Microtunnel Tap: manca la certificazione di sostenibilità ambientale

Le balle del tubo (3a puntata). Operazione: de-bufalare l’informazione su Tap. La certificazione EMAS per il microtunnel di approdo alla spiaggia non c’è né mai ci sarà. I valutatori: “difficile” rilasciarla se i cittadini non vogliono il gasdotto

 

di Marilù Mastrogiovanni

Nelle puntate precedenti ho spiegato perché è una bufala quella secondo cui gli italiani risparmierebbero il 10% sulle bollette del gas grazie a Tap. La bufala è firmata Matteo Salvini.

La bufala della ministra Barbara Lezzi è relativa ai presunti enormi costi di fuoriuscita dell’Italia dal progetto.

Ho spiegato che lo spauracchio della “penalità” che l’Italia dovrebbe pagare in caso di rinuncia alla costruzione del gasdotto non ha alcun fondamento, né hanno fondamento le stime fuori controllo strillate dai titoloni: passati da “20 miliardi” stimati “a passi felpati” a 30, 40, 70 miliardi.

L’ho spiegato in questo pezzo: TAP. LE BALLE DEL TUBO.

Poi ho spiegato che il Ministero dell’Ambiente, il 9 marzo 2018, pochi giorni dopo lo sberlone preso da Matteo Renzi alle elezioni, e prima che si insediasse il nuovo Governo, ha esonerato l’ultimo pezzo del gasdotto dalla Valutazione di impatto ambientale: si tratta del tubo che vogliono far arrivare sulle spiagge del Salento, a San Foca (Melendugno, Lecce).

Il Ministero ha concesso quest’esonero mettendo per iscritto che tutte le perizie, le autorizzazioni, i pareri necessari per legge erano a posto, cioè affermando che tutte le “prescrizioni” erano state soddisfatte.

Invece non era vero.

L’ho spiegato in questo pezzo: TAP, COSI’ L’EX MINISTRO GALLETTI HA FATTO CARTE FALSE.

 

Adesso scriverò di un’altra certificazione mancante, forse la più importante: quella relativa alla sostenibilità ambientale dell’opera nel tempo.

 

LA CERTIFICAZIONE ECOLABEL-ECOAUDIT

Perché il tubo passi dalle spiagge del Salento, tra le altre certificazioni, è richiesta quella relativa al “Sistema di gestione ambientale (ISO EMAS)”.

Tale “Sistema di Gestione Ambientale dovrà fare parte integrante del Capitolato di appalto delle imprese” che costruiscono il gasdotto. E’ scritto nel decreto ministeriale (223/2014) firmato dall’ex ministro Gianluca Galletti (Udc), quando al Governo c’era Matteo Renzi.

Questa certificazione ambientale per il microtunnel, non c’è.

E’ però indispensabile per legge, come abbiamo visto, per redigere i capitolati di appalto delle imprese che realizzeranno le opere.

Senza questa certificazione, non possono essere messi a bando i lavori per la costruzione del tubo che arriva alle spiagge.

Si tratta di un documento complesso, perché nella certificazione bisogna inserire “l’indicazione analitica delle singole attività (periodo di realizzazione e durata, modalità esecutive, localizzazione delle aree di lavorazione, mezzi coinvolti) e degli accorgimenti e dispositivi previsti per il contenimento, spaziale e temporale, della dispersione dei fanghi bentonici e del materiale dragato” (decreto 223/2014).

Bene, nel Paese dei condoni e delle proroghe ci sarà un modo per mettersi in regola ex post, ho pensato.

No, non c’è. Né mai ci sarà.

La Sezione EMAS Italia del Comitato per l’Ecolabel e l’Ecoaudit, ente governativo in seno allo stesso Ministero dell’Ambiente (sic!), nella seduta dell’11 giugno scorso, dunque due mesi e due giorni dopo il nulla osta del Ministero dell’Ambiente scrive che: “il Comitato rileva anche una criticità in merito alla scelta del sito oggetto di registrazione”.

E aggiunge che uno dei requisiti per ottenere la certificazione è quello di poter garantire il “miglioramento continuo delle prestazioni ambientali”, mentre “per la natura dell’opera, è presumibile ritenere difficile il riscontro nel tempo di tale requisito fondamentale ai fini del mantenimento della certificazione”.

Infine, aggiunge il Comitato, la certificazione richiesta dal Ministero, prevede anche una “Dichiarazione Ambientale, documento convalidato da un Verificatore Ambientale accreditato”.

Tale “dichiarazione ambientale” prevede anche il coinvolgimento degli “stakeholders”, cioè i portatori d’interessi. In una parola: i cittadini.

Per questo, scrive il Comitato: “Considerate le forti tensioni locali e i numerosi contrasti a cui l’opera è soggetta, con alta probabilità questo Comitato sarebbe tenuto a prendere in considerazione eventuali reclami, provenienti dalle cosi dette “parti interessate”, ostativi ai fini del rilascio/mantenimento della Registrazione, come previsto dall’art. 13 del Regolamento EMAS”.

Dunque: poiché i cittadini non vogliono il gasdotto e siccome la certificazione “Emas” tiene conto della volontà dei cittadini, quella certificazione non arriverà mai.

La prescrizione “A.5”, relativa tra le altre cose anche alla certificazione “Emas-Ecolabel” per il microtunnel non è stata né mai potrà essere soddisfatta.

A meno che, si spinge ad ipotizzare il Comitato, non ci sia “un ripensamento in merito alla formulazione della prescrizione A.5”.

Cioè va riscritto il decreto ministeriale che include la prescrizione “A.5”.

Ma come si fa? Il Ministero, per mano del suo direttore generale, ha già dichiarato che tutte le prescrizioni sono a posto, anche se questo era palesemente falso.

E così ha sbloccato i lavori. Che però non possono partire se manca la certificazione “Emas”.

Un impasse generato da abuso di potere, dichiarazioni false, accordi stretti sotto banco. Su tutto questo aleggia lo spettro sventolato da Socar, l’azienda di stato dell’Azerbaijan che detiene il 20% delle quote della società Tap.

Socar agita lo spettro del dissesto, minacciando di chiedere all’Italia 70 miliardi di euro di danni.

Ma perché? Chi è Socar, che con il suo 20% si sente così forte da poter minacciare l’Italia?

 

3/CONTINUA

 

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