Conte, la lotta alle mafie e la risata di Renzi

Renzi nel 2014 nel suo discorso dinanzi al Senato non pronunciò mai la parola “mafia” né “corruzione”. C’è poco da ridere

Di Marilù Mastrogiovanni

Io davvero non so che cosa avesse da ridere Matteo Renzi, mentre il Senato esplodeva in una standing ovation al presidente del consiglio Giuseppe Conte, che con parole mai così chiare ha inserito nei punti programmatici del suo Governo la lotta alla mafia.
Ho visto e rivisto quel passaggio, rewind e forward più di dieci volte.

 

Contrasteremo con ogni mezzo le mafie. Aggrediremo le loro finanze, le loro economie”, ha detto Conte. L’ha detto con forza: l’intenzione era di dare un segno, non di pronunciare una frase di circostanza. Peccato per la scivolata sull’utilizzo del termine “congiunto” in riferimento al fratello del presidente Mattarella, Piersanti, vittima innocente di mafia.

 

Delle vittime innocenti di mafia bisogna fare i nomi e i cognomi, perché si devono onorare; e dei mafiosi e dei corrotti si devono fare i nomi e i cognomi, in vita, perché si devono denunciare.
Ma davvero non trovo nulla su cui ridere nel discorso di Conte.
Quando è partita la standing ovation, la presidente del Senato ha bloccato lo scroscio dell’applauso dicendo “Non mi sembra il caso”, ed era vero.
Non era opportuno, ma era vero. Non era opportuno perché in Italia non è scontato raccogliere applausi nel pronunciare una frase del genere e infatti Renzi e i suoi non hanno applaudito.
Anche dagli scranni di Forza Italia non applaudivano, ma era prevedibile.
Dal Pd no, non me l’aspettavo.

Renzi e i suoi non sono forse gli eredi morali di Pio La Torre? Non è forse la lotta alla mafia, anche alle finanze della mafia, nel dna della sinistra?
Alla stessa frase, a parti invertite, cioè con un premier gradito a Renzi, forse che Renzi e i suoi non avrebbero applaudito?

 

Forse no. Perché quella frase Renzi non l’ha mai pronunciata.

 

A rileggere il discorso con cui Renzi si presentò al Senato nel 2014 per chiedere la fiducia, invece, c’è da ridere davvero.
Parlò con una mano in tasca, praticamente a braccio.
Esordì dicendo che “non ho l’età”, gongolando di non poter sedere tra i senatori perché troppo giovane e citando Gigliola Cinguetti. La citò al quindicesimo rigo della trascrizione del suo discorso, più o meno dopo due minuti dall’incipit. Dopo più o meno 5 minuti definì il suo Governo la “generazione Erasmus”, gongolando di nuovo in riferimento alla giovane età. Come se l’età fosse garanzia di freschezza d’idee. Che non sia così ce l’ha dimostrato la senatrice Liliana Segre: l’unica vera “posizione” politica all’interno dell’opposizione.
E a rileggerlo ora quel discorso di appena 4 anni fa viene da ridere, ma per la rabbia.
Più o meno quella che avranno provato gli elettori di Renzi nel crociare il simbolo del M5S (me li immagino mentre lo fanno con forza, calcando la mano sulla carta).
Renzi nel suo discorso la parola “mafia” non la pronunciò neanche una volta.

Non pronunciò neanche la parola “corruzione”.

 

Tuttavia l’attività legislativa in tema di mafia e corruzione ha mosso qualche passo, in questi 4 anni.
Avviso pubblico, l’associazione degli enti pubblici contro le mafie, ha redatto un dossier sull’attività della XVII legislatura (quella che è partita con il governo Letta, per passare a Renzi e finire a Gentiloni) a proposito di mafie e corruzione.
Qui una scheda riassuntiva.

 

Colpisce che i provvedimenti ancora una attesa di essere approvati siano proprio quelli che colpirebbero le mafie al cuore: la zona grigia dove si mischiano imprenditoria, politica e criminalità.
Uno per tutti: una riscrittura del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, per colpire di più e più facilmente chi è contiguo, colluso, fiancheggiatore, amico.
E poi la riforma della legge sul conflitto d’interesse: su questo argomento Conte ha raccolto rumori e indignazione dai deputati Pd, riuniti a Montecitorio per votare la fiducia. Il suo è stato un accenno generico (“ognuno hai i suoi conflitti”), ma soprattutto il Pd s’è sentito chiamato in causa.

 

E ancora: è necessario uno snellimento delle procedure di scioglimento dei Comuni per mafia. E la legge sulla depenalizzazione dei reati d’opinione, per arginare le querele temerarie, per eliminare il carcere per i giornalisti: ne vogliamo parlare e subito?
Non c’è lotta alle mafie e alla corruzione senza libertà di stampa.

 

Sono 17 i disegni di legge, tutti importanti, che giacciono nei cassetti e la cui approvazione e applicazione darebbe una mano per “aggredire” le “finanze” delle mafie e “le loro economie”.
Su questi temi la Ministra del Sud Barbara Lezzi (M5S) ha un ruolo fondamentale, di stimolo e accelerazione, perché, se il Sud più diventare un “terra bellissima”, questa sua rinascita non può che passare dalla lotta a tutte le mafie e alla corruzione, anche riprendendo la proposta del pm Nino Di Matteo, di confiscare i beni a corrotti e corruttori con le stesse procedure che si applicano ai mafiosi.

 

Viene dalla provincia di Foggia il premier Conte, una terra messa in ginocchio dalla mafia agricola, delle energie rinnovabili, del turismo, dei traffici internazionali di droga. E in quelle due parole, “finanze” ed “economie” ha tracciato l’identikit delle mafie che conosce e che intende combattere: non quelle con la coppola e il fucile a cannemozze (che non esistono più), ma quelle che sanno intercettare flussi finanziari grandi quanto una manovra economica di un intero paese, investendo in “economie” e attività produttive e speculative di ogni tipo.
Insomma, quelle che godono di grande consenso sociale, che piacciono alla “gente”, di cui Conte si è definito “avvocato”.

 

Sarà dura, ma ne vale la pena.

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