io non parlerei di Casarano, parlerei di tutto il Salento: tutto il Salento è così ormai.

 

Il Salento ha bisogno di riappropriarsi del proprio territorio, della propria vocazione naturale. Uomo o donna, chi sei? Da dove vieni? Dove sei nato? Un minimo di legame con il proprio territorio, un senso di appartenenza con il proprio territorio. Perché se tutti gettiamo i remi in barca e nessuno vorrà remare, non ci lamentiamo, come siamo soliti fare come italiani, del nostro domani: perché un domani eravamo anche noi lì, ad essere attori di questa cittadinanza attiva partecipata. Ma se anche noi gettiamo la spugna, che cosa sarà della tua città? È facile parcheggiarsi come una macchina con le quattro frecce, così come a volte – scusate, ma lo dico con molta umiltà – a volte ci hanno educato, stare sempre dalla parte protetta, dalla parte in cui non devi prendere mai posizione, ma appena vedi il carro del vincitore devi montare subito addosso e dire: “Io ero con te”. Vigliacco, codardo che non sei altro. Se ti comporti così non mi servi neanche in chiesa per la Sacra Messa, perché il tuo “amen” implica un accettare, vuol dire accettare. Quindi non stai rispondendo a qualcosa, ogni giorno, quando partecipi alla Santa Messa e celebri la Santa Messa, partecipi a una celebrazione della vita. Quel Cristo che prende volto, quel Cristo che ha un nome, che ha una storia, quel Cristo che dice: “Lo avete fatto a me”.

 

E tu che cosa hai fatto a lui? Lo hai tradito sempre, Pietro. Pietro ci rispecchia. C’era un Pietro che diceva: “Signore io per te farò tutto”, ma quando Gesù doveva prendere Gerusalemme, la strada dell’impegno, la strada della responsabilità come risposta, come spina dorsale, Pietro sapete che fece? “Signore non andare, che non ti accada mai questo”, e che cosa accade? Gesù si volta e siccome è uno con le palle che cosa dice? “Vai dietro a me Satana, perché tu non pensi secondo Dio, ma pensi secondo gli uomini”: ed ecco qui gli uomini del protocollo, le donne del protocollo, ecco la parte sicura.

 

E allora credo nel Vangelo della responsabilità, credo in una Chiesa libera come Gesù Cristo l’ha fondata, libera. Perché è libera? Perché annuncia che cosa? Questo regno di Dio, non un regno di malavitosi.

 

Un giorno mi trovavo in una manifestazione e giustamente, io porto un abito addosso, e quindi prendo pure chi non è d’accordo, giustamente, ed io sono tenuto a rispettare anche chi dice il contrario di quello che io sto dicendo. Un ragazzo mi ha colpito, mi ha detto: “Tu prete, vergognati, parli proprio tu della tua Chiesa”. E io gli ho detto: “Guarda, dobbiamo distinguere quando parliamo della Chiesa di Dio, di Gesù Cristo, che è libera, e di uomini di Chiesa che si sono venduti. Totò Riina – gli ho fatto un esempio – da chi veniva protetto? Veniva protetto da don Stilo, in Calabria, un prete che era assorto alla  ‘ndrangheta. Totò Riina e Ninetta Bagarella furono sposati da un prete massone”.

 

Se volete vi dò anche la fonte: c’è un bel testo di Isaia Sales, docente dell’Università Federico II di Napoli, che parla di preti e mafiosi. Perché è importante fare memoria operante: mai dimenticare, chi vuole dimenticare è perché ha paura di una nuova primavera nella propria vita. Perché la memoria operante ti fa capire ciò che eri, ciò che sei, e che forse c’è qualcosa da cambiare per come dovresti essere, quindi la svolta.

 

Ebbene cosa accadde? Che c’erano sacerdoti che erano assecondati a questi soggetti, che si vendevano per Dio mammona. Non potete servire due padroni: se servi Dio non puoi servire il malavitoso. E con questo cito la Costituzione, visto che non va più di moda, ma la cito perché se io oggi posso parlare in questa Piazza parlo perché? Grazie all’articolo 21 della Costituzione Italiana: libertà di pensiero, di parola, di stampa, perché la parola per i battezzati è profezia. Dice così l’articolo 27: “io sono contro ogni forma di malavita organizzata”, ma quando posso toccare, non io ma Dio, con la sua mano santa, può far cambiare vita a queste persone. E vi ricordo l’appello dell’anno 1993, il 9 maggio 1993 nella Valle dei Templi, quando Giovanni Paolo II, con la sua fermezza, col suo pastorale, diceva: “Convertitevi! Ci sarà il giudizio di Dio”, ricordate? Fortunatamente la Conferenza Episcopale Siciliana, a 25 anni – ce n’è voluto di tempo, però non è mai troppo tardi – a 25 anni di distanza, in quel documento che è stato scritto, dove parla a queste persone di convertirsi e di cambiare vita. E la Chiesa, ma quale madre e mai matrigna dovrebbe essere sempre, con la M maiuscola, annuncia a queste persone la verità.

