Banca BCC Credito cooperativo di Terra d’Otranto, il secondo filone delle indagini

Truffa aggravata, riciclaggio e riciclaggio aggravato da modalità mafiose:  i reati contestati a tre imprenditori

(INCHIESTA – SECONDA PARTE)

Di Fabiana Pacella

Riciclaggio aggravato da modalità mafiose e truffa. C’è un altro filone d’inchiesta nella complessa vicenda giudiziaria che ruota attorno alla Banca di Credito Cooperativo di Terra d’Otranto, in Salento. Un filone che risale a tre anni fa, aprile 2015, per il quale ancora non c’è archiviazione né avviso di conclusione delle indagini.

Era il 14 aprile quando la pm della Procura di Lecce titolare del fascicolo, Carmen Ruggiero, firmò e fece notificare altri tre avvisi di garanzia, che sancirono l’ufficialità di un ampliamento del fronte del lavoro a quattro mani di carabinieri del Ros e finanzieri del GiCo (criminalità organizzata).

Carmen Ruggiero allargò dunque la rosa degli indagati, che passarono da 12 a 15.

Per i 12 indagati della prima tranche si eseguirono accertamenti tecnici non ripetibili: 4 posizioni sono state stralciate, agli altri 8 invece, compreso l’attuale sindaco del Comune di Carmiano in provincia di Lecce, Giancarlo Mazzotta e il fratello Dino – all’epoca dei fatti presidente dell’istituto di credito –  oltre a nomi di spicco della sacra corona unita appartenenti alla frangia monteronese, è stato notificato l’avviso di conclusioni delle indagini.

Le altre tre new entry sono tutti imprenditori molto noti:

Carlo Quarta, di Lecce, 44 anni, un nome finito nell’inchiesta del 2011 della Procura di Bari, relativa alla combine del derby Lecce-Bari, e i fratelli Bruno e Simone Acquaviva, anche loro 44enni, anche loro leccesi.

Al primo si contesta il reato di riciclaggio, agli altri due quelli di truffa aggravata e riciclaggio aggravato da modalità mafiose.

Gli esiti di questo secondo filone sono attesi per i prossimi mesi.

Un’indagine importante al pari di quella che ha scoperchiato una presunta ingerenza della mafia sulle operazioni di voto per il rinnovo del cda di Bcc, a maggio 2014, tramite pressioni, minacce, violenza privata ed estorsione aggravata appunto da modalità mafiose.

Nel frattempo il nuovo cda della banca BCC ha inviato una nota stampa per dissociarsi dalla precedente gestione.

 

LE INDAGINI DI BANKITALIA

Fondamentale l’apporto degli ispettori di Bankitalia che in soli tre mesi, dopo l’apertura dell’inchiesta, passarono al setaccio ogni angolo e documento del Credito Cooperativo, scoprendo di tutto: ottennero infatti  la gestione provvisoria prima e il commissariamento poi, dell’istituto.

Gli uomini di Palazzo Koch hanno stilato pagine e pagine di documenti, ufficiali, in cui nero su bianco, cristallizzano “progressiva egemonizzazione del cda, interferenza dell’organo gestorio nell’operatività aziendale, condizionamento delle valutazioni istruttorie in materia creditizia, apertura di conti a favore di clientela referenziata dal presidente, autorizzazione di sconfinamenti su indicazione del presidente”,  e ancora, irregolarità antiriciclaggio, apertura e chiusura su sollecito di conti sospetti, spesso in capo a società in evidente sofferenza su cui transitavano ingenti somme di denaro sulla cui provenienza gli inquirenti lavorano tuttora. Operazioni segnalate poi all’Unità d’Informazione Finanziaria (UTIF).

123 pagine suddivise in atti, allegati, verbali, indicazioni precise e pesanti. Movimentazioni anomale di denaro per oltre 10milioni di euro nei primi nove mesi del 2014, su almeno 17 conti correnti sospetti e operazioni con società “alcune delle quali coinvolte in indagini per reati di stampo mafioso” . Sono solo alcuni numeri, pesanti, di questo secondo filone.

 

Nell’informativa si legge che “il cda presieduto da Mazzotta ha esercitato in numerosi casi un improprio condizionamento delle valutazioni istruttorie in materia creditizia. Si sono difatti rilevate: delibere di affidamento in assenza di adeguato vaglio nel merito creditizio ma solo sulla base della conoscenza diretta degli esponenti aziendali, autorizzazioni di sconfinamenti disposti dalla direzione su indicazione del presidente e in assenza di valutazioni di merito, aperture di nuovi conti concordate con gli organi di vertice a favore di clientela genericamente referenziata dal presidente”.

 

I tecnici, così come gli inquirenti, accendono un faro sui rapporti tra Bcc, i suoi vertici, e aziende come  Ecosal Ecologia Salentina s.r.l. attiva nello smaltimento dei rifiuti, R.A. Costruzioni srl di Brindisi (già segnalata nel rapporto Consorzio Servizi Bancari delle Bcc, A.V. Motors srl, facenti capo o in qualche modo riconducibili agli Acquaviva .

Le movimentazioni su quei conti, confluite nel fascicolo d’indagine della Procura leccese, sono ancora sotto la lente d’ingrandimento.

Su uno di quei conti correnti, risalente al 2013 e in capo a Ecosal, gli uomini di Ignazio Visco rilevano una “incoerente la complessiva movimentazione, pari nei primi mesi del 2014 a circa 6 milioni di euro, nonostante che da visure camerali la società risulti avere fatturato nullo e perdite di bilancio”.

La provvista risultava originata, tra gli altri, da “versamento di assegni circolari e da un bonifico di 2,685 milioni di euro della Asl di Lecce…”.

(Le forze dell’ordine all’epoca dei fatti acquisirono documentazione su un contenzioso in atto con una delle aziende facenti capo agli Acquaviva, dagli uffici della direzione generale dell’Asl di Lecce).

Tra gli altri, sospetti su due conti  a nome della R.A. costruzioni di Brindisi, aperti presso  la filiale di Lecce, ad agosto 2013 e ad aprile 2014.

Sul primo la movimentazione “complessiva è di 3,150 milioni di euro circa”, mentre sul secondo vengono evidenziate “transazioni per 540mila euro”. “Sul conto della citata società – scrivono gli ispettori – numerosi articoli di stampa evidenziano il coinvolgimento in procedimenti giudiziari per traffico illecito di rifiuti con riferimento a subappalti ottenuti a Milano”.

Inoltre, su “tali rapporti  si registrano in assenza di apparenti relazioni commerciali, bonifici in arrivo dalla Ecosal e disposizioni in favore della G.B.S.”.

 

Andando avanti,  Bankitalia palesa dubbi su un’altra posizione “accesa a dicembre 2013 ed estinta a settembre 2014, a nome di G.B.S.,  società di pubblicità “con capitale sociale di 10mila euro” ma con “movimentazioni complessive per 1,26 milioni di euro”. Sono “risultate incoerenti con il profilo soggettivo le complesse transazioni”.

 Solo alcune delle numerose posizioni, cu se ne aggiungono almeno altre 10, al vaglio di inquirenti e Palazzo Koch, ognuno per le sue competenze specifiche.

Anche in questo secondo filone, come nel primo, emerge un tentativo di controllo sui controlli.

 

Con il nuovo organigramma e l’aggiornamento del regolamento interno (novembre 2013), la struttura organizzativa è stata frammentata in una molteplicità di livelli non coerenti con le contenute dimensioni e la limitata complessità operativa –scriveva Bankitalia -. La compagine impiegatizia è perlopiù costituita, da personale con elevata anzianità di servizio, che mostra esigenze di aggiornamento professionale e non favorisce l’integrazione della componente più giovane. Limitato il turn-over nella rete, specie presso la filiale di Carmiano, dove l’eccessiva contiguità con la clientela non ha consentito oggettive valutazioni del merito creditizio”.

La partita resta dunque quanto mai aperta. Non è tempo, non ancora, di tirare le somme.

Fin qui le carte. Nelle mani dell’autorità inquirente, le prossime risposte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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