Il pescatore di uomini

Al largo di Malta, a bordo di Aquarius, nave-soccorso della ong SOS Mediterranée, 629 persone, tra cui 123 minori non accompagnati e 7 donne incinte, hanno atteso quasi 48 ore (dal 9 all’11 giugno) prima che un Paese europeo, la Spagna di Pedro Sanches (Partito Socialista Operaio), autorizzasse l’attracco. Avevano viaggiato su gommoni e mezzi di fortuna, per poi essere recuperate dalla Guardia Costiera italiana e trasbordate sull’Aquarius. Ha esultato il neo ministro dell’Interno Matteo Salvini (Lega): «Da oggi anche l’Italia comincia a dire NO al traffico di esseri umani, NO al business dell’immigrazione clandestina». In verità l’Italia e gli italiani hanno sempre detto NO alla tratta di essere umani, che è una violazione dei diritti fondamentali dell’Uomo, oltre che un reato incardinato nel nostro ordinamento. Quello a cui si è detto NO, oggi, è la nostra umanità. MLM

 

Io sono il comandante.
Qui fuori, guardo un mare infinito di stelle senza onde.
Il mio oblò è il punto di partenza; il punto di arrivo. Il punto di non ritorno.
Da questo vetro il riflesso della mia barba bianca si confonde con le luci che galleggiano nel vuoto. Perchè io sono il comandante, devo avere la barba bianca e devo prendere le decisioni.
Su questo mercantile decido io.

Qui fuori galleggiano in una carcassa sferragliante una quarantina di persone. Uomini, donne, bambini; stipati come bestie, in cerca di una speranza imponderabile, moscerini che si abbattono suicidi contro una finestra chiusa che nega loro salvezza dalla pioggia.

E io ora cosa devo fare…
La legge dice che sono clandestini, devono tornare a casa. La legge va rispettata. Dovrei avvertire le autorità, rimandarli indietro, comunque lasciarli qui.
Ma in questo mare di buio ho già visto troppi cadaveri galleggiare nel vuoto.

35º Parallelo, Canale di Sicilia, migranti provenienti da Bengasi. Foto di Marcello Carrozzo, pubblicata per gentile concessione dell’autore

Sono andato da loro. Li ho trovati in cuccette maleodoranti,addossati ai muri dei corridoi, nella stiva, ai bordi delle scalette.

Hanno le labbra serrate, ma urlano.
E in questo vuoto profondo, nessuno può sentirli urlare.

In un corridoio, il corpo di una ragazza; morta per gli stenti, coperta da un telo che nasconde adesso ciò che era povertà e disperazione. Più in là una mamma mi mostra il suo bimbo di pochi mesi. Li guardo, faccio al bimbo qualche smorfia. Lui sorride, ed è su quel sorriso che gli faccio una promessa: tu arriverai a destinazione, piccolo essere di una razza diversa dalla mia, perchè io non ti lascio qui alla deriva e non ti rimando indietro. Perchè sei piccolo e sei vivo, non ho altre ragioni.

Al diavolo la legge!
Non è legge, se mi permette di ignorare la sofferenza.
Non è legge, se mi consente di lasciar morire una persona.

Ordino al mio equipaggio di agganciare la carcassa. Poi cominciamo a trainarla.
Abbiamo dato loro da mangiare e da bere. Sembrano più tranquilli, anche se danno l’impressione di avere comunque paura di noi.

All’arrivo ci aspettano militari, fotografi e telecamere.
Sono diventato un caso.
Ho rifiutato di obbedire alla regola che mi impone di respingere i clandestini che trovo sulla mia rotta. Spero che da oggi altri comandanti faranno come me.

Guardo il bimbo che, in braccio alla madre, tocca finalmente terraferma.

Alle mie spalle la voce di una giornalista dà la notizia in diretta:

“Una quarantina di terrestri, a bordo di uno Shuttle fatiscente, sono stati intercettati e soccorsi al largo delle Pleiadi da una delle nostre astronavi mercantili”.

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