 

Io ho un collaboratore di giustizia, un ex uomo di cosa nostra, un uomo che appartenendo a questa organizzazione piramidale ha fatto tanto del male; ma noi abbiamo bisogno anche dei collaboratori di giustizia, perché parliamo anche in maniera pratica: la organizzazioni malavitose, la scu come la camorra, come la ‘ndrangheta, come la mafia del Gargano – non parliamo di faide, non esistono le faide nel Gargano, come ci hanno intortati fino adesso.

 

Domenico Seccia è un magistrato che purtroppo doveva fare lì il procuratore: lo hanno mandato a Lucera. Quell’uomo nel suo libro indicava i prossimi che sarebbero stati ammazzati. Capite quando c’è tanta difficoltà, dove questi signori si manifestavano anche nelle istituzioni con tracotanza e prepotenza. Perché? Perché c’era la pax, e i conniventi chi erano? Cittadini. Perché loro garantivano a questi signori del Gargano pascoli abusivi. E anche tu, che avevi il tuo diritto di proprietà, venivi invaso, eri oggetto di danni, ma non potevi parlare per paura che qualcuno ti potesse fare qualcosa.

 

E allora io credo questo: rialzati, rialzati Salento! Abbi il coraggio di guardare in faccia la realtà, affinché ai tuoi figli oggi, tu Salento, possa garantire un futuro diverso: un futuro dove i bambini possano sognare, possano giocare, un futuro dove gli anziani non sono un peso ma sono una grande risorsa, perché rappresentano la memoria. Dove la vita possa sempre fiorire, dove i talenti possano non andare fuori, ma rimanere qui, dove i cittadini possano avere il diritto e la dignità del lavoro. Credo nell’antimafia praticata, che è l’antimafia del lavoro, il lavoro.

 

A questi signori politici, perché loro si siedono con €14.000 a tavola. Ma io da ex operaio vedo altri operai come me, a cui, quando li ho incontrati dopo la Santa Messa per ricevere qual cosina, ho detto: “Non so cosa ti devo dare”. A un mio ex operaio, con cui lavoravo in manovia Adelchi, diedi una di quelle bustine bianche che danno al sacerdote, e dissi: “Guarda, prenditi questa qui ma non so a che cosa ti può servire”. Io ero un po’ avvilito, perché non potevo fare chissà che cosa, e lui mi ha detto: “Non ti preoccupare, anche con queste €15 io posso comprare qualcosa e portare la mia dignità a casa, a mia moglie. Posso portare qualcosa, perché mi hanno privato di questa cosa che è la cosa più importante, la mia dignità di padre, il lavoro. L’Italia, primo articolo della Costituzione, “il popolo è sovrano”. E sempre governi tecnici ci sono stati. L’Italia si basa sul lavoro, oserei dire sui contratti a progetto, sul precariato, su che si basa?

 

Oserei dire che, quando lo Stato arresta i giovani, ha fallito: sapete perché? Perché ha fallito non solo lo Stato, quando parlo di Stato parlo di te cittadino. Tu sei lo Stato, perché ti sei voltato dall’altra parte.

 

Perché quando quei ragazzi, che io prendo dalla strada, con cui vivo e condivido la mia vita, sento che sono stati rapinatori o che hanno prestato la loro vita al fianco di camorristi o al fianco di uomini di cosa nostra, a questi ragazzi annuncio la libertà, annuncio quel Vangelo che umanizza, che responsabilizza, quel Vangelo che riveste quella dignità di uomo. Ma a queste persone annuncio un Vangelo anche pratico: si chiama patto di legalità. Il patto di legalità è importante: vuoi cambiare vita? Sì . E assumiti le tue responsabilità.

 

Faccio un esempio: se io so che a Casarano, in quella via spacciano, e se parli sei un infame, un animale, “fatti i fatti tuoi”. Anzi, permettetemi di esprimere a Marilù Mastrogiovanni tutta la mia solidarietà, perché chi parla deve prima mettere a repentaglio la sua vita, chi parla prima deve provare sulla propria pelle cosa vuol dire non dormire qualche notte, sulla propria pelle, essendo madre di famiglia, una donna. Le donne non si toccano: chi tocca una donna non è un uomo, ma neanche verbalmente, violentemente.

