Sacra corona, clan Nisi-Briganti: sequestrati beni per un milione e mezzo ai fratelli Caroppo

Appartamenti, terreni e veicoli, conti deposito, assicurazioni: il patrimonio non corrisponde a quanto dichiarato dai due affiliati alla scu

di Marilù Mastrogiovanni

Gli appartamenti intestati ai parenti non sono serviti per distrarre il Gico (Gruppo di Investigazione sulla criminalità organizzata) della Guardia di Finanza di Lecce.

Damiano Caroppo

Massimo e Damiano Caroppo, due fratelli di San Cesario affiliati al clan della sacra corona unita Nisi-Briganti, hanno accumulato proprietà per un milione e mezzo di euro, intestandole a prestanome.

Una strategia rivelatasi inutile: gli appartamenti, nove in tutto, sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza di Lecce in seguito alle indagini del Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata (Gico), che hanno portato allo scoperto un patrimonio consistente. Oltre alle abitazioni, tutte nei Comuni di Lecce e San Cesario, un terreno, due auto, un motociclo, tre polizze assicurative e denaro depositato in conti deposito: in tutto, circa un milione e mezzo di euro tirato su con attività di usura, spaccio ed esercizio abusivo del credito. Una pratica, quest’ultima, che consiste nel prestare illegalmente denaro: premessa, evidente, all’usura.

Il sequestro è stato possibile applicando le misure di prevenzione previste dal “codice antimafia” (dlgs 159 del 2011).

“Il Codice antimafia consente – spiega il tenente colonnello Nicola De Santis – per soggetti “socialmente pericolosi” e la cui mafiosità è acclarata da numerosi procedimenti penali e condanne, di sequestrare preventivamente i beni nel caso non vi sia corrispondenza tra quanto dichiarato e quanto posseduto”.

N

Massimo Caroppo

on si tratta, quindi, di indagini relative a nuove notizie di reato: non è stato aperto un nuovo fascicolo d’indagine presso la Procura di Lecce.

Si tratta invece della corretta applicazione delle nuove leggi antimafia, che danno agli inquirenti delle armi più affilate per tagliare le gambe alle mafie, sottraendo loro le proprietà.

L’analisi del patrimonio dei due affiliati alla scu è contenuta in un’informativa del  Gico (Gruppo investigativo criminalità organizzata) della Guardia di Finanza di Lecce, inviata in Procura.

Il sequestro patrimoniale con scopo preventivo, per soggetti socialmente pericolosi e con  acclarata propensione a delinquere infatti, deve essere disposto con decreto dell’autorità giudiziaria.

In questo caso la firma è di Valeria Farina Valaori, sostituta procuratrice della Direzione distrettuale antimafia (Dda) presso la Procura di Lecce, che il 15 giugno scorso ha disposto il sequestro eseguito oggi dalla GdF.

Secondo la normativa antimafia, il sequestro è il passo necessario prima della confisca definitiva dei beni: se l’iter giudiziario confermerà l’origine illecita, i beni (ora affidati ad un custode giudiziario delegato dal Tribunale di Lecce), diventeranno proprietà dello Stato.

Nel caso dei fratelli Caroppo, sebbene si tratti di persone dall’elevato spessore criminale, tanto che il clan, precisano gli inquirenti, ha mutato il nome in Nisi-Briganti-Caroppo, l’iter per il sequestro dei beni frutto di attività illecite va a rilento. Coinvolti nell’operazione Twilight nel 2016, i loro beni sono stati sequestrati, poi dissequestrati nel 2017, ora nuovamente sequestrati in applicazione del codice antimafia.

Che sia la volta buona?

 

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