di Barbara Toma
Il nuovo governo Salvini – Di Maio si è appena insediato. E io faccio tanta fatica a non pensare all’orrore di un Salvini Ministro dell’Interno e Lorenzo Fontana per Famiglia e Disabili (ma poi perché mai questa associazione Famiglia e Disabili?!) , faccio fatica a non pensare alla totale assenza di un Ministero per le Pari Opportunità. Non hanno ancora firmato che già lanciavano nell’etere dichiarazioni maschiliste, tradizionaliste, antiabortiste, aberranti e , a mio parere, alquanto minacciose per il futuro di questo povero Paese.
Non voglio scrivere di questo, ma faccio fatica a non pensarci, ecco.
Mi devo concentrare sulle piccole cose, quelle intorno a me, giusto.
Che le piccole cose possono fare il cambiamento, no?
Dunque, vediamo.
Da ieri qui , nella piccola città in cui vivo, è cambiato il senso di marcia di una delle strade principali del centro. UNA VERA E PROPRIA RIVOLUZIONE. In questi giorni, il quotidiano locale ha addirittura dedicato intere pagine alla notizia. Il cambio di direzione ha generato un panico generale e molto disorientamento. Qualcuno ha perso il suo parcheggio preferito, qualcuno ha ottenuto più visibilità alla sua attività commerciale, qualcun’altra ha dovuto fare i conti con l’aumento di smog davanti casa, in tanti non riuscivano a capire come affrontare la novità.
Tra qualche anno nessuno ricorderà più di ‘quando in quella strada si guidava in senso opposto’.
Proprio come oggi nessuno riesce a ricordare come si sia arrivati ad avere i diritti e i doveri che abbiamo e la società in cui viviamo. Lotte, conquiste, sconfitte, grandi e piccole rivoluzioni dimenticate. Il più delle volte cambiamenti resi possibili proprio grazie alle lamentele dei cittadini.
Al presente però il cambiamento si sente e come! E ci si deve ancora abituare al nuovo senso di marcia. Anni e anni di spostamenti in una direzione hanno creato una memoria collettiva forte e ben radicata nel corpo dei Leccesi e nelle loro abitudini.
La memoria del corpo è qualcosa che mi ha sempre molto affascinato.
In questo periodo i miei laboratori permanenti stanno per concludersi e con il mio gruppo di floorwork principianti (un gruppo di splendide e selvagge donne piene di risorse e molto folli a cui devo davvero tanto) sto preparando una coreografia per il saggio di fine anno.
Il saggio è un’esperienza interessante per me. Mi impone di fare scelte molto diverse da quelle che solitamente si fanno in teatro, dove l’obbiettivo è quello di comunicare e trasmettere un’urgenza e le scelte si fanno mettendosi a servizio di ciò che meglio funziona per far passare il messaggio.
Il saggio ha altri obbiettivi, deve mettere in luce le qualità degli allievi e mostrare il materiale appreso durante il corso. Creare una coreografia per un saggio ti costringe a lavorare velocemente , bisogna raggiungere un risultato in tempi stretti e riuscire a creare una drammaturgia coerente e sensata , che tenga conto dei limiti dei danzatori ma che , al contempo, riesca a spingerli a superarli. Il tutto in massimo 7 minuti. Un bell’esercizio di tecnica per me. Sempre una bella sfida.
Un’insegnante deve tener conto del fatto che gli allievi hanno bisogno di tempo per potersi abituare al materiale e per memorizzare tutte le informazioni. Ciò nonostante per me è molto difficile rinunciare a migliorare la coreografia , quando ne intravedo la possibilità, per cui , contro ogni regola , le costringo a piccoli / grandi cambiamenti anche a pochi giorni dallo spettacolo.
E a quel punto le mie allieve, proprio come gli automobilisti di Lecce in questi giorni, si ritrovano a dover cambiare delle direzioni e fare percorsi diversi dai soliti, restando spaesate per un po’…fino a che non riescono a resettare la memoria del corpo.
Il corpo è più intelligente di noi.
E’ una cosa che dico spesso ai miei allievi, ed è vero!
Spesso inizio le prove chiedendo ai miei danzatori di fare per prima cosa la coreografia, subito, così, su due piedi, senza parlare di nulla e senza ripassare alcun passaggio, costrette a fidarsi del loro corpo e della sua memoria.
E funziona! E’ il mio modo per fargli capire che non devono più preoccuparsi, che arriva un punto in cui devono fidarsi del loro corpo e smettere di pensare.
Se ci fidassimo del nostro corpo forse sarebbe tutto più semplice. Mangeremmo meno cibo spazzatura, faremmo più movimento, faremmo più spesso all’amore, passeremmo più tempo nella natura e a giocare con i bambini e meno tempo in rete o davanti a uno schermo, daremmo la priorità ai nostri desideri più profondi , dandoci la possibilità di scoprire nuovi percorsi e nuovi tempi…se ci fidassimo del nostro corpo credo che arriveremmo ad essere più felici.
Mi piace pensare che , se ci fidassimo del nostro corpo, riusciremmo finalmente a dare ascolto alla rabbia e all’indignazione che ci abita e scenderemmo in strada, tutti, in massa, a protestare, a riprenderci in mano la nostra vita e cambiare la direzione in cui sta andando…
(foto di Marco Calò)
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