Fu proprio all’albeggiare di un giorno di tanti anni fa, che la vide. Tornando al porto, notò là in fondo, su quella striscia di scoglio, una donna vestita di scuro. I lunghi capelli neri si lasciavano sfiorare dalla brezza e il viso, bianchissimo, era rivolto verso di lui. O forse, chissà… forse stava soltanto guardando il mare.
Non ci pensò due volte e fece una cosa che avrebbe potuto comprendere soltanto un poco più che ventenne come lui, con tutta la sua benedetta incoscienza, con tutto il suo nonsenso: gettò l’ancora, poi si tuffò.
Non era ancora estate e non era più primavera, il mare aveva ancora indosso il soprabito della notte appena trascorsa, la pelle tremò di un accenno di freddo. Ma non se ne curò e cominciò a nuotare, una bracciata dopo l’altra. Lei era ancora lì, non si era mossa. Non era poi così lontana quella riva. Ad ogni boccata di ossigeno, ogni volta che la testa si alzava tra gli spruzzi di spuma, lui la cercava con gli occhi. Lei sempre lì, sembrava lo stesse aspettando. Mise maggior vigore nelle ultime falcate, finché non sentì che i piedi potevano toccare. Camminando, emerse dall’acqua: il corpo muscoloso rigato di gocce salate, i capelli bruni meravigliosamente spettinati.
Lei non c’era più.
– E adesso che le dico? – pensò, ma tanto non riusciva a parlare. La ragazza sembrava un dono di bellezza posato lì da un re o da un dio onnipotente del mare. Nessun essere umano avrebbe saputo cosa dire, neanche il più grande poeta avrebbe trovato, in bocca o nel cuore, le parole giuste per salutarla.
Eppure era così triste.
In un altro tempo più remoto, nello stesso luogo, pirati stranieri a bordo di navi antiche arrivarono su quelle rive. In quella dolorosa apnea li seguì con lo sguardo (e adesso poteva vedere lontanissimo), mentre saccheggiavano interi paesi. Vide la fanciulla sollevata di peso e strappata dalle braccia dei suoi genitori. La vide patire le pene dell’inferno e in quel sogno senza confine, mentre le strappavano gli abiti di dosso, le sue braccia avrebbero voluto salvarla. Così, senza più fiato, colmo di una vendetta enorme, cercò senza successo di scagliarsi contro quelle bestie, per ucciderle tutte… e gridò lasciatela, maledetti. Lasciatela stare.
Vide il loro capo godersi lo scempio, mentre le sollevava il capo, prendendola per i capelli, e si beava del suo volto sanguinante.
Lei disse qualcosa e gli sputò in faccia.
Fu un attimo e i suoi bellissimi occhi si sbarrarono per sempre, in un ultimo sguardo di rabbia, dispetto e stupore. Scivolò senza vita lungo un filo di spada.
Lui vide i pirati gettare tra le onde quel corpo martoriato. E vide il vagare pietoso del mare che, quasi non reggendo lo sforzo, portò lei a riposare sulle rive di quello stesso scoglio.
Lei non c’era più. Si guardò intorno e si rese conto soltanto allora di non avere un nome da gridare contro il vento, per chiamarla.
Così decise che l’avrebbe chiamata per sempre Amore Mio.
Sono passati gli anni. Anche adesso che è vecchio, Vito, ogni mattina, si reca sulla spiaggia e, da lì, guarda verso l’isola della fanciulla, nella speranza di incontrarla di nuovo.
– Meh, Vitu! Ancora sta penzi a ddhra vagnona? Ci ai tittu ca era? ‘Nna principessa? E ’nnu tte throvi ’nna fimmina vera?
E scoppiano a ridere.
Lui lo sa che se lei l’ha scelto, in quella strana magia, attraversando il tempo e lo spazio, un motivo ci deve essere.
Non sa qual è, il motivo. Ma non gli frega niente.
Lui è disposto ad aspettare ancora, purchè lei ritorni.
E, certe volte, guardando il mare, si sorprende a pregarla, a mormorare alle onde, come se queste potessero portarle il messaggio: “Torna, Amore Mio. Torna da me”,
Non è ancora estate e non è più primavera, ma lui ha comunque deciso di guadare il tratto di bassa marea che separa il litorale dall’isolotto.
Ha fatto molta fatica per percorrere nell’acqua quei pochi metri.
Si è seduto nel punto preciso in cui la vide la prima volta.
Sì. Sì, è qui. Bella come tanti anni fa.
Gli porge la mano e Vito, ora tornato improvvisamente giovane, sente che quelle dita si intrecciano alle sue, mentre un bacio bianco e freddo, gli incendia di nuovo il petto.
E’ tutto davvero come quel giorno.
E adesso… Adesso vanno entrambi a nascondersi nel mare. E, come allora, faranno l’amore.
Il vecchio, felice, guarda a lungo i due giovani abbracciati tra le onde.
Poi sorride.
Per l’ultima volta.
Sostieni il Tacco d’Italia!
Abbiamo bisogno dei nostri lettori per continuare a pubblicare le inchieste.
Le inchieste giornalistiche costano.
Occorre molto tempo per indagare, per crearsi una rete di fonti autorevoli, per verificare documenti e testimonianze, per scrivere e riscrivere gli articoli.
E quando si pubblica, si perdono inserzionisti invece che acquistarne e, troppo spesso, ci si deve difendere da querele temerarie e intimidazioni di ogni genere.
Per questo, cara lettrice, caro lettore, mi rivolgo a te e ti chiedo di sostenere il Tacco d’Italia!
Vogliamo continuare a offrire un’informazione indipendente che, ora più che mai, è necessaria come l’ossigeno. In questo periodo di crisi globale abbiamo infatti deciso di non retrocedere e di non sospendere la nostra attività di indagine, continuando a svolgere un servizio pubblico sicuramente scomodo ma necessario per il bene comune.
Grazie
Marilù Mastrogiovanni
------
O TRAMITE L'IBAN
IT43I0526204000CC0021181120
------
Oppure aderisci al nostro crowdfunding