 

Quindi cosa voglio dire? Che la violenza è il linguaggio di chi non ha niente da dire e si impone così, col vilipendio. E poi la bella azione qual è? Chi diventa il problema? Chi parla. Io credo nelle istituzioni democratiche, io credo che se c’è qualche problema, se io sto per dire qualcosa di chiunque le autorità, che per loro hanno il compito, mi chiamano e mi dicono: “Beh, che cosa sta succedendo?”. Siccome tutti siamo deputati al bene comune, l’unico esclusivo interesse, beh parliamo perché credo che la pace di una comunità, le relazioni tra di noi che ci conosciamo tutti, credo che dobbiamo vivere in pace, quella pace che è frutto di un unico interesse che è il bene comune. Ecco perché siamo qui per parlare.

 

E allora la criminalità organizzata viene favorita da atteggiamenti di disimpegno, di passività e di immoralità nella vita anche politico-amministrativa. È determinante questo.

 

E allora l’omertà che,ripeto, non è affatto per i battezzati, per i cristiani, non è un’attitudine cristiana, la comunità cristiana e civile deve impegnarsi sempre di più nella costruzione di una società giusta, libera dai condizionamenti malavitosi e pacifica, dove siano tutelate dagli ordini competenti le persone oneste, il bene comune. Lo dice papa Francesco, non sono parole di Antonio Coluccia. La mafia come problema storico anche della Chiesa cattolica, non è del tutto risolto. Nonostante la scomunica lanciata ai mafiosi da papa Francesco, vi ricordate a Sibari, in Calabria, vi ricordate?Dove Papa Francesco finalmente nel 2014 – attenzione alle date – nel 2014 finalmente i vescovi scomunicano i mafiosi perché non sono in comunione con Dio, perché non sono in comunione con la vita, perché non rispettano la vita, ma barattano la vita, vendono la vita, perché sono venditori di morte e di droga, prestano denaro a strozzo.

 

Attenzione: rivolgiti sempre alle istituzioni, mai a qualcuno, perché tu sei nato libero, non hai bisogno di nessun protettore, lo dico come sacerdote. C’è un Dio che ti custodisce che ti accompagna, che ti abbraccia, che ti vuole bene, c’è un Dio che vuole che tu viva come un gabbiano libero, e come il gabbiano per spuntare il volo, diceva don Tonino Bello, abbiamo bisogno di un’ala di riserva. Qualche volta un’ala ci viene spezzata dalle contraddizioni della vita, dei sogni infranti, da ogni situazione che ognuno di noi purtroppo può vivere. Ma il coraggio, ma il coraggio che abita dentro di te, il coraggio di spiccare il volo, quel coraggio, come diceva Sant’Agostino, e voglio testimoniare qui la speranza che appartiene a questa terra, che appartiene a questo paese, a questa bella città fatta di persone oneste, e solo alcuni che vogliono detenere questo territorio, alcuni, ma i cittadini di questa terra sono i cittadini onesti, tutta gente che lavora, tutta gente che ha studiato anche per farsi una casa.

 

Forse è gente che anche emigrata da qui. Persone che l’unico valore che conoscono è il sacrificio per poter dare, per aver dato ai figli un futuro, stringendo la cinghia. Ecco allora, in nome di questi valori, in nome di questa Genesi, coraggio, come diceva Sant’Agostino, speranza. Questa speranza che ha dei figli: l’indignazione e il coraggio. Sapersi indignare è importante e pure il coraggio, quel coraggio che ti fa prendere il largo, vita nuova. E allora io credo che tutte le cose iniziano con poco, caro presidente, mi riferisco all’avvocato che è qui, che io stimo come persona onesta, come buon padre di famiglia e come marito, mi riferisco ai valori della vita, mi riferisco a persone con la spina dorsale, mi riferisco a persone che mettono al servizio della comunità la loro vita, a queste persone, come tante persone qui presenti che siete voi, volontari, cittadini, persone, commercianti, persone impegnate nel mondo della cultura, della scuola, cittadini: questa terra cambierà se tu ti sporcherai le mani insieme con noi, affinché i nostri figli possano camminare, possano giocare, e affinché i nonni possano essere un valore e mai un peso, affinché la libertà abbia il sapore della primavera.

 

Vorrei concludere con queste parole, che diventano per me importanti, tre cose che mi accompagnano: osare, rischiare, compromettersi. È importante, guardate che la vita non è quanti anni tu vivi, ma come tu vivi.

 

Io forse non vengo controllato solo quando vado in bagno, e ringrazio questi uomini, queste forze di polizia, che sono un’istituzione credibile, perché non sono politici, è lo Stato: ci sono persone che hanno passione. Ecco perché ringrazio, ecco chi sono loro: padri di famiglia, persone che hanno figli, persone che la pensano come noi, che molto spesso per quattro soldi – e io ne so qualcosa perché ho perso un familiare – lasciano la vita per questi “grandi”, per questi spregiudicati, per queste persone che non amano la vita. Paolo Borsellino diceva “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.

 

Io, noi, voi: da quale parte stiamo?

 

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