Petruzzelli: Andrea Chénier, ardente passionalità

di Fernando Greco

(foto Immagina)

 

 

L’intenso lirismo e una formidabile inventiva melodica, insieme con la perfetta “aderenza della musica all’azione” (per dirla con Massimo Mila), fanno dell’“Andrea Chénier” il capolavoro di Umberto Giordano (1867 – 1948); l’opera è stata rappresentata per la stagione lirica 2018 al Petruzzelli di Bari, dove ha riscosso il plauso entusiasta del pubblico.

 

IL RUOLO TENORILE

Lo Chénier debutta alla Scala il 28 marzo 1896 facendo conoscere al pubblico le qualità del giovane compositore foggiano, “una vera rivelazione più che una promessa… fibra, tempra e qualità indiscutibili di operista, musicista di cuore” secondo i giudizi comparsi sulla stampa più autorevole all’indomani del debutto.

L’opera di Giordano immortala la figura di un poeta realmente esistito, André Chénier appunto, ghigliottinato all’età di trent’anni (1794) durante la dittatura di Robespierre successiva allo scoppio della Rivoluzione Francese.

In musica Andrea Chénier diventa un fascinoso ruolo tenorile, personaggio a cui sono affidati gli ariosi più suggestivi nei quali sfoderare l’ardore della passionalità, in contrasto con l’inamidata e asfittica poetica di corte quale emerge nel primo atto e in particolare nel coro “O pastorelle addio”. Banco di prova e cavallo di battaglia per i più famosi tenori del Novecento, da Gigli a Del Monaco a Carreras, nell’allestimento barese il ruolo del protagonista è stato interpretato con sorprendente maestria dal tenore brasiliano Martin Muehle, impagabile nel rendere la calda passionalità di Chénier attraverso un credibile phisique du role molto simile all’iconografia di Giuseppe Borgatti, primo interprete dell’opera, e un timbro vocale generoso che ricordava quello di Franco Corelli, sicuro negli acuti, vibrante nei declamati, nobile e virile nell’esprimere il dolore della romanza “Come un bel dì di maggio”.

 

IL FIUME DELL’ORCHESTRA

Inappuntabile come sempre, Svetla Vassileva ha cesellato il ruolo di Maddalena di Coigny con intensità e varietà di fraseggio, con pathos crescente dalla leziosità iniziale fino alla più autentica disperazione (culminata nella struggente “Mamma morta”), sfoderando uno smalto vocale più tipico del soprano lirico che del soprano drammatico, a giudicare dalla luminosa bellezza della zona acuta rispetto a note gravi più esili, che talora si perdevano nel fiume dell’orchestra. A tal proposito, va sottolineato un turgore sonoro forse eccessivo da parte dell’Orchestra del Petruzzelli diretta da Michele Gamba, molto abile nel rendere il sinfonismo tipico della partitura, ma poco attento alle ragioni del canto e alla ricchezza dei colori orchestrali che dovrebbero differenziare i vari momenti della vicenda, per non parlare dei tempi velocissimi che hanno caratterizzato l’esecuzione del primo quadro.

Il baritono Claudio Sgura, di origine ostunese, ha indossato per la prima volta i panni di Carlo Gérard con portamento elegante associato a un pregevole timbro vocale, quelle stesse qualità che negli ultimi dieci anni gli hanno consentito di calcare con successo i palcoscenici di tutta Europa diventando il riferimento per ruoli come Scarpia o Jack Rance.

Applausi a scena aperta dopo l’appassionante esecuzione di “Nemico della patria”.

 

LO STUOLO DEI PERSONAGGI

La coralità dell’“Andrea Chénier” si estrinseca in uno stuolo di personaggi minori, ma fondamentali poiché molto ben caratterizzati nel libretto e nella partitura dell’opera. A Bari il personaggio di Bersi è stato interpretato da Daniela Innamorati, fascinoso timbro mezzosopranile perfettamente aderente in senso scenico e vocale al ruolo della serva fedele che diviene prostituta per poter mantenere la sua padrona. Il giovane Nico Franchini ha messo il suo fresco timbro tenorile a servizio del personaggio dell’Abate Poeta risultando efficace, con poche frasi ben calibrate, nel rendere l’incipriata e vana atmosfera di corte. Il mezzosoprano Alessandra Palomba si è disimpegnata validamente nei doppio ruolo di Contessa di Coigny e di Madelon differenziando molto bene l’antipatica albagia della contessa rispetto al verace patriottismo della vecchia popolana cieca, alla quale Giordano riserva il momento più commovente dell’opera. L’accorato Roucher, fedele amico di Chénier, è stato interpretato con accuratezza dal baritono Stefano Marchisio. Il disincantato cinismo dell’Incredibile è stato ben delineato dalla brillante interpretazione del tenore Massimiliano Chiarolla. Il baritono Francesco Solinas ha vestito i panni del sanculotto Mathieu trasmettendone validamente la buffa dabbenaggine.

Nei rispettivi ruoli dell’anziano romanziere Fléville, del Maestro di Casa, del pubblico accusatore Fouquier-Tinville, del capo dei giurati Dumas e della sentinella Schmidt si sono esibiti con efficacia i baritoni Federico Cavarzan, Gianfranco Cappelluti, Alberto Comes, Claudio Mannino e Graziano De Pace.

 

DIDASCALICO E SIMBOLICO

La messa in scena barese ha ripreso l’allestimento creato per il Festival Castell de Peralada e del Teatro Abao-Olbe di Bilbao con la regia di Alfonso Romero Mora, le scene di Ricardo Sánchez Cuerda, i costumi di Gabriela Salaverry, il disegno luci di Félix Garma (ripreso da Gianni Mirenda).

La bellezza di questa produzione si basa sulla fluidità e la chiarezza di uno spettacolo esplicito, di quelli cosiddetti “tradizionali” in perfetta aderenza con le vicende del libretto, in cui si inseriscono elementi di indubbio valore simbolico, come le crepe del soffitto nel salotto della contessa di Coigny che si allargano vistosamente a significare la progressiva disgregazione dell’inerte società nobiliare.

Giunti al terzo atto, nella sede del Comitato Rivoluzionario, la presenza di elementi d’arredamento del precedente salotto (i parati, il divano…) ricorda come le differenze tra aristocratici e rivoluzionari si annullino ogni qualvolta la rivoluzione sfoci nella dittatura (come è ben descritto nell’accapponante finale de “La fattoria degli animali” di George Orwell).

In perfetto accordo con le intenzioni registiche, il Coro del Petruzzelli istruito da Fabrizio Cassi ha sfoderato lodevoli doti vocali e drammaturgiche, soprattutto nell’ottima resa delle masse del popolo durante il terzo quadro.

 

 